Per anni, ci hanno insegnato, in teologia, che la predica deve essere distaccata, professionale, priva del riflesso della persona del comunicatore... Papa Francesco, a quanto pare, non la pensa così. Per lui, la predica deve coinvolgere e, in qualche modo, compromettere emotivamente colui che la esprime. Nell’omelia del 26 gennaio scorso, ha sottolineato la necessità di commuovere i fedeli con quanto si afferma. Senza, però, offenderli o indurli a sentimenti negativi, quali apprensione, pessimismo, disistima... «La predica non deve essere mai tiepida», ha detto. «La fede si trasmette parlando, nei limiti del rispetto del prossimo, che non deve essere oggetto di offesa. Chi invece è guidato da sentimenti negativi, non trasmette la fede perché comportandosi in questa maniera non segue le orme di Gesù». Eccoci al dunque. La predica calda, fatta col cuore, la predica emotiva, contro la predica impersonale, fredda, filologica. Dunque, dopo tanto razionalismo teologico, viene rivendicata l’anima “femminile” della comunicazione. Viene riabilitato il sentimento. Il Papa rimette al centro il cuore al posto della ragione. La concezione omiletica di Francesco poggia sul sentimento, sì, però non sdolcinato ma carico di pensiero. Nella stessa omelia di Santa Marta, il Papa definisce la Chiesa un grembo materno nel quale cresce la fede. Sempre il Papa ha affermato che la fede viene trasmessa dalle donne le quali, secondo lui, coprono un ruolo importante nell’evangelizzazione.