È l’eroe più improbabile che si possa immaginare. Mantello rosso, calzamaglia gialla e due ridicole orecchie da topo piazzate in testa, Rat-Man è un quarantaquattrenne petulante, egocentrico, vanesio, quoziente intellettivo prossimo allo zero Un idiota o un puro di cuore? Sicuramente uno che non si arrende. Mai e poi mai. «Fletto i muscoli e sono nel vuoto!»: in questo grido di battaglia c’è tutto lo spirito di Rat-Man, il fumetto cult sfuggito dalla penna di Leo Ortolani oltre vent’anni fa. Approdato nelle edicole (tre diverse testate) e in televisione (serie di 52 episodi), ha conquistato generazioni di lettori. E negli anni è cresciuto insieme a loro.
Se all’inizio la serie proponeva soprattutto parodie – comunque originalissime – Ortolani ha avvertito il bisogno di spingersi ogni numero più in là. Cercando soluzioni grafiche sperimentali e creando storie sempre più articolate. Nell’ultima saga l’inventiva di Leo Ortolani corre a piede libero. Rat-Man accompagna un gruppo di mercenari che, pur di salvare un amico, sfiderà la Morte in persona. Ma come vincerla? Indirettamente, è proprio Rat-Man a dare la risposta: chiediamolo all’unica persona che dicono abbia sconfitta la Morte. Chiediamolo a Gesù. Comincia così il crossover più surreale che la storia del fumetto ricordi: ve lo immaginate un dialogo tra John Rambo e Gesù, con al seguito un quarantenne fallito in piena crisi mistica? Non se lo immaginava nessuno, e proprio per questo la saga di Rat-Man si è aggiudicata il premio “Fede a strisce 2011” a RiminiComix. In questi tempi di muro contro muro l’opera di Leo Ortolani è tanto più preziosa, perché vi convivono passione per l’umanità e risate irriverenti, fantasia scatenata e intimo rispetto. Come sia possibile è presto detto. Per Ortolani la parodia è una forma d’amore.
Leo, facciamo un passo indietro. Hai concepito Rat-Man nel 1989. Ti saresti mai immaginato di averlo ancora accanto 22 anni dopo?
«A dire il vero, no. Non nel 1989. Avevo 22 anni. E ora sono 22 anni che vivo con lui. Non è incredibile? Forse no, pensando che lui e io siamo in fondo la stessa persona, con la differenza che lui è più fortunato con le donne. Nel 1989 era solo una delle tante piccole parodie che mi divertivo a mettere in campo. Riletta adesso, era davvero una piccola cosa. Le mie speranze di allora si limitavano a potere pubblicare delle strisce con un minimo di regolarità su qualche rivista. E aventi per protagonisti altri personaggi, non Rat-Man».
A oggi 85 numeri della serie regolare, senza contare gli speciali. Cosa provi, guardandoti alle spalle?
«Di solito non mi guardo mai indietro. Ho troppe cose da fare, e altrettante che mi piacerebbe poter realizzare. Ma le volte che l’ho fatto, ho sempre ringraziato in cuor mio chi mi ha aiutato a fare tutta questa strada».
In un periodo così lungo Rat-Man ha dovuto reinventarsi. Cosa vuoi che non manchi mai in una tua storia?
«Ho bisogno di qualcosa che mi faccia venire quella voglia particolare della scrittura. Che non riesci a smettere, se hai trovato la vena giusta, e vai avanti fino a notte, e te ne accorgi perché a un certo punto crolli, guardi l’orologio, sono già le tre del mattino. Spesso, almeno negli ultimi anni, parte tutto da un’immagine che mi colpisce, che mi si forma nella testa. Vedere, che so, Rat-Man insieme a una donna. Una vera donna. È nata così, l’idea della saga di New York dell’anno passato. Poi la storia può seguire altre strade, magari quella immagine non viene nemmeno inserita nella storia, ma non importa. È stata il suo seme».
Negli ultimi numeri questo percorso ti ha portato a un confronto diretto
con la figura di Gesù. Come mai?
