Il logo del Giorno della Terra 2013.
«Tutte le persone, a prescindere dall'etnia, dal sesso, dal proprio reddito o provenienza geografica, hanno il diritto ad un ambiente sano, equilibrato e sostenibile. Queste parole, pronunciate dal senatore americano Nelson, inaugurarono il 22 aprile 1970 la prima Giornata mondiale della Terra . Da allora, le Nazioni Unite celebrano l’Earth Day ogni anno, con l’obiettivo di favorire la conservazione delle risorse naturali. Nel 1970, fu lo storico anchorman della Tv americana Walter Cronkite a commentare la giornata che vide la partecipazione di grandi nomi dello spettacolo come Paul Newman e Ali MacGraw, insieme a rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni ambientaliste.
Da allora, il numero di Paesi aderenti all’iniziativa è cresciuto di anno in anno fino a raggiungere il numero di 175 nell’edizione del 2013 . L'Earth Day ha contribuito in modo determinante alla creazione del primo Summit sulla Terra, svoltosi nel 1992 a Rio de Janeiro, la prima conferenza mondiale che riunì capi di Stato e di Governo per discutere sulle misure per migliorare lo stato di salute del Pianeta. Ma la vera svolta si è avuta negli anni 2000 con lo sviluppo di Internet che ha consentito di allargare enormemente la partecipazione all’Earth Day che ormai supera il miliardo di persone in tutto il mondo, unite dagli stessi obiettivi: l’abbandono dei combustibili fossili, in favore di fonti rinnovabili, la responsabilizzazione individuale verso un consumo sostenibile, allo sviluppo di una green economy.
Eugenio Arcidiacono
(le foto del dossier sono di Greenpeace)
Nel 1972 uscì il rapporto del Club di Roma dal titolo “I Limiti dello Sviluppo” che costituisce il primo documento, redatto da economisti ed ecologi, che critica lo sviluppo sfrenato, prevedendo un declino economico che sarebbe potuto cominciare entro i primi decenni del ventunesimo secolo.
La grave crisi economico finanziaria che ci sta attanagliando dal 2008 è sotto gli occhi di tutti, vuoi vedere che avevano ragione?
Jørgen Randers , che di quel saggio fu uno degli autori, ha appena dato alle stampe, poco più di 40 anni dopo, “2052: Scenari globali per i prossimi quarant'anni”, che tenta in qualche modo la stessa operazione, cercando di immaginare in che mondo vivremo tra 40 anni.
Nel libro, pubblicato in Italia per Edizioni Ambiente e curato dal direttore scientifico del Wwf Gianfranco Bologna, oltre 30 studiosi internazionali, scienziati, economisti sollevano domande scomode: Il cambiamento climatico galoppante prenderà sempre più piede? Dove migliorerà la qualità della vita e dove, invece, aumenterà il declino?
Mentre il processo di adattamento dell'umanità ai limiti del pianeta è già iniziato, la risposta umana potrebbe essere troppo lenta per fermare il declino.
Alcuni dati contenuti nel libro parlano chiaro. Il numero dei poveri potrebbe toccare nel 2052 i 3 miliardi. La popolazione mondiale raggiungerà il picco nel 2042 toccando gli 8,1 miliardi a causa del calo della fertilità nelle aree urbane. La concentrazione di CO2 nell'atmosfera continuerà ad aumentare determinando un incremento di 2°C nel 2052, rispetto alla temperatura media pre-industriale; le temperature raggiungeranno +2,8°C nel 2080, un livello che potrebbe innescare un cambiamento climatico auto-rinforzante.
Per Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf, è impossibile cambiare rotta se non viene impostata una nuova economia che metta al centro il capitale naturale.
“Le previsioni di Randers e gli scenari tratteggiati sono, purtroppo, molto credibili e sensati. È drammaticamente vero e lo constatiamo tutti, che i processi negoziali internazionali che dovrebbero regolamentare il nostro impatto sui beni comuni sono lentissimi e complessi”.
Il Protocollo di Kyoto è un buon esempio: si è chiuso nel 2012 e non abbiamo ancora un altro accordo globale che lo sostituisca. Stiamo perdendo troppo tempo?
