Un momento della presentazione del libro il 6 marzo scorso nella parrocchia di Santa Dorotea a Roma
Il sacerdote. Il giornalista. L’uomo. A un anno dalla sua morte – era il 6 marzo del 2021, l’Italia era ancora “colorata” dal Covid – quanti hanno conosciuto padre Gianfranco Grieco, per 37 anni a servizio della Santa Sede come giornalista dell’Osservatore Romano e per otto come capoufficio del Pontificio consiglio per la famiglia, hanno voluto ricordarlo con un libro, edito dalla parrocchia Santa Dorotea di Roma, dove padre Gianfranco, francescano conventuale, viveva. In ogni capitolo, un aspetto di questo sacerdote che, nella sua missione di giornalista, ha servito cinque Pontefici e ha pubblicato 4.500 articoli, inviato speciale al seguito di Giovanni Paolo II in 104 viaggi internazionali e 146 in Italia. Un giornalista, appunto, ma anche un uomo «pieno di iniziative, di progetti. Sempre pronto a mettersi in discussione, ma fermo nei suoi principi», ricorda il cardinale Pietro Parolin nella prefazione al libro “P. Gianfranco Grieco. Il frate, il giornalista, il pastore”.
«La vita di padre Gianfranco è stata un pellegrinaggio, come quella di Abramo», ha detto il cardinale Parolin, dettando l’omelia nella messa di suffragio, cui hanno partecipato amici e collaboratori di padre Grieco. Presenti, tra gli altri, monsignor Piero Marini, già Maestro delle cerimonie del Santo Padre, monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, i giornalisti Vincenzo Morgante – direttore di TV2000 – e Angelo Scelzo – già vicedirettore dell’Osservatore Romano – i confratelli padre Raffaele Di Muro, preside del Seraphicum, padre Umberto Fanfarillo, parroco di Santa Dorotea, e padre Paolo Fiasconaro, che ha curato il volume.
«Padre Gianfranco è stato, anche per me», ha aggiunto Parolin, «esempio di fedele e sacrificato servizio alla Santa Sede». Nella prima domenica di Quaresima, questi ha poi ricordato che «credere – ci dice la storia di Abramo – significa dare il cuore, affidarci completamente, per una Chiesa estroversa, in uscita». In questo viaggio, «Dio cammina con noi, ci tende la mano», nonostante noi spesso non ci fidiamo completamente: «La più grande tentazione è pensare di vivere la vita a prescindere da Dio». O, peggio, metterlo alla prova: «Non dobbiamo usare Dio», ha ammonito ancora Parolin, «per i nostri esperimenti: invece, dobbiamo credere».
Padre Gianfranco – all’anagrafe Mauro, nacque nel 1943 a Barile, in provincia di Potenza – quando indossò il saio scelse come nome una sintesi tra Giovanni (l’evangelista che si chinò sul petto di Gesù) e Francesco d’Assisi (colui che è stato scelto per ricostruire la Chiesa). Era un ottimo sacerdote, che ha insegnato il mestiere a tanti: «Tra i primi consigli che mi diede», ricorda nel suo contributo al libro il vaticanista di Repubblica, Orazio La Rocca, «quello di non scrivere in maniera catechistica, anche se l’argomento è di carattere religioso», ma anche un uomo dal cuore grande. Annota la nipote, Raffaella: «Mio zio mi ricopriva di mille attenzioni, a ogni mio compleanno era il primo a farmi gli auguri… mi è stato sempre vicino, come un padre attento e premuroso». Un francescano, fino alla fine, che – ha spiegato ancora il cardinale Parolin - «viveva la sua minorità con l’entusiasmo dei neofiti». Quello che rimane di padre Gianfranco, a un anno dalla morte, è «quel tocco di letizia francescana vissuta nel quotidianità», per farsi «portavoce di quel “Pace e bene” che continuamente ricorreva nel suo saluto».