Era il più celebre capomeccanico della Ferrari. Ora però non è più in grado di farci ridere come faceva dal palco di Zelig perché Marco Della Noce si trova al centro di una vicenda dolorosa che lo ha portato a vivere come un senzatetto e a dormire in un'auto. Dopo venti notti trascorse nella sua macchina, a Lissone, nella ricca Brianza, ha trovato la solidarietà di amici e colleghi che hanno raccolto dei soldi per farlo dormire in un ostello, e forse presto in un appartamento. Il caso del comico è uno dei tanti che ormai coinvolgono mariti separati o divorziati, spesso con figli, che non riescono a far fronte alle spese di una vita normale a causa degli impegni economici previsti dalle sentenze dei tribunali: «È successo così anche a me. Ho avuto un divorzio un pò troppo conflittuale e mi è stato imposto di versare per il mantenimento dei miei due figli una cifra alta, prima di 2.500 euro e adesso, dopo alcuni ricorsi, di 1.500, ma la crisi ha diminuito il lavoro, le serate, le ospitate, e così non sono riuscito a far fronte ai miei impegni e ho accumulato debiti che hanno dato corso a pignoramenti, e infine, anche allo sfratto. La cosa più triste è che, non avendo io un luogo idoneo dove incontrare i miei figli, non posso portarli a casa quando mi spetta tenerli». Della Noce dice di voler dare voce, esponendosi mediaticamente anche a tanti papà che vivono la sua stessa sventura. Ha raccontato che da anni infatti, come succede a molti che finiscono a fare la fila alle mense per i poveri, è caduto nel baratro della depressione, e adesso si trova in cura all'ospedale milanese di Niguarda.
«Questo caso non è eccezionale. Colpisce una persona pubblica e con visibilità e quindi finisce sui giornali», commenta Marino Maglietta, presidente dell’associazione nazionale Crescere Insieme e padre della legge 54 sull’Affido condiviso: «La separazione impoverisce la famiglia separata quando la distribuzione degli oneri non è equa. Questo perché c’è una falsa credenza che il bambino stia bene se tutte le risorse economiche sono date al genitore collocatario. Ma il fatto è che il bambino ha due genitori e per legge dovrebbe frequentarli entrambi. Se il totale, per fare un esempio, delle risorse di una famiglia è 2.000 euro dovrebbero disporne 1000 a testa i due genitori. Ma se, come capita spesso, si divide 1500 e 500, il bambino quando sta col genitore più povero sta male». Maglietta sottoline a che questo atteggiamento della magistratura che fa star bene il bambino gonfiando la parte del collocatario è uno stravolgimento di quelli che sono gli equilibri di legge e di opportunità: «Perché oltretutto questo squilibrio comporta la perdita di risorse. Per intenderci… se entrambi i genitori stanno un “pochino male” si attiveranno per produrre più reddito»
Purtroppo abbiamo una magistratura che, invece, spacca la famiglia separata in due tronconi: «Da una parte il genitore collocatario con i figli e dall’altra il genitore residuale. Che è un’appendice cui si chiede di produrre ma cui molto spesso non si permette di avere le condizioni per farlo. Se un padre non ha nemmeno un alloggio decente dove accogliere i figli e deve produrre solo per dare più soldi alla persona da cui si è separato non sarà molto propenso a darsi da fare…».
Per quanto riguarda poi la legge 54 in cui si sancisce l’affido condiviso, Maglietta denuncia che si tratta di una legge tradita: «In questo momento sono a Savona in un convegno a sostenere le buone prassi dei pochissimi tribunali che lo hanno messe in pratica (Brindisi e Salerno). Porterò i miei ragionamenti sulle pratiche per un vero affido condiviso. Perché, al momento, in realtà tra la collocazione prevalente e il meccanismo dell’assegno e la riduzione dei tempi di visita, di “condiviso” non esiste nulla. Non abbiamo elementi per dire se la legge “funziona o non funzione”. L’affido condiviso, nella pratica, non è mai stato praticato».