“Sì e la comunità scientifica internazionale ci sta avvertendo che alcune situazioni stanno diventando sempre più critiche con la possibilità di sorpassare i fatidici punti critici che provocano effetti a cascata sui quali le possibilità di gestione da parte umana sono praticamente nulle” spiega Bologna.
“Penso, per fare solo due esempi, all'accelerazione della riduzione della banchisa artica estiva e all'inaridimento di ampie porzioni della foresta amazzonica, fenomeni entrambi che provocano ripercussioni planetarie. Più tempo facciamo passare nell'inazione più è difficile intervenire in maniera efficace”.
Felice D'Agostini
Il professor Randers.
Il Professor Jørgen Randers , autore di “2052: Scenari globali per i prossimi quarant'anni”, lavora sulle questioni climatiche e le analisi di scenario presso la Norwegian Business School e svolge attività accademica e di formazione a livello internazionale in materia di sviluppo sostenibile.
- I Paesi stanno prendendo misure per ridurre i gas serra? Questo ci aiuterà a ridurre il riscaldamento globale?
"Sì, alcuni Paesi - in particolare all'interno dell'Unione europea - hanno effettivamente tagliato le loro emissioni secondo il Protocollo di Kyoto, che prevede una riduzione dell'8% delle emissioni, rispetto al livello di emissioni del 1990, tra il 2008 e il 2012. In totale, l'UE riesce quasi a soddisfare i suoi obblighi di Kyoto. Ma la maggior parte degli altri Paesi ha fatto poco o nulla e, il risultato complessivo, è che le emissioni globali di gas serra sono cresciute più rapidamente negli anni 2000 che nel 1990. Così, anche dopo un taglio dell'8% nell’Unione Europea, le emissioni globali di gas serra nel 2010 sono state il 45% in più rispetto ai livelli del 1990."
- In che modo il cambiamento climatico riguarda la nostra capacità di nutrirci e il nostro sistema alimentare?
"L'effetto complessivo sul livello di produzione agricola globale sarà limitato nel corso dei prossimi 30 anni, ma poi questa inizierà a diminuire perché l'effetto del calore sorpasserà l'effetto della CO2. Ci saranno enormi differenze regionali. Si pensa, ad esempio, che a subirne maggiormente le conseguenze potranno essere le coltivazioni di mais negli Stati Uniti e quelle di grano in India. Io credo che il pianeta sarà in grado di rispondere alla domanda di cibo nel 2052, ma che molte persone moriranno di fame perché non possono permettersi di pagare per il cibo di cui hanno bisogno: il fattore dominante nel panorama alimentare mondiale sarà la povertà, non i vincoli su terra, acqua e fertilizzanti."
- Nel libro viene criticato come limitato il modello politico occidentale basato su democrazia e capitalismo. Quali modelli economici pensa che possano soddisfare al meglio le sfide del futuro?
"Credo che il problema principale, oggi, sia che l'umanità agisce con una visione troppo a breve termine nella sua prospettiva. Agisce a breve termine nei mercati finanziari e nei parlamenti democratici, rendendo improbabile che il mercato metta a punto le soluzioni necessarie o che i governi avallino leggi per costringere i mercati a stanziare più finanziamenti per soluzioni ecocompatibili a costo di una riduzione dei consumi. Abbiamo bisogno di un sistema di governance che ponga maggiormente l'accento sugli interessi dei nostri figli e dei nostri nipoti. Abbiamo bisogno di un governo forte che ci costringa ad agire con una visione più a lungo termine."
- Ci sono differenze nel modo in cui giovani e meno giovani vedono il futuro, e c'è il rischio che una generazione possa essere contro un’altra in un periodo di contrazione?
"I giovani di oggi dovranno pagare a caro prezzo le pensioni e il debito pubblico dei loro genitori, anche a fronte di un alto tasso di disoccupazione e costo alti degli alloggi. Non sembra un accordo equo, e mi aspetto che i giovani si ribellino. In alcuni casi, questo sarà risolto pacificamente semplicemente riducendo i benefici pensionistici o innalzando l'età pensionistica, suddividendo il costo del rimborso del debito pubblico tra tutti i cittadini in modo equo o garantendo che ai giovani disoccupati vengano date delle opportunità. Ma in alcuni casi, la maggior parte degli individui più anziani non si prenderà cura sufficiente della minoranza giovane e il violento rimescolamento delle carte condurrà al seguente risultato: alcune pensioni non saranno pagate e parte del debito non sarà rimborsato, ci sarà un conflitto intergenerazionale che i giovani vinceranno."
