«Quante
volte mi sono recato in Siria? Non si contano…». Dall’altro capo
del filo fra Halim Noujaim ha la voce stanca e provata. Dall’inizio
della guerra siriana, in qualità di superiore della Regione San
Paolo della Custodia di Terra Santa (un’entità che comprende
Siria, Libano e Giordania) ha fatto la spola innumerevoli volte tra
Beirut, Damasco e Lattakia. «Il mio lavoro è presto detto»,
racconta, «dare
un sostegno ai miei confratelli che vivono in mezzo al popolo che
soffre enormemente e ha bisogno di essere aiutato».
«Noi
frati minori di Terra Santa non facciamo politica»,
spiega fra Halim, «non
parteggiamo per nessuno. Vogliamo solo aiutare i profughi, le vittime
della guerra, siano cristiani oppure no. In ognuna di queste persone
vediamo il volto di Cristo che soffre».
Fra
Halim non è più un ragazzino (compirà tra non molto 75 anni), ma
nel gorgo della tragedia siriana non si è certo risparmiato,
affrontando innumerevoli pericoli. «Le difficoltà sono molteplici.
Per spostarsi, anche su brevi distanze, ci vogliono ore. Le strade
sono insicure, esposte ad attacchi e a posti di blocco. Si rischia
sempre la vita. Quanti morti ho visto, quante persone di cui ho
saputo della
scomparsa…».
E' molto preoccupante anche la situazione delle comunità cristiane locali
A
preoccupare il religioso, tra le altre cose, la situazione delle
comunità cristiane locali. Prima della guerra, in Siria si contava
circa un milione di fedeli delle varie confessioni. «Da molto tempo
non riesco ad arrivare ad Aleppo e nei villaggi cristiani
dell’Oronte, al confine con la Turchia, dove la Custodia di Terra
Santa ha la cura di diverse parrocchie. In modi a volte rocamboleschi
riusciamo però a far giungere un aiuto a tutti. La situazione
attuale è davvero molto difficile. Chi poteva scappare è scappato,
ma molti cristiani sono rimasti nelle loro case, attaccati alla loro
terra. Quasi
nessuno ha potuto fare il raccolto, perché è stato razziato o
bruciato. E in vista dell’inverno, in una regione in gran parte
montuosa, si prospettano nuove sofferenze. Manca pane, mancano
medicine. Nelle nostre case e nei nostri conventi sono ospitati
ancora centinaia di sfollati: gente che ha dovuto fuggire e ha perso
tutto».
In
una regione ormai in mano alle fazioni islamiste vicine ad Al Qaida,
sono sempre più frequenti i casi di persone (anche comuni) uccise in
odio alla fede. Tra queste padre François
Mourad, assassinato a
Ghassanieh dalle milizie di al Nusra il 23 giugno scorso. «Per non
parlare delle chiese distrutte»,
aggiunge fra Halim, «dei
conventi bruciati, di preti e suore ammazzati, di sacerdoti e i
vescovi rapiti di cui non si ha più notizia…».
In Siria
attualmente operano una quidicina di frati minori della Custodia di
Terra Santa. «Abbiamo scelto di rimanere, di vivere con chi soffre e
di condividere con i poveri il nostro pane. Ma gli aiuti sono sempre
più necessari, anche per i tanti profughi usciti dal Paese (2
milioni, di cui 700 mila solo in Libano, ndr) e che non sempre sono
assistiti dalle agenzie internazionali. Alla fine bussano anche a
Beirut e a Tripoli alle porte dei nostri conventi».