È la prima volta nella storia secolare del Duomo di Milano (la terza chiesa più grande al mondo dopo San Pietro in Vaticano e la Cattedrale di Siviglia) che si apre una Porta Santa in occasione del Giubileo. Una Porta «profetica», la definisce l’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola che l’ha aperta solennemente domenica pomeriggio dando inizio all’Anno Santo, perché è dedicata alla libertà religiosa, «elemento fondamentale per l’integrazione nella società plurale di oggi», ricorda l’arcivescovo. Il portale prescelto è il primo a sinistra nella facciata. L’opera fu commissionata nel 1937, dall’allora arcivescovo di Milano, il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster ad Arrigo Minerbi, scultore di origini ebraiche che fu costretto ad abbandonare il progetto e a rifugiarsi in Vaticano per sfuggire alle persecuzioni razziali. Minerbi potè portare a compimento l’opera solo dieci anni dopo, nel 1948. In mezzo, il tumulto della Seconda Guerra mondiale, l’Europa in fiamme, l’Italia distrutta che seppe rialzarsi e partire. «Quanto dolore vedo oggi girando per le parrocchie e le associazioni», dice Scola nell’omelia della V domenica d’Avvento secondo il Rito Ambrosiano in un Duomo gremito di fedeli. Ecco che il Giubileo straordinario della Misericordia voluto da papa Francesco – straordinario perché diffuso in tutte le chiese locali e persino nelle carceri – è una provocazione alle macerie del nostro tempo. Scola cita il Vangelo di Luca, «Vi sarà gioia nel cielo per un peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione» (Lc 15,7), per dire che la misericordia di Dio «continua a spezzare le troppo anguste maglie del nostro umano giudizio. Non attraverso una teoria, ma nella carne e nel sangue, vale a dire nell’umanità stessa del Figlio di Dio» che a Natale si fa carne e viene in mezzo agli uomini.
Prima della celebrazione eucaristica, circa duemila persone in Piazza Duomo hanno assistito al rito, semplice ma suggestivo, dell’apertura della Porta Santa illuminata con un fascio di luce nella piazza blindata. Nella processione sono entrati, per primi dietro Scola, il suo predecessore, il cardinale Dionigi Tettamanzi, che ha concelebrato la Messa, e sei vescovi ausiliari, presbiteri, diaconi, una rappresentanza dei fedeli delle sette zone pastorali, una suora, una consacrata e un consacrato, famiglie, fedeli ospiti in case di accoglienza per disabili, un gruppo di detenuti e alcuni migranti. In chiesa anche le autorità civili: il sindaco Giuliano Pisapia, il prefetto Alessandro Marangoni, il presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo e l’assessore al Reddito di autonomia e inclusione sociale Giulio Gallera.
«Col Giubileo, seguendo le orme di Gesù, la Chiesa», ha ricordato il cardinale Scola nell’omelia, «offre tempi determinati e luoghi precisi (il nostro Duomo insieme ad altre chiese e santuari della diocesi ambrosiana) perché la misericordia riscatti il nostro peccato, mediante il perdono. Il tempo non rovina più verso la morte, ma viene trasformato, dalla pazienza amante del Padre, che ci aspetta come figli nel Figlio. Il Giubileo, per questa ragione, è sorgente e annuncio di speranza per tutti, soprattutto per coloro che si sentono esclusi dalla salvezza».
Infine, ha ricordato in cosa consistono le indulgenze, centrali in quest’Anno Santo: «Si tratta», ha detto Scola, «di una prassi cristiana che nasce dalla consapevolezza della Chiesa di dover sostenere tutti i suoi figli nel cammino di conversione. La Chiesa lo fa attraverso l’intercessione e la comunione con Maria Santissima e con tutti i santi giustificati da Cristo Redentore. Le indulgenze, praticate con consapevolezza, offrono al peccatore che si pente il dono della remissione delle conseguenze che accompagnano il peccato nel tempo (pena temporale). Perché, come insegna il nostro Padre Ambrogio, “La legge considera il merito. La grazia guarda alla fede”». La speranza del Natale ormai vicino, ha concluso l’arcivescovo, «ci renda capaci di un’opera di misericordia spirituale: consolare gli afflitti. Ne avvertiamo acutamente il bisogno, per noi anzitutto, e per quanti, donne, uomini e popoli, sono oppressi sotto il peso del male fisico e morale».
Quella del Duomo è solo una delle nove Porte Sante aperte nella diocesi ambrosiana. Oltre al Duomo, a Milano saranno «chiese giubilari» la Basilica di Sant’Ambrogio e il santuario del Beato don Carlo Gnocchi. Per le altre sei zone pastorali della diocesi sono stati scelti il santuario del Sacro Monte di Varese, la basilica di San Nicolò a Lecco, il santuario della Beata Vergine Addolorata a Rho, il santuario di San Pietro Martire a Seveso, ex sede del seminario, la chiesa parrocchiale della Madonna della Misericordia a Bresso e la chiesa dell’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone.