Spiati anche e soprattutto sui social e attraverso i social. È uno spionaggio subdolo: non ha come obiettivo i segreti industriali, o le strategie politiche di un Paese o gli impianti militari. Mapunta dritto ai dati sensibili, allavita della gente, alle abitudini, alle scelte personali, alle convinzioni, agli orientamenti sessuali, alle debolezze. I social – cioè Facebook, Twitter,Linkedin, Google+, Hangout, Whatsapp,Chaton, WeChat, per citare i più noti – si stanno rivelando un potente strumentoper frugare nella nostra vita e, per i malintenzionati, uno spunto per compiere reati usando questi dati come un’arma.
Complice, bisogna riconoscerlo, la facilità con cui mettiamo sulla piazza virtuale tutto ciò che facciamo e pensiamo: i video, le nostre foto, quelle dei nostri figli (anche piccolissimi e neonati). Perché ormai la parola d’ordine è condividere, condividere, condividere. Dal Garante per la protezione dei dati personali, a questo proposito, emerge come allarmante il fenomeno del cyberbullismo: maxirisse tra bande di giovani scoppiate dopo uno scambio di offese su un social network, ragazzi suicidi dopo essere stati umiliati e derisi su Facebook, discriminazioni che viaggiano sugli smartphone, messaggi e foto che corrono in Rete devastando l’esistenza di tanti adolescenti.
Il 30% dei più giovani dichiara di esserne già stato vittima. Il fenomeno è trasversale: in tutte le scuole gli atti di bullismo sono in crescita. Emergono però negli ultimi anni nuove tendenze: il cyberbulling e l’omofobico. Tra gli interventi più rilevanti del Garante ci sono appunto queste nuove forme di prevaricazione o intrusione nella privacy attraverso i social, i tablet, i sistemi di cloud computing. E soprattutto attraverso gli smartphone: perché ci si preoccupa tanto che i nostri figli possano essere vittime di attacchi violenti attraverso le nuove tecnologie, ma in fin dei conti siamo noi, i genitori, a consegnare ai bambini (spesso già dalle elementari) cellulari potentissimi, che si collegano a Internet in mobilità, cioè quando i figli sono a scuola, per strada, all’oratorio o nella cameretta degli amici.
Antonello Soro, presidente del Garante della privacy, dichiara a Famiglia Cristiana: «Attenzione ai rischi che corrono ragazzi e bambini lasciati soli sul Web o con in mano uno smartphone. Sono i genitori, per primi, a essere chiamati a vigilare sull’uso dei nuovi strumenti di comunicazione da parte dei figli, sulla loro navigazione in Rete, sulle informazioni e le foto che “postano” sui social network. Nei ragazzi deve crescere la consapevolezza degli effetti reali che producono le loro azioni on line. È quindi necessario che famiglie e scuola promuovano al più presto una vera educazione digitale. Abbiamo già visto troppe vittime e troppi cyberbulli».