Amadou è vivo ed è fuori pericolo (almeno per ora). E’ stato ritrovato a Bologna il ragazzo originario della Guinea che era scomparso da Torino lo scorso 16 marzo. Un ragazzo fragilissimo, con problemi psichici. Ora è stremato e in condizioni di salute difficili, ma è vivo (e questa, al momento, è la notizia più importante). I volontari della comunità parrocchiale “La Stella” di Rivoli (Torino), che lo avevano accolto e aiutato, lo stavano cercando ovunque, con apprensione crescente. Ma sembrava svanito nel nulla. L’ultima volta era stato visto in questura a Torino, dove lo avevano portato le forze dell’ordine per notificargli un pendente provvedimento di espulsione (chiaro esempio di cortocircuito giuridico-burocratico, visto che Amadou è titolare di protezione internazionale). Poi più niente. Silenzio assoluto fino a quando, tra mercoledì sera e giovedì, dopo le segnalazioni di un ragazzo africano, Amadou è stato identificato alla stazione di Bologna. Tutto questo nel giorno in cui, sull’edizione cartacea di “Famiglia Cristiana”, è stato pubblicato un articolo che raccontava la sua storia e rilanciava l’appello dei volontari. Un dettaglio che (forse) può aver contribuito a tener accesa una luce sulla vicenda.
Dal momento della scomparsa, la rete di operatori e associazioni che nell’ultimo anno aveva aiutato Amadou – la comunità di Rivoli, ma anche il Gris (Gruppo Immigrazione Salute) del Piemonte, la Diocesi di Torino e altre realtà – aveva avviato ricerche in ogni direzione. Foto e notizie relative al ragazzo erano state diramate, tramite una serie di mediatori culturali, anche su gruppi Facebook e chat di migranti residenti in Italia. Attraverso uno di questi canali, Amadou è stato riconosciuto alla stazione di Bologna. Era evidentemente in difficoltà, ma soccorrerlo non era affatto semplice. Parliamo infatti di una persona con problemi comportamentali: non è mai aggressivo, ma difficilmente si lascia avvicinare e spesso tende a fuggire proprio dalle persone che potrebbero aiutarlo. Dopo la segnalazione si è mobilitata la Caritas bolognese, che ha immediatamente stabilito un contatto con il ragazzo, per offrirgli un riparo sicuro. Ma nel frattempo lui è sparito di nuovo. Altre ore di silenzio e di angoscia. Venerdì lo hanno ritrovato i carabinieri di Monghidoro (Bologna) in evidente stato confusionale. Hanno chiamato il 118 e il giovane migrante è stato ricoverato in ospedale, per le prime cure necessarie.
Un lieto fine? Non esattamente. O almeno, non del tutto, perché chi ha a cuore il destino di Amadou ora si interroga sul suo futuro. «Probabilmente nei prossimi giorni il nostro giovane amico sarà trasferito all’ospedale di Rivoli, dove già era stato ricoverato più volte nei mesi scorsi» spiega Mauro Cena, educatore della casa d’accoglienza, alle porte di Torino, che ha ospitato il ragazzo nell’ultimo anno. «Ma poi, quando sarà dimesso dall’ospedale, che ne sarà di lui? Qui da noi le porte sono sempre aperte» dice ancora l’educatore, «ma questa non è una struttura idonea per affrontare una situazione così complessa, che richiede cure specialistiche. Speriamo in un coinvolgimento del Siproimi (il Sistema per Titolari di Protezione Internazionale) o che una struttura sanitaria adeguata sia disponibile ad aiutarci. In questa vicenda sono già stati commessi tanti errori. E ora non vogliamo che si ripetano. In gioco ci sono la vita e la salute di un ragazzo fragile». In effetti, nel recente passato di Amadou, ci sono diversi aspetti che andrebbero chiariti. Tra gli interrogativi di quel fatidico 16 marzo, come spiegare le dimissioni-lampo dalla clinica psichiatrica che meno di 24 ore prima aveva preso in carico Amadou? E come mai il ragazzo è stato portato in questura, nonostante fosse già risultato titolare di protezione internazionale? Per far luce sull’accaduto, è stato presentato anche un esposto in Procura.