- Come vede il futuro in Cina? Il passaggio a un dominio economico cinese sarà pacifico?
"Credo che i prossimi 40 anni saranno un'esperienza molto positiva per i cinesi. Nel 2052, la Cina sarà la superpotenza economica mondiale – sarà lo Stato egemone. Il reddito medio pro capite crescerà enormemente, la maggior parte della povertà scomparirà e la Cina sarà lungo il suo percorso verso l'autosufficienza nazionale di energia e di cibo e di altre risorse essenziali. La tradizione del paese di avere un governo centrale forte sopravvivrà, permettendo ai cinesi di impegnarsi a lungo termine per il processo decisionale. La Cina sarà in grado di utilizzare i suoi muscoli economici per sviluppare soluzioni ai problemi della società e non sarà necessario attendere che gli investimenti in nuove soluzioni diventino redditizi.
Per fortuna credo che il passaggio al dominio economico cinese sarà pacifico, perché l'interesse primario della Cina è quello di stabilire una società sostenibile sul suo territorio. Questo sarà facilitato dal fatto che la popolazione cinese avrà un calo nel 2020. La Cina non avrà bisogno di occupare terre straniere per garantirsi il progresso. Acquisterà semplicemente ciò di cui ha bisogno."
- E gli Stati Uniti?
"Credo che gli Stati Uniti avranno un lungo periodo di stagnazione. A quarant’anni di distanza, il potere d'acquisto dell'americano medio sarà più o meno lo stesso di oggi. Credo che il consumo pro capite in Cina nel 2052 sarà di almeno due terzi di quello dei cittadini degli Stati Uniti. Per tutti gli altri scopi pratici saranno "ugualmente ricchi"."
- Come pensa che andrà in Europa?
"L'Europa dovrà affrontare gli stessi problemi delle altre economie, accentuate dalla scarsità di alcune risorse, ma la sua capacità di gestire le sfide è più forte di quella degli Stati Uniti, credo. La capacità decisionale dell'Unione europea non è perfetta, ma l'Europa ha una capacità migliore (anche se tutt'altro che perfetta) rispetto agli Stati Uniti di gestire l'ingiustizia distributiva - così come una struttura economica che limita il suo debito estero. Di conseguenza, credo che i livelli di consumo pro capite in Europa cresceranno un po' verso il 2052, anche se non molto. Sarà l'Europa a guidare gli Stati Uniti verso un'economia rispettosa del clima."
- Il gruppo di Paesi BRISE (Brasile, Russia, India, Sud Africa e dieci altre grandi economie emergenti) come se la caverà?
"Questi Paesi presentano una popolazione di circa 2,5 miliardi di persone e ci saranno grandi differenze all'interno del gruppo, ma in media questi Paesi progrediranno con tassi storici, in modo che i loro PIL saranno alti per i prossimi 40 anni, più o meno come hanno fatto negli ultimi 40 anni. In media, il reddito in queste nazioni crescerà da 6 a 16.000 dollari per persona all'anno. Questa crescita migliorerà gli standard di vita per molti, ma avrà un costo per il clima globale. Mentre la crescita non sarà così esplosiva come in Cina, sarà ancora abbastanza difficile mantenere le emissioni di queste nazioni in crescita fino al 2040."
- Lei descrive il modo in cui attualmente sono sovrasfruttate le risorse della Terra. Cosa dobbiamo aspettarci?
"L'umanità ha già superato una serie di limiti e, in alcuni casi, vedremo il collasso locale prima del 2052, come la probabile perdita delle barriere coralline o del tonno. Il superamento più preoccupante è causato dalle emissioni di gas serra. Si emettono il doppio dei gas a effetto serra di quanto ogni anno può essere assorbito dalle foreste e dagli oceani del mondo. Questo superamento è destinato a peggiorare e raggiungerà il picco nel 2030. Solo allora l'umanità comincerà a ridurre le proprie emissioni annue globali perché il continuo sforzo umano per ridurre il consumo energetico e le emissioni di carbonio per unità di energia sarà un tale successo che le emissioni globali si ridurranno a dispetto di una continua crescita del PIL.
