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mercoledì 09 ottobre 2024
 
 

Il frate che porta speranza

29/09/2013  Fra Halim in questi due anni ha fatto la spola innumerevoli volte fra Beirut, Damasco e Lattakia. Ecco cosa ha visto e fatto (nel numero 39 in edicola questa settimana, Famiglia Cristiana presenta un ampio servizio sulla Siria, che comprende anche un reportage da Aleppo di Gabriele Del Grande).

«Quante volte mi sono recato in Siria? Non si contano…». Dall’altro capo del filo fra Halim Noujaim ha la voce stanca e provata. Dall’inizio della guerra siriana, in qualità di superiore della Regione San Paolo della Custodia di Terra Santa (un’entità che comprende Siria, Libano e Giordania) ha fatto la spola innumerevoli volte tra Beirut, Damasco e Lattakia. «Il mio lavoro è presto detto», racconta, «dare un sostegno ai miei confratelli che vivono in mezzo al popolo che soffre enormemente e ha bisogno di essere aiutato».

«Noi frati minori di Terra Santa non facciamo politica», spiega fra Halim, «non parteggiamo per nessuno. Vogliamo solo aiutare i profughi, le vittime della guerra, siano cristiani oppure no. In ognuna di queste persone vediamo il volto di Cristo che soffre». Fra Halim non è più un ragazzino (compirà tra non molto 75 anni), ma nel gorgo della tragedia siriana non si è certo risparmiato, affrontando innumerevoli pericoli. «Le difficoltà sono molteplici. Per spostarsi, anche su brevi distanze, ci vogliono ore. Le strade sono insicure, esposte ad attacchi e a posti di blocco. Si rischia sempre la vita. Quanti morti ho visto, quante persone di cui ho saputo della scomparsa…».

E' molto preoccupante anche la situazione delle comunità cristiane locali

A preoccupare il religioso, tra le altre cose, la situazione delle comunità cristiane locali. Prima della guerra, in Siria si contava circa un milione di fedeli delle varie confessioni. «Da molto tempo non riesco ad arrivare ad Aleppo e nei villaggi cristiani dell’Oronte, al confine con la Turchia, dove la Custodia di Terra Santa ha la cura di diverse parrocchie. In modi a volte rocamboleschi riusciamo però a far giungere un aiuto a tutti. La situazione attuale è davvero molto difficile. Chi poteva scappare è scappato, ma molti cristiani sono rimasti nelle loro case, attaccati alla loro terra. Quasi nessuno ha potuto fare il raccolto, perché è stato razziato o bruciato. E in vista dell’inverno, in una regione in gran parte montuosa, si prospettano nuove sofferenze. Manca pane, mancano medicine. Nelle nostre case e nei nostri conventi sono ospitati ancora centinaia di sfollati: gente che ha dovuto fuggire e ha perso tutto».

In una regione ormai in mano alle fazioni islamiste vicine ad Al Qaida, sono sempre più frequenti i casi di persone (anche comuni) uccise in odio alla fede. Tra queste padre François Mourad, assassinato a Ghassanieh dalle milizie di al Nusra il 23 giugno scorso. «Per non parlare delle chiese distrutte», aggiunge fra Halim, «dei conventi bruciati, di preti e suore ammazzati, di sacerdoti e i vescovi rapiti di cui non si ha più notizia…».

In Siria attualmente operano una quidicina di frati minori della Custodia di Terra Santa. «Abbiamo scelto di rimanere, di vivere con chi soffre e di condividere con i poveri il nostro pane. Ma gli aiuti sono sempre più necessari, anche per i tanti profughi usciti dal Paese (2 milioni, di cui 700 mila solo in Libano, ndr) e che non sempre sono assistiti dalle agenzie internazionali. Alla fine bussano anche a Beirut e a Tripoli alle porte dei nostri conventi».

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Siria, vita quotidiana ad Aleppo...
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