La mappa con le prime tre tappe in Israele del Giro d'Italia in programma dal 4 al 6 maggio
da Gerusalemme
Venire a patti con il deserto. Farlo fiorire, secondo l’utopia biblica fatta propria da Ben Gurion, il fondatore dello Stato di Israele, che con la moglie Paula si ritirò nel kibbutz di Sde-Boker, nel Neghev, dove morì nel 1973. Sarà un colpo d’occhio suggestivo ammirare il serpentone dei corridori del Giro d’Italia che il 6 maggio arriverà nel cuore del deserto israeliano, dove funghi di pietra, archi naturali e colonne a forma di sfinge (come quelle di Timna Park) tratteggiano un paesaggio unico al mondo. Il resto è solo silenzio. Buono per meditare e scoprire come ogni pietra, da queste parti, evoca storie, passioni, lotte che si perdono nella notte dei tempi e in quell’alfabeto colorato della nostra civiltà che è la Bibbia.
Il Giro d’Italia, quest’anno, parte proprio da qui. Non sembri una scelta stravagante o contraddittoria, perché non lo è. La corsa rosa è (anche) storia di simboli. E il simbolo più evocativo che ha dato l’idea per questa partenza fuori dall’Europa – la prima nella storia della gara – è quello di Gino Bartali.
Il suo nome è scolpito nella pietra, in cima alla seconda colonna dedicata agli italiani, nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme. Non c’è più Andrea, il figlio di Ginettaccio, a mostrarlo con orgoglio. Ma ci sarà la nipote Gioia, figlia di Andrea, che qualche mese fa è venuta in visita allo Yad Vashem, il Memoriale dell’Olocausto. Bartali nel 2013 è stato riconosciuto “Giusto tra le nazioni” per aver contribuito a salvare centinaia di ebrei italiani dalla deportazione nei campi di sterminio. È lui il padre nobile di questo Giro numero 101.
DA EILAT AL MAR MORTO
Israele non è solo Gerusalemme, la città contesa dove si riversano da secoli tutte le passioni religiose dell’Occidente. Più della metà del suo territorio è deserto pietroso, intervallato da vecchi kibbutz, molti dei quali, oggi, sono solo mete turistiche utili a evocare una stagione che non c’è più. Si potrebbe cominciare, in questo girovagare sulle orme dei ciclisti del Giro, da Eilat, sul Mar Rosso, conquistata da re Davide e oggi meta trendy e giovanile (non a caso da fine ottobre qui atterrano i voli diretti di Ryanair da Roma e Milano), dove ci si può fare il bagno con i delfini al Dolphin Reef o fare stalbet, parola che in ebraico signica relax, ozio. Per ammirare un panorama mozzaato, che va dal deserto egiziano del Sinai alle coste della Giordania, basta inoltrarsi con un fuoristrada sulle montagne di Eilat rese instabili da piccole scosse impercettibili (siamo sul confine tra la placca africana e quella araba) che hanno creato spettacolari fenditure verticali. Un’avvertenza: per gustarsi il deserto bisogna risalire piano. A 25 chilometri da Eilat, ci sono i resti della più antica miniera di rame e all’interno di Timna Park (dove si può fare campeggio e dormire in tenda di notte) si possono ammirare le Colonne di Salomone e perdersi in ricami archeologici.
Al culmine del Monte Neghev, a sud della città di Be’er Sheva, la città dove Abramo osò piantare nella sabbia del deserto una vigna e la sua stessa dimora, la carovana rosa attraverserà il Makhtesh Ramon, uno dei più grandi crateri al mondo (lungo 40 km, largo fino a 10 e profondo 500 metri), che somiglia a un cuore allungato e porta il nome di Ilan Ramon, primo astronauta israeliano: morì nel 2013 dentro la navicella Columbia che si disintegrò nello spazio.
Nel canyon di Ein Avdat, ora Parco nazionale, l’essenza aspra del deserto sembra quasi attenuarsi per un attimo. Qualche palma, all’inizio, piccole cascate d’acqua sorgiva, stambecchi nubiani piuttosto smunti. Fino a imbattersi nei più umili cespugli di tamerischi, la pianta che Abramo piantò a Bersabea tra i Filistei per dire che quella terra apparteneva a Dio, il quale l’avrebbe data ai suoi discendenti.
È un affastellarsi di suggestioni. Neppure un filo d’erba, in Israele, è esente da storie e affanni di uomini in dialogo, spesso complicato, con Dio. Il Giro d’Italia non si concederà una deviazione verso il Mar Morto, ma il visitatore del Neghev non può perdersi l’occasione di un tuffo nelle acque salatissime in quella che è la più profonda depressione del mondo, a 800 metri sotto il livello del mare.
Sulla sponda occidentale del Mar Morto sono ancora riconoscibili i confini degli accampamenti della X legione romana comandata da Flavio Silva, che nel 72 a.C. cinse d’assedio la fortezza di Masada, dove si erano rifugiati gli ultimi irriducibili ribelli della Giudea che non volevano arrendersi allo strapotere dell’Impero. È una cittadella, lassù in alto, che più di ogni altra cosa dice il carattere ebraico, abile ad addomesticare il deserto fino a creare un centro con il palazzo di Erode il Grande, la Sinagoga, i magazzini per il cibo e le terme. Be’er Sheva, da dove partirà la terza tappa del Giro, è l’ultima città israeliana prima che il Neghev inghiotta tutto sino a sbucare sul Mar Rosso, a Eilat.
da Gerusalemme, la città delle passioni, a Tel Aviv, trendy e alla moda
È tempo di risalire ed entrare nella Città sacra per le tre religioni monoteistiche: cristianesimo, islam ed ebraismo. Gerusalemme si può ammirare dal Monte degli Ulivi, dove Cristo si consegnò alla Passione. Oppure percorrerla nel dedalo delle vie della città vecchia, dove si può toccare con mano come davvero, per dirla con il filosofo danese Kierkegaard, «la fede è la più alta passione d’ogni uomo».
Il Giro farà la prima, simbolica tappa in questo saliscendi della storia che ha visto sfilare, nel corso dei secoli, distruzioni epocali e dominazioni straniere, fiorire civiltà e nascere religioni, conflitti cruenti e riconciliazioni epocali.
Infine, Tel Aviv, dove si concluderà la seconda tappa (in programma sabato 5 maggio), che con i suoi grattacieli alla moda, le start up, le botteghe di designer e stilisti e la movida 24 ore su 24 è una città che non dorme mai, effervescente, giovanile, dinamica. È l’altro volto di Israele. Un mix tra moderno e antico con le mura medievali della città vecchia, Jaffa, che guardano verso il mare e abbracciano il Mediterraneo.