Non credo che l'umanità sfrutterà fino al limite le risorse convenzionali - per esempio petrolio, cibo, acqua - dal 2052, perché l'economia umana crescerà molto più lentamente di quanto la maggior parte della gente supponga. Così avremo più tempo per sviluppare sostituti delle risorse scarse. Un PIL più basso del previsto significa un minor utilizzo delle risorse."
Felice D'Agostini
Oggi, 22 aprile è l’Earth Day, la Giornata della Terra . 192 i Paesi coinvolti per un’iniziativa che nacque negli Stati Uniti nel 1970 (in Italia è arrivata appena 5 anni fa) e che punta a coinvolgere un miliardo di persone nel mondo.
A scendere in campo ieri è stato anche il Bologna, unico club di Serie A che allo stadio Dall’Ara contro la Sampdoria ha abbandonato per una volta i colori tradizionali per abbracciare una divisa (maglia, pantaloncini e calzettoni) completamente verde.
Concerti, maratone, forum e festival: sono tante le iniziative previste per la celebrazione della Giornata Mondiale della Terra. A Milano questa sera ci sarà l'atteso concerto di Fiorella Mannoia con l'artista algerino Khaled, ambasciatore di buona volontà della Fao. I due artisti per la prima volta si esibiranno insieme al teatro della Luna a Milano Assago e il ricavato andrà tutto a sostenere progetti per l'ambiente. Il concerto andrà in diretta web su www.earthdayitalia.org e in differita televisiva su SkyUno e SkyUnoHD stasera alle 24.10 e poi in replica domani, martedì 23 aprile, alle 16:30 e venerdì 26 aprile alle ore 24.
Oggi pomeriggio si terrà una maratona web sul sito dell'earth day in cui artisti, vip, giornalisti, ed esperti internazionali si succederanno in video tra testimonianze live e contributi video originali, per raccontare la Giornata mondiale della Terra dai vari meridiani del pianeta.
Ad aprire la maratona ci sarà un contributo video del sociologo e filosofo della post modernità di Zygmunt Bauman , realizzato in collaborazione con Greenaccord. Tra gli altri interventi quello dello chef stellato Heinz Beck, con il quale Earth Day Italia intende promuovere, attraverso le ricette per la Terra, l’impegno per la qualità e la sostenibilità della produzione alimentare italiana in vista dell’Expo 2015.
In diverse regioni, ieri, organizzata dalla rete degli 894 gruppi che compongono il “Forum nazionale Salviamo il Paesaggio” (
www.salviamoilpaesaggio.it ), si è svolta una festosa Marcia per la Terra, per promuovere la tutela e la salvaguardia dei suoli fertili e per fermare il consumo di suolo.
La marcia ha interessato Piemonte, Liguria, Lazio e Sicilia, ma la battaglia naturalmente continua.
Felice D'Agostini
(Reuters)
Una delle emergenze più drammaticamente attuali è l'avanzare del cemento che fa scomparire i terreni agricoli a un ritmo insostenibile.
Il consumo di suolo in Italia è cresciuto, negli ultimi cinque anni, di oltre 8 metri quadrati al secondo, pari al 6,9% del territorio nel 2010. Questo significa che per ogni italiano sono andati persi più di 340 metri quadri all'anno.
Questo ciò che emerge da uno studio dell' Ispra (Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale) sull'andamento del consumo di suolo dal 1956 al 2010.
Ogni 5 mesi, dice l'Ispra, viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli, mentre il suolo che se ne va ogni anno è pari all'estensione dei comuni di Milano e Firenze messi insieme.
Il consumo di suolo per oltre 50 anni nel nostro Paese è sempre stato sopra la media europea (2,3%) : già nel 1956 veniva inghiottito il 2,8%, per 8.000 kmq (170 mq per abitante); nel 2010 si e' arrivati a oltre 20.500 kmq.
