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mercoledì 11 settembre 2024
 
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Il dovere della memoria, senza perdere la sobrietà

23/05/2022  Gli anniversari sono difficili per chi ha vissuto da dentro, rinnovano il dolore, anche a distanza di tanti anni graffiano l'anima, per questo il ricordo civile e doveroso dovrebbe tenersi alla larga dalla retorica e dalla tentazione del sensazionalismo a ogni costo

Da trent’anni commemoriamo Giovanni Falcone un uomo solo in vita, con tanti amici postumi. Da trent’anni con fatica ci sforziamo di non dimenticare i nomi degli agenti morti con lui e con Francesca Morvillo, moglie e collega. A ogni anniversario, meglio se tondo, si va a caccia di indiscrezioni, di inediti, sempre più difficili da trovare: man mano che passa, il tempo lava via le tracce dalle cose e dalla memoria delle persone.

Per un Paese è un dovere civico tenere memoria del suo tragico passato, serve a tenere insieme un tessuto civile. Quando la cifra dell’anniversario si fa tonda si moltiplicano gli sforzi e qualche volta anche le forzature, per trovare l’indiscrezione a tutti i costi, anche se è chiaro che il rischio maggiore è che i ricordi e le testimonianze si rendano via via meno esatte. C’è una una frase che mi torna in mente spesso in questi giorni, è della mamma di Rocco Dicillo, mi è stata riferita dalla sua promessa sposa: «Maggio non dovrebbe venire mai». Perché per chi non può darsi pace di un affetto perduto (e alla perdita di un figlio non ci si rassegna) la memoria collettiva, il dovere civile di non dimenticare, sono sofferenza che si rinnova.

Si finisce per infierire, anche non volendo: eccedendo nella retorica o nella dietrologia o andando a scavare in particolari macabri. E invece nel delicato passaggio in cui la cronaca si allontana verso la storia, ma non abbastanza da non poter ferire ancora, forse l’unico modo di avere riguardo è mantenere il rigore se non della verità, che nessuno possiede fino in fondo, almeno della sobrietà.

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