Un momento dei soccorsi ai superstiti del Titanic
Del Titanic si è detto di tutto. Anzi quasi tutto. Perché malgrado siano passati 115 anni dall’impatto fatale con l’iceberg la notte del 14 aprile 1912, che sia stato ritrovato e analizzato lo scafo, che siano state spesi fiumi di inchiostro e di pellicola per rievocare uno dei più clamorosi disastri navali della storia, c’è chi ancora studia e analizza in cerca di nuove spiegazioni. Ed ecco una nuova rivelazione dal giornalista irlandese Senan Molony, che da 30 anni studia il Titanic. Fu colpa di un incendio che stava bruciando nel deposito 10 del carbone da almeno tre settimane, e che indebolì l’acciaio dello scafo, il quale non resse all’urto con l’iceberg. Ecco perché il transatlantico ci impiegò solo tre ore a collassare causando la morte di 1500 persone. Certo l’entità del disastro fu imputabile anche alle negligenze, l’eccessiva velocità di crociera, alla scarsezza delle scialuppe di salvataggio. Ma un colosso di quelle proporzioni avrebbe dovuto reggere più a lungo lo squarci nella chiglia. Questo almeno è quando sostiene Molony, che porta come prova delle sue ipotesi alcune immagini del Titanic di quando uscì dai cantieri di Belfast prima della partenza dal porto di Southampton. Ci sono dei segni neri lungo la fiancata destra, appena dietro la parte che sarà poi colpita dall’iceberg. Secondo Molony l’incendio andò avanti per tre settimane senza che una squadra di dodici uomini riuscisse a domare le fiamme perché raggiunse temperature di mille gradi. Secondo il giornalista gli armatori ordinarono agli ufficiali di bordo di non diffondere la notizia dell’incendio, e proprio per nasconderne gli effetti delle fiamme la nave a Southampton approdò al molo con il lato sinistro.