“Fermare la cementificazione del territorio è una priorità e credo debba esserlo anche per il prossimo governo” afferma il ministro alle politiche agricole, Mario Catania , eletto alla Camera. “Riproporrò il ddl contro il consumo del suolo che era pronto per essere votato dal Consiglio dei ministri prima della fine prematura del governo e credo che ci sia una sensibilità trasversale su questo punto”.
Già a ridosso della Costituzione del 1948, il presidente della Repubblica Luigi Einaudi osservava come “la lotta contro la distruzione del suolo italiano sarà dura e lunga, forse secolare, ma è il massimo compito oggi. Significherebbe che lo Stato intende vegliare affinché, dopo secoli di distruzione, si salvi quel poco che resta delle foreste e del suolo, delle Alpi e degli Appennini e si ricostruisca parte di quel che fu distrutto”.
Cosa è successo nel frattempo è sotto gli occhi di tutti. E quel che è peggio le amministrazioni locali si sono indebitate fino al collo per assecondare questo insensato sviluppo urbanistico . Sono infatti i comuni che devono trovare i soldi per realizzare e gestire i servizi urbani che servono a garantire i diritti degli abitanti. Napoli, che ha un deficit di circa un miliardo di euro, il 30 gennaio di quest’anno ha bloccato il servizio di trasporto urbano perché non aveva i soldi per pagare il combustibile. Nel Lazio si va avanti pur con debiti insostenibili.
Il tema del consumo di suolo, evidentemente, non è gestibile a livello di piccoli enti locali come i Comuni – ben 8.000 in Italia, il 43% dei quali ha meno di 2 mila abitanti – che, non avendo risorse, hanno immaginato di fare cassa con gli oneri edificatori sacrificando così il loro patrimonio.
“L'intensificazione di un'edilizia speculativa si è intrecciata con interessi illeciti, familismi e clientele di varia natura, riportando alla ribalta quel deficit di cultura civile che caratterizza il nostro Paese” dicono Paolo Pileri ed Elena Granata, docenti al Politecnico di Milano e autori del libro Amor Loci (Cortina, 2012). “Questo processo è avvenuto non solo nell'indifferenza, ma addirittura nel convincimento che fosse in qualche modo positivo o comunque l'unica via percorribile per lo sviluppo del Paese”.
A giudicare dalla lunga sfilza di case e capannoni industriali vuoti che punteggiano le nostre brutte periferie non si è trattato di sviluppo ma di svilimento del territorio e di degrado, di cui oggi paghiamo le conseguenze in termini economici e sociali oltre che ambientali.
“Abbiamo un paese molto delicato dal punto di vista geologico e idrologico per non parlare della ricchezza della nostra biodiversità, la maggiore in Europa, eppure interveniamo sul nostro suolo, sul nostro Bel Paese, come un elefante in una cristalleria” commenta Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf.
“Il danno peggiore per la biodiversità deriva dalla frammentazione degli ambienti naturali, dalla loro parcellizzazione. Abbiamo bisogno di una grande opera pubblica di gestione e ripristino del nostro Bel Paese che, tra l'altro, procurerebbe anche un’importante occupazione.
La sensibilità su questi temi sta crescendo e nei prossimi anni sarà necessario attuare un piano di questo tipo per mantenere vitali i nostri sistemi naturali e quindi il nostro benessere. Un importante aiuto può venire in questo senso dal mettere al centro di una nuova impostazione economica il capitale naturale e gli straordinari servizi che gli ecosistemi offrono gratuitamente a tutti noi (dalla rigenerazione del suolo ai regimi idrici, dalla fotosintesi all'impollinazione ecc.)”.
Felice D'Agostini
Da domenica 14 aprile in Italia si mangia solo pesce importato . A lanciare l'allarme sulla fine delle scorte nazionali è la colazione di associazioni Ocean2012, che sottolinea come il Fish Dependance Day sia giunto quest'anno per le marinerie italiane con una settimana di anticipo rispetto al 2012. E anche l'Europa non è da meno: il 4 luglio saranno finite anche le scorte annuali di pesce dell'Ue.
