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martedì 18 marzo 2025
 
immigrazione
 

Il decreto sicurezza di Salvini ha generato solo insicurezza

20/02/2020  Il bilancio della bandiera della Lega rimasta nel governo giallorosso di Conte per volere dei Cinque Stelle a un anno e mezzo dalla sua introduzione e che l'attuale ministro degli Interni Lamorgese non riesce nemmeno a depotenziare. Gli irregolari sono arrivati a oltre 600 mila con gravi conseguenze non solo dal punto di vista umanitario. E' aumentata la spesa per lo Stato, la forza lavoro delle organizzazioni criminali e l'instabilità sociale.

L'avvocato Noris Morandi.
L'avvocato Noris Morandi.

Era il 24 agosto 2018 quando il primo governo di Giuseppe Conte a maggioranza gialloverde (Lega e Cinque Stelle) emanava il decreto legge 113/18 (poi approvato il 5 ottobre 2018), ribattezzato “decreto sicurezza” dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini che ne ha fatto la bandiera della Lega Nord e che ora il ministro degli Interni Lamorgese vorrebbe almeno disinnescare nei suoi aspetti più disumani e dannosi, incontrando però l'opposizione dei Cinque Stelle.

Sicurezza? A giudicare dalle conseguenze, spesso drammatiche, sembrerebbe di no. E non parliamo solo dell'aspetto umanitario, di tanta gente che stava seguendo percorsi virtuosi di integrazione, come un tirocinio in una bottega o un corso di lingue che si sono ritrovati da un giorno all'altro in strada, ma di conseguenze sociali, economiche, di ordine pubblico, legate alla sicurezza.

Un report dell’Ispi, pubblicato a dicembre (dal titolo: «I nuovi irregolari in Italia»), è giunto alla conclusione che con il decreto sicurezza e l’abolizione della protezione umanitaria - uno dei tre livelli di protezione previsto per i richiedenti asilo in Italia -, le persone irregolari sono cresciute e potrebbero superare quota 670 mila .Secondo l’indagine, nello “scenario base”, quello in cui l’Italia avrebbe mantenuto tutti e tre i livelli di protezione internazionale (status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione umanitaria), gli irregolari in Italia sarebbero aumentati di circa 60.000 unità. Ma il decreto-legge sicurezza ha aggiunto al numero dei nuovi irregolari previsti dallo scenario base ulteriori 70.000 irregolari, più che raddoppiando i nuovi irregolari presenti in Italia.

Secondo lo stesso ministro dei Cinque Stelle Di Maio i clandestini in Italia sarebbero 500 mila. Salvini lo ha smentito affermando che sono solo 90 mila. Ma nel contratto di Governo del Conte Bis,. controfirmato da Salv ini, si legge che i clandestini in Italia sono 500 mila.

Secondo l’avvocato Noris Morandi, dell’Associazione giuridica immigrazione (ASGI), il primo legale a ricorrere contro il decreto e a vincere (sia in primo grado che in seduta collegiale), il provvedimento ha avuto l’effetto opposto. “Le misure contenute nel provvedimento, infatti, dall'abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, al divieto di iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo, allo smantellamento del Sistema di accoglienza integrata (il cosiddetto SPRAR), hanno mostrato nell'ultimo anno i gravi effetti pregiudizievoli a livello di tutela dei diritti delle persone, ma anche di contrasto alla povertà e di lotta per la sicurezza sociale”.

L’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, prosegue il legale, “ha colpito soprattutto i soggetti più vulnerabili, donne sole con figli minori, ex minori non accompagnati, persone con disagi psichici che, alla scadenza del permesso di soggiorno, proprio per la loro riconosciuta vulnerabilità, si sono ritrovati a non poterlo convertire, né a poter usufruire delle nuove tipologie che, per qualità e quantità non possono in alcun modo ritenersi simil a quello precedente. Ad esempio non potevano essere convertiti in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro”. Chi aveva trovato un lavoro doveva lacsiarlo, oppure non poteva rispondere a un'offerta di lavoro. Rimaneva il rimpatrio o la clandestinità.

