Il documentario di A. Gibney "Going clear: Scientology e la prigione della fede", nei cinema dal 25 giugno, avanza con la precisione e la crudeltà di un bisturi in mano a un chirurgo. Il corpo è quello di Scientology, disteso su una fredda lastra di marmo perché riveli la sua malattia mortale.
Dopo che si è visto, sentito e toccato con mano il “corpo” di Scientology in una vera e propria osservazione autoptica che dura 120 minuti, non si può fare a meno di pensare che la dottrina e la prassi scientologista siano una beffa crudele perpetrata ai danni di migliaia e migliaia di persone che, in buona fede, vanno alla ricerca di se stessi e della verità.
Scientology è un viaggio convulso nella mente contorta di Ron Hubbard. Il filmato disegna una icona davvero allarmante del fondatore del culto scientologista, individuandolo come uno dei più spericolati imbroglioni del XX secolo. Abile incantatore, assetato di potere e di denaro, percorso da una forma spaventosa di titanismo (“Prossima fermata: l’infinito”, diceva). Ma anche squilibrato, inaffidabile, bugiardo in modo patologico. E grande evasore fiscale.
Stando ad una sua dichiarazione, per fare tanti soldi è necessario avere una religione. Questo diventa il segreto più recondito di Scientology. Cavalcando questa intuizione, Hubbard trasforma la sua creatura in qualcosa che ha le parvenze di una religione, dove i ministri – cioè i capi - esercitano un culto scientista e chi ne segue le idee diventa il “fedele”. Egli istituisce anche una specie di “Ordine Religioso”, costituito da un manipolo di specialisti, la Sea Organization. Questa moderna eresia ha solo le parvenze di una religione. E’ una chiesa che non si cura dei fedeli. Semmai arricchisce i capi. Ammanetta le vite. Controlla le coscienze. Imprigiona il credente. Scientology non è un percorso di crescita nella libertà e nell’autocoscienza. Non potrà avere vita lunga.
Il racconto del filmato fluisce direttamente dalle labbra di testimoni privilegiati, ex fedeli che hanno vissuto a lungo dentro la chiesa di Scientology e ne hanno ricoperto spesso ruoli di vertice. Parlano per aver sperimentato sulla propria pelle paranoie, intimidazioni e vessazioni, che vengono date come percorso necessario del fedele per raggiungere lo stato di “clear”, pulito da ogni “engram”, ripulito cioè da tutte le proprie paure, insicurezze e dolori.
Il “clear” viene ottenuto attraverso il cosiddetto “auditing”, che i testimoni del filmato definiscono una pratica poliziesca di controllo della personalità, inventata dallo stesso Hubbart e applicata anche a scopi ricattatori. Attraverso l’auditing il fedele “rivela” all’auditor gli aspetti più intimi e segreti della propria persona. Una specie di seduta psicanalitica, giocata con sensori elettrici. Le “confessioni” sono trascritte e diligentemente archiviate, come preziosa documentazione nella mani della “chiesa”.
Gibney fa assurgere l’immagine dell’auditing – un ago che si muove su un quadrante – a simbolo e metafora dell’attività più pericolosa e coercitiva di Scientology. La usa da collegamento tra sequenza e sequenza, nei punti di snodo del racconto cinematografico, come un incubo ricorrente.
Il filmato del regista americano, vincitore nel 2008 di un premio Oscar, analizza un fenomeno che è tipico di Scientology: vale a dire il reclutamento tra i suoi adepti di personaggi famosi, conosciuti a livello mondiale, provenienti soprattutto dal mondo dello show-business. Lo scopo è quello di promuovere la religione usando queste celebrità come “testimonials” della verità di Scientology e di fornirle solide basi per una legittimazione planetaria. Se Tom Cruise, così bello, così bravo, così ricco, così fortunato, è uno di Scientology, perché non posso esserlo anch’io?
Ma non è tutto oro quello che luccica alla luce delle candele di questa chiesa. La vita del celebre attore è stata pesantemente condizionata. Alcune sue “svolte” sono state decise e progettate dai vertici di Scientology, i quali, come lascia intuire il filmato, hanno in mano molti “documenti privati” per “persuadere” Tom Cruise.
Nel film “Magnolia” di P. Th. Anderson il celebre attore interpreta la parte di un predicatore paranoico. Il suo sguardo spiritato è molto simile a quello “vero” stampato sul viso di Tom Cruise nelle immagini di repertorio che lo ritraggono con i capi di Scientology. Solo una coincidenza la scelta di Gibney?
Il regista non è direttamente interessato ad individuare il contenuto scientologico dei percorsi di cui il fedele deve appropriarsi per salire fino al punto più alto del “ponte”. Sottolinea però che ad ogni gradino che sale, aumenta la tariffa da pagare. Il livello “spirituale”più alto cui possa aspirare un seguace di questa ben architettata truffa è l’VIII Livello. Ovviamente è quello che costa di più.
Scientology è una religione molto triste, se deve ricorrere a sistemi polizieschi e alle intimidazioni per tenere stretti a sé i “fedeli”. E’ ancora più triste se sente il bisogno di rinchiudere in “campi di lavoro” i membri sovversivi con l’intento di re-indottrinarli. Questi metodi ci sembrano ombre oscure di un passato che pensavamo definitivamente tramontato.
Prima o poi l’ago che si muove sul quadrante non oscillerà più. Prima o poi Scientology si fermerà. Grazie, Gibney.