In sostanza, sottolinea Ocean2012, “le scorte nazionali si esauriscono sempre prima, costringendo materialmente i consumatori a dipendere dalle importazioni di pesce per il proprio fabbisogno. Per l'Italia il grado di autosufficienza è sceso dal 32,8% al 30,2% negli ultimi due anni. E nonostante un consumo leggermente inferiore, il nostro Paese è di fatto sempre più dipendente dal pesce proveniente da acque non-europee . L'Italia rimane dipendente dal pesce extracomunitario per sostenere circa il 70% dei suoi consumi”.
104 giorni di autonomia ittica all'anno. Un vero paradosso per il nostro paese, circondato da 8.000 chilometri di costa e che un tempo godeva di un mare sano e pescoso. “La popolazione mondiale cresce, il consumo di pesce pro capite aumenta (+3,6% l'anno) e i pescherecci diventano sempre più potenti. Si pesca troppo, a un ritmo più veloce del tasso di riproduzione degli stock ittici. L'Ue ha il dovere di assumersi l'impegno di porre concretamente fine alla pesca eccessiva entro il 2015 al fine di poter recuperare gli stock ittici entro il 2020'” dice Serena Maso, coordinatrice di Ocean2012.
Anche Greenpeace si schiera a sostegno dei pescatori artigianali d’Europa con “Sostieni chi pesca sostenibile”, il tour dell’Arctic Sunrise, la sua storica rompighiaccio, che è partita il 18 marzo da Costanza, in Romania, e arriva a Trapani e Favignana in Sicilia, dove sono previste numerose attività aperte al pubblico, dal 25 al 27 aprile.
“Torniamo in Sicilia per ribadire il nostro no ad attività distruttive come le trivelle e per promuovere una gestione condivisa delle risorse del mare che tuteli l’ambiente, le economie locali e le attività sostenibili a partire dalla pesca artigianale” afferma Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace.
Dopo il tour contro le perforazioni in mare “U mari nun si spirtusa”, che la scorsa estate ha raccolto l’appoggio di ben 49 sindaci siciliani, ora l'attenzione è sulla pesca. La Politica Comune della Pesca dell’Unione Europea è oggi in fase di revisione.
“Per troppo tempo, con i soldi dei contribuenti europei, le politiche della Pesca hanno favorito le flotte più grandi e potenti che pescano in modo distruttivo, con il risultato che più del 60 per cento degli stock ittici dei mari d’Europa è oggi sovrasfruttato. Allo stesso tempo, i pescatori artigianali, che da generazioni utilizzano metodi responsabili e a basso impatto, rischiano di perdere il loro lavoro e il loro stile di vita” spiega Monti.
I pescatori artigianali stanno scomparendo, colpiti dalla crisi delle risorse che nel Mediterraneo sono allo stremo, con oltre il 95 per cento delle popolazioni in stato di pesca eccessiva.
Nelle diverse tappe europee dell'Arctic Sunrise, i cittadini possono realizzare firmando delle barchette di carta personalizzabili, con un messaggio che Greenpeace consegnerà ai rappresentanti dell’Unione europea incaricati di rivedere la Politica Comune della Pesca.
E per tutte le persone che non potranno raggiungere l’Arctic Sunrise, sul sito http://myboat.gp/it/ è possibile prendere parte al tour virtualmente, firmando la petizione e creando la propria barchetta online. Durante il viaggio, sulla nave di Greenpeace saliranno anche i pescatori, portando una lanterna che si passeranno di mano in mano nei porti più importanti. Una staffetta simbolica per sancire la fratellanza tra i pescatori artigianali europei.
Felice D'Agostini
Una bandiera di titanio piantata a 4 chilometri di profondità sul fondo dell’oceano, nel punto più a Nord del Pianeta.
Dopo quasi otto giorni di cammino sui ghiacci artici gli attivisti di Greenpeace hanno raggiunto il Polo Nord geografico e, dopo aver praticato un buco nello strato di ghiaccio, hanno calato una capsula di titanio e vetro sul fondale con la bandiera.
All’interno ci sono i quasi 3 milioni di nomi di coloro che, in ogni parte del mondo, hanno firmato per difendere l’Artico dalle esplorazioni petrolifere e dalla pesca industriale ed eccessiva.