Nell'ultimo anno il decreto sicurezza ha generato clandestinità, aumentando il numero di persone irregolari in Italia a oltre 600 mila individui. In condizioni sociali di abbandono, non solo si sono incrementate le problematiche umanitarie, ma sono anche cresciute le spese per lo Stato e i problemi di ordine pubblico e di legalità. L’irregolarità amministrativa dei cittadini stranieri infatti significa potenziale forza lavoro per le organizzazioni criminali e costi che andranno ad intaccare la sanità. Perché l'irregolarità significa condizioni di vita più disagiate, marginalità ed isolamento sociale. “Anche la pretesa esclusione dei richiedenti asilo dalla possibilità di iscrizione anagrafica, oltre a paventare profili di illegittimità costituzionale che peraltro saranno valutati dalla Corte Costituzionale il prossimo 10 marzo, rappresenta non solo la violazione di un diritto soggettivo, ma un ostacolo talvolta insormontabile all'effettivo godimenti di diritti fondamentali”, continua l’avvocato Morandi. Chi non è iscritto all'anagrafe è solo un fantasma che si aggira in uno Stato che finge di non accorgersi che esiste, ma se si ammala non può far nulla.

Per l’assessore alle politiche sociali e Immigrazione della Regione Toscana, Vittorio Bugli, gli effetti del decreto Salvini sono più che discutibili: “Salvo l’improbabile caso del rimpatrio, ci sarà un numero consistente e crescente di persone che viene escluso da ogni tipo di circuito legale sia sociale che lavorativo con rischio di reale impatto sulla sicurezza e di incentivazione del lavoro nero e del caporalato. L’impatto più significativo del decreto riguarda tuttavia il tema dell’integrazione e quello dei servizi territoriali.” La direttiva del ministero dell’Interno del 23/07/2018 stabilisce che “gli interventi di accoglienza integrata volti al supporto di percorsi di inclusione sociale, funzionali al conseguimento di una effettiva autonomia personale, dovranno continuare ad essere prestati nelle sole strutture di secondo livello a favore dei migranti beneficiari di una forma di protezione”. Con l’avvio dei nuovi bandi i CAS non erogano più né corsi di lingua né progetti finalizzati all’integrazione e alla formazione e per questa ragione in Toscana moltissimi enti gestori non hanno partecipato ai nuovi bandi delle prefetture.

Secondo Bugli, le conseguenze sociali del decreto sicurezza ricadono, inevitabilmente, su tutta la sociatà e specifica: “Senza la formazione linguistica di base e le attività collaterali orientate al dialogo e all’inclusione, sono rallentati i processi di integrazione e interazione positiva con le comunità ospitanti anche per chi poi avrà il permesso di soggiorno, aumentando il rischio di conflitti a livello locale; senza la formazione linguistica di base, è ancora più difficile, anche per chi ottiene un permesso di soggiorno, accedere a percorsi di formazione e inserimento professionale; Se i tempi di permanenza nei CAS non saranno effettivamente ridotti in modo drastico, ci saranno migliaia di persone completamente inattive, per mesi se non per anni, e senza alcun incentivo a integrarsi nella comunità locale con rischi significativi per la sicurezza e la coesione sociale.”

Coloro che avranno il permesso di soggiorno ma non rientrano nelle categorie ammesse allo SPRAR (ribattezzato col decreto SIPROIMI) rimangano a carico dei servizi sociali territoriali, a maggior ragione in assenza della formazione linguistica di base e delle altre attività di accompagnamento e orientamento al lavoro. L’altra contraddizione del decreto riguarda proprio il l sistema SPRAR/SIPROIMI che non può più accogliere i casi che vertono in condizioni di particolare vulnerabilità (casi psichici) con il rischio di un ulteriore carico sui servizi sociali territoriali. Senza che sia prevista alcuna misura di rinforzo degli stessi.

Ma come è noto, ci sono stati casi di disobbedienza civile o di politiche amministrative contrarie all'azione di governo. Alcune regioni italiane, tra queste la Toscana, hanno cercato di sostenere attivamente i processi di integrazione sociale dei cittadini di Paesi terzi e in particolare di rifugiati e richiedenti asilo promuovendo, ad esempio. il modello di accoglienza diffusa in quanto modello ottimale per garantire inclusione e preservare la coesione delle comunità locali. 


 

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