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mercoledì 16 luglio 2025
 
finanza
 

Pinocchio e i Bitcoin: perché Savona ha smascherato il “Campo dei miracoli” delle criptovalute

23/06/2025  Nel suo ultimo discorso da presidente Consob, l'economista ricorre al capolavoro di Collodi: «Illusione di facili guadagni, ma rischio sistemico elevato». Accuse anche al risiko bancario, al Far West delle Opa ostili e ai poteri speciali del governo. Ma il rimedio per difendere la sovranità monetaria europea dallo strapotere Usa e dal caos delle valute virtuali ci sarebbe

Paolo Savona.
Paolo Savona.

Ricordate Pinocchio? Con una metafora presa dal capolavoro di Collodi il presidente della Consob, Paolo Savona, nel suo settimo e ultimo Discorso al mercato, ha paragonato il boom delle criptovalute al «Campo dei Miracoli», dove «l’illusione di facili guadagni» nasconde rischi sistemici. Il numero uno dell’Authority, economista liberale dotato di vis polemica e sguardo geopolitico, si è soffermato anche sul “risiko bancario” degli ultimi tempi, ovvero il continuo accorpamento dei nostri istituti di credito a suon di Offerte pubbliche di acquisto (spesso ostili). Un risiko piuttosto selvaggio, più simile a un Far West, visto che dall’avvio di sei offerte per un valore di 40 miliardi sono scaturiti 52 esposti, di cui fanno parte quelli di Mediobanca e di Banco Bpm. Un passaggio della sua relazione riguarda anche i poteri speciali del governo, il cosiddetto “golden power”, che gli consente di intervenire quando sono in ballo interessi strategici nazionali. Poteri speciali a suo parere poco coordinati con le regole di Bruxelles.

Ma torniamo al “Campo dei miracoli”, metafora antica ma efficace della credulità e della vacua sete del guadagno facile. Ricordate? Il burattino seppellisce le sue cinque monete d’oro, raggirato dal Gatto e la Volpe in questo terreno (non lontano dalla città “Acchiappa-citrulli”) con l’illusione che l’indomani nasca un albero di zecchini. Naturalmente verrà derubato: non esiste la ricchezza senza impegno serio. Purtroppo le criptovalute, ovvero le monete digitali non soggette ai tassi di interesse, alle normative e ai controlli delle banche centrali, continua a sedurre tanta gente come mezzo di guadagno facile. In realtà si tratta di valute fluttuanti nel cyberspazio pericolosissime, prive di garanzia, estremamente volatili, non sempre scambiabili con le monete tradizionali. Il suo valore reale corre su un ottovolante quotidiano. Il suo impiego e i suoi rendimenti somigliano alle fiches del casinò. Per non parlare delle frodi e delle maxitruffe: piattaforme “exchange” (dove si possono comprare, vendere e scambiare) che improvvisamente scompaiono o sospendono la propria attività, portafogli digitali che si volatilizzano nel nulla, capitali che evaporano, gestori che scappano con la cassa, investimenti miseramente falliti, bancarotte fraudolente che si rincorrono. Ne sa qualcosa la Procura di Firenze, che continua a indagare su truffe varie che riguardano decine di migliaia di cittadini per centinaia di milioni di euro. Il Gatto e la Volpe son tornati e parlano in codice binario.

Ma il presidente dell’Authority di Piazza Affari va oltre. «Non può sfuggire l’analogia con la crisi dei titoli tossici del 2008», ha avvertito, evidenziando come le crypto operino «nell’infosfera, sfuggendo ai controlli territoriali». La soluzione? «Serve una cooperazione tra Stati, non basta regolare i servizi privati». Non solo, ma i bitcoin, fonte di turbolenze continue sui mercati, finiscono per destabilizzare il sistema tradizionale delle valute, con tutte le conseguenze del caso. Non è un mistero che euro e dollaro soffrano per la concorrenza di questi denari virtuali. Come controbattere? Il discorso si fa globale, Savona ha lanciato una proposta rivoluzionaria: trasformare l’euro in una moneta digitale «a contabilità decentralizzata, sotto controllo delle autorità». Un “safe-asset” europeo (che significa in pratica un bene rifugio, da cassettisti, come l’oro o i bundes tedeschi) per «governare la liquidità e contrastare la competizione delle crypto». L’euro digitale potrebbe diventare uno standard internazionale, ha spiegato, «se gli operatori Ue lo usassero per gli scambi». Una mossa per rafforzare la sovranità monetaria, anche alla luce delle «mosse protezionistiche degli Usa». Peccato che Trump vada in direzione contraria, avendo candidato il Bitcoin e ad altre quattro valute a riserva statunitense, proibendo la nascita del dollaro digitale. In pratica dietro il biglietto verde Trump ha posto le stesse criptovalute, di cui dispone personalmente ampie quantità, in un conflitto di interessi fantasmagorico di cui pare che in America interessi a pochi. Fatto sta che l’unico che sulle criptovalute finora ci ha guadagnato veramente è proprio lui: The Donald. Lui la cassa se l’è già portata via.

 

 

 

 

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