Fiorella Mannoia. Il suo ultimo album di inediti è "Sud"
Il concerto di Fiorella Mannoia e di Khaled è il piatto forte con cui Earth Day Italia, in collaborazione con la Fao, celebra il 22 aprile la Giornata Mondiale della Terra. L’appuntamento è a Milano Assago, al teatro della Luna, alle 20.45 e il ricavato servirà a sostenere progetti a favore della tutela della ambiente . «Dopo l’edizione a Napoli del 2012», spiega Pierluigi Sassi presidente di Earth Day Italia, «ci siamo spostati a Milano dove rimarremo per tre edizioni successive, perché vogliamo essere vicini all’Expo 2015, dove anche noi porteremo il nostro impegno con dei progetti finalizzati al rilancio dei territori attraverso l’economia sostenibile, in particolare per il settore agroalimentare assieme a partner di assoluto rilievo come Coldiretti e Fao”.
Fiorella Mannoia è sempre in prima fila nell'impegno sociale ed
ambientale : «Noi agiamo come se il pianeta fosse nostro, dimenticando, che siamo solo
di passaggio su questa Terra. Il nostro dovere sarebbe quello di
consegnarla alle generazioni che verranno migliore di come l'abbiamo
trovata, affinché anche loro possano godere delle bellezze che offre.
Purtroppo questo proposito é stato disatteso, l'aviditá umana, come
Attila, distrugge al suo passaggio. Ora possiamo, e dobbiamo, lottare
perché ognuno si assuma le sue responsabilitá, e agisca secondo
coscienza per non distruggere quello che rimane». L'algerino Khaled con il suo stile che fonde i sound della musica araba con quelli più
occidentali rock e folk è riuscito a superare confini geografici e
barriere politiche e culturali . E' anche ambasciatore di buona volontà
della Fao dal 2003: «Earth Day Italia pone al centro una questione vitale:
il futuro del nostro pianeta. Agire per proteggere la nostra terra, la
terra dei nostri figli, è urgente ed è una responsabilità che riguarda
tutti».
Il cantante algerino Khaled
Il concerto è a km zero perché potrà essere visto gratuitamente in diretta streaming sulla
piattaforma www.earthdayitalia.org e sul web di: FAO, Campagna Amica,
Trenitalia, Tre, Radio 101, Radio Antenna 1, Donna Moderna, le 37
testate locali di CityNews, Lega Calcio B e i siti dei 22 Club Andrà in
onda su Sky Uno e SkyUnoHD la sera stessa del 22 aprile alle 24.00 e
poi in replica martedì 23 alle 16.30 e venerdi 26 alle 24.
Sempre il 22 aprile dalle ore 14 ci sarà una maratona web con la
conduzione di Carlo Massarini, in cui artisti, rappresentanti delle
istituzioni, del mondo della ricerca scientifica e delle maggiori
associazioni ambientaliste, si succederanno in video tra testimonianze
live e contributi video originali. Ad aprire la maratona ci sarà
un’intervista con il grande sociologo e filosofo della postmodernità di
Zygmunt Bauman. Lo chef Heinz Beck illustrerà le sue “Ricette per la
Terra” ideate per garantire il minimo impatto ambientale anche grazie ai
prodotti italiani e a Km zero di Campagna Amica .
Eugenio Arcidiacono
«Io ci tengo, e tu?» È questo lo slogan che dà il nome alla nuova campagna di sensibilizzazione verso la tutela dell’ ambiente di Earth Day Italia 2013, che ha coinvolto con video messaggi personaggi noti della cultura e dello spettacolo e che ora è aperta anche la gente comune con ivideo “fai da te” . «Il cuore del messaggio», spiega Pierluigi Sassi, presidente di Earth day Italia, «è che il cambiamento passa attraverso i nostri gesti quotidiani: a casa, in ufficio, in mobilità, quando operiamo le nostre scelte d’acquisto. La sfida è quella di innescare il passaparola attraverso personaggi noti e meccanismi virali sui social network.