«Anche qui, l’idea di fondo è presa da
quella di Stallone: riunire le icone degli action movie anni Ottanta in
un unico film. Qui, in una storia, senza limiti di cast. E siccome
avevo già creato il personaggio di RATTO, un ex soldato dal passato
violentissimo che si muove portandosi dietro un crocifisso, è naturale
che loro fossero i suoi ex compagni di battaglie. Ho pigiato un po’
l’acceleratore e dall’idea di portarli a combattere la Morte, è venuta
fuori questa Action-Pasqua. E il confronto diretto con Gesù».
Nelle
tue storie c’è comunque sempre stata una “tensione di fede”: la
necessità di “guardare in alto” e di credere nei supereroi, per quanto
possa apparire assurdo a occhi disillusi.
«Diciamo che mi piace credere
che ci sia qualcuno più in alto di me a cui posso chiedere o che posso
ringraziare. A volte con cui posso litigare. Non è un modo per sfuggire
alle proprie responsabilità. È credere che in casi eccezionali tu possa
contare su un aiuto inaspettato. Su un supereroe. O su un Dio. E se lo
credo io, si trasferisce nel fumetto per forza, essendo una mia
creazione. Tutto è legato in una discesa verso il basso: dal Creatore,
al Creativo, al Cretino (= Rat-Man)».
Anche i riferimenti alla
religione si sono fatti sempre più fitti: dalla “Quadrilogia di Dio”,
che si conclude con una ripresa della Genesi, alla “Saga di New York”,
che nel finale cita l’Apocalisse...
«Ammetto che i riferimenti alla
religione, giocati sempre sul filo del sorriso, derivano sia dalla
tensione verso l’alto, come dicevamo prima, che dalla diretta
conseguenza del mio modo di scrivere: che faccia pensare, divertendo.
Quindi le mie citazioni delle Scritture sono lette attraverso la mente
sempliciotta del protagonista, e l’eventuale battuta scaturisce non
perché si prendono in giro le Scritture, ma per il modo in cui Rat-Man
le capisce. Che a volte, se ci pensiamo bene, è anche il modo in cui le
capiamo anche noi. Cioè male».
Tra queste due “saghe” hai poi
concepito il personaggio di un parroco amico di Rat-Man, Padre Angelini…
«Padre Angelini è un omaggio a un sacerdote, scomparso da poco, che ho
avuto la fortuna di conoscere per tanti anni e che senza saperlo,
attraverso i suoi animati sermoni domenicali, dava sempre le risposte
giuste alle mie domande. Risposte spesso scomode, come lo è il
cristianesimo, ma sempre puntuali. È stato lui che ha celebrato il mio
matrimonio. Era un prete di periferia, quando le periferie degli anni
Settanta erano il selvaggio west. E lui era un po’ lo sceriffo
dell’anima».
Anche Rat-Man vive un percorso di fede: cresce in
orfanotrofio tra le suore (n. 29), prega il Padre Nostro (n. 46), si
rifugia in chiesa per sfuggire alle proprie ombre (n. 64), si riavvicina
alla religione (n. 76) e giunge a credere in qualcosa di più alto dei
supereroi (n. 81). Ora però l’appartenenza confessionale (n. 82) viene
scossa da un incontro: il Gesù reale ha poco a che vedere con la
camomilla dell’anima di cui Rat-Man aveva bisogno…
«Quante volte ci
siamo chiesti come fosse realmente Gesù... Ciò che sappiamo è stato
filtrato dalla narrazione di personaggi che hanno scritto i Vangeli a
distanza di anni dalla sua morte. A me, personalmente, piace immaginare
Gesù come una persona a cui piaceva molto ridere e stare in compagnia.
Con la conseguenza che ognuno se lo immagina a modo suo. O per meglio
dire, a suo uso e consumo». È per questo che non disegni mai il volto
di Gesù? «È perché l’immagine che ho nella mia mente è solo mia, che ho
scelto di non rappresentare il volto di Gesù. E comunque era
assolutamente da evitare l’icona classica del Gesù biondo con gli occhi
azzurri. Siamo in Palestina! Sono curioso di vedere come sarà
realmente…».