Tra i volti noti che hanno preso parte all'iniziativa c'è il Ministro Corrado Clini che si impegna e invita a riciclare, Fiorella Mannoia che suggerisce di non sprecare, Giobbe Covatta che promette di non buttare le gomme da masticare per terra, Carolina Crescentini si impegna a chiudere il rubinetto del lavandino quando si lava i denti, Nek si impegna a piantare 10 alberi per ogni album e a realizzarlo con carta riciclata , Arisa farà più attenzione a spegnere le luci, Annalisa Scarrone cercherà di andare a piedi il più possibile. La campagna sta facendo già il tam tam sui social media: i video spot sono già visibili su tutti i canali social (Facebook, Youtube) di Earth Day Italia, su quelli dei vip che hanno partecipato e delle associazioni ambientaliste parter, mentre i messaggi girano anche con gli hashtag #iocitengo su twitter. Qui sotto i video di altri personaggi noti.
Eugenio Arcidiacono
VIDEO
Un'immagine del documentario Planet Ocean (Yahh Arthus-Bertrand)
Riprese aeree mozzafiato unite a spettacolari immagini del mondo
sottomarino. Il tutto per mostrare che «un mondo sostenibile non è solo una prospettiva auspicabile, ma anche una realtà possibile». Così Yann Arthus-Bertrand, autore con Michael Pitiot di Planet Ocean presentata il suo film documentario che, proiettato per la prima volta all'Earth Summit 2012 di Rio de Janeiro, viene distribuito in Italia in Dvd e Blu-ray dal 24 aprile.
Creato allo scopo di sensibilizzare il pubblico sugli oceani, inducendolo a considerare concetti quali conservazione e gestione come responsabilità che devono essere condivise da tutti gli abitanti del pianeta, il film-documentario è doppiato per l’edizione italiana da Luca Mercalli , il climatologo noto al grande pubblico per la sua partecipazione al programma di Fabio Fazio Che tempo che fa.
Eugenio Arcidiacono
Ogni italiano produce in media a testa all'anno più di 540 chili di rifiuti solidi urbani. Una quantità impressionante.
Ci sono due modi per affrontare il problema dei rifiuti. Uno è il cosiddetto “ciclo virtuoso”, cioè una raccolta davvero differenziata, con il successivo riciclaggio dei “materiali post-consumo”. L’altro è quello prescelto dal progetto internazionale Rifiuti Zero, ossia la “prevenzione spinta”, una strategia per non produrne proprio.
Lo spiega anche Marinella Correggia nel suo libro Zero rifiuti, pubblicato da Altraeconomia, manuale che insegna sia a livello individuale che collettivo, non solo a minimizzare i rifiuti urbani residui, cioè quel che non può essere riciclato, ma anche a ridurre al massimo i “materiali post-consumo” riciclabili.
Insomma, ci insegna a fare a monte delle scelte e ad adottare uno stile di vita nuovo e più ecologico. Il libro, insomma, si fa portavoce della campagna Rifiuti zero (in inglese Zero Waste ), strategia che si propone di riprogettare la vita ciclica delle risorse, in modo tale da riutilizzare tutti i prodotti, facendo tendere la quantità di rifiuti da conferire in discarica allo zero, evitando di conseguenza i processi di incenerimento. Il processo assomiglia al riutilizzo delle risorse fatto dalla natura.
Tra i suoi maggior teorizzatori vi è il professore americano Paul Connett. Per una volta, però, l’Italia non è fanalino di coda, anzi. Nel nostro Paese si è costituita una Rete nazionale Rifiuti zero e già 25 Comuni sia al Nord che al Sud, per un totale di 400 mila abitanti, hanno adottato questa strategia (per informazioni: www.ambientefuturo.org ).
Il capostipite tra questi Comuni virtuosi è stato Capannori, in provincia di Lucca, che già nel 2007 ha aderito con una delibera consiliare al progetto.
A dimostrare che il progetto Rifiuti Zero in Italia è ormai a un livello avanzato ed esemplare è giunto il riconoscimento conferito appena una settimana fa a Rossano Ercolini, presidente di Ambiente e Futuro per Rifiuti Zero e di Zero Waste Europe, nonché direttore del Centro Ricerca Rifiuti Zero di Capannori.
A lui è infatti andato quest'anno il prestigiosissimo Goldman environmental prize, Nobel alternativo per l’ambiente, per aver contribuito con il suo impegno pluriennale a far crescere la rete dei movimenti e delle amministrazioni.
Nel video raccolto dal giornalista Luca Martinelli, di Altraeconomia, Rossano Ercolini parla del progetto.
Giusi Galimberti