Qualcuno lo scorso mese di
febbraio quando si formò il
Governo Renzi si spinse a presagire
per il 2014 un anno “più
rosa”. Per la prima volta il 50
per cento dei nuovi ministri, ben otto,
erano donne. Per giunta giovani, aggiunse
qualcuno, per giunta belle. Ma
belle non stile velina come alcune nel
passato erano state ritenute, ma belle e
– pensa che strano! – pure intelligenti
e capaci.
Dell’esecutivo più giovane e
più rosa nella storia della Repubblica
faceva parte Federica Mogherini, 40
anni, fino a ottobre responsabile degli
Affari esteri (la terza donna a ricoprire
questo ruolo dopo Susanna Agnelli ed
Emma Bonino) che ora è arrivata addirittura
a diventare alto rappresentante
dell’Unione europea per gli Affari
esteri e la politica di sicurezza.
Marianna
Madia, classe 1980, entrata in Parlamento
appena 28enne, sta guidando
il ministero della Semplificazione e
della Pubblica amministrazione e nel
frattempo, il 7 aprile, ha dato alla luce
anche il suo secondo figlio.
Beatrice
Lorenzin, 43 anni, ha visto riconfermare
il suo ruolo di ministro della
Salute, che già aveva nel precedente
Governo Letta, mentre Stefania Giannini,
53 anni, linguista e glottologa che
vanta una carriera universitaria con
incarichi internazionali, è la responsabile
di Istruzione, università e ricerca.
Sua coetanea è Roberta Pinotti,
mamma di due figlie, che era già stata
sottosegretario di Stato al ministero
della Difesa nel Governo Letta e ora è
il primo ministro della Difesa donna
dell’Italia repubblicana.
La più “anziana” a soli 57 anni è la
ministra per gli Affari regionali, Maria
Carmela Lanzetta, che è stata sindaco
di Monasterace, in Calabria, dove
aveva subito diverse intimidazioni
da parte della ’ndrangheta. C’è poi
Federica Guidi, 45 anni, presidente
dei Giovani imprenditori di Confindustria
dal 2008 al 2011, ministro per
lo Sviluppo economico.
Ma la più fotografata
in questi mesi, anche con un’insistenza e persino un voyeurismo
deprecabile, è stata Maria Elena Boschi,
ministra per le Riforme e per i
rapporti col Parlamento, che Famiglia
Cristiana ha intervistato e messo in
copertina nel n. 38 del 21 settembre.
«Vogliamo salvare il Paese partendo
dalle famiglie numerose», ci ha detto
tra l’altro, raccontando programmi e
progetti che però tardano e comunque
non hanno certo cambiato per ora la
vita delle donne comuni, quelle che il
ministro non lo faranno mai, ma forse
nemmeno altro, come le impiegate, le
insegnanti o le “semplici” mamme, in
questo Paese che, avrà pur indossato
un esteriore vestito più rosa, ma
non ha certo cambiato l’anima.
Perché conciliare la famiglia e il
lavoro in Italia è ancora molto difficile
e sono sempre più numerose le donne
che lo abbandonano dopo la nascita
del figlio se, addirittura, non vengono
spinte ad andarsene, come continua
ad accadere, anche solamente quando
ne aspettano uno.
Alcune – ahimè – si fermano ancora
prima rinunciando al progetto di un
figlio o anche a far famiglia, spaventate
da quella che in Italia continua a
rimanere un’impresa molto privata e
di scarso interesse sociale, nonostante
i fiumi di parole dette e scritte a favore
della famiglia.
La verità è che il fisco
continua a penalizzare le famiglie
con carichi familiari e che nessun
intervento o misura, anche i famosi
“80 euro in busta paga” non fanno differenza
per chi cresce dei figli.
Tutto
continua a essere regolato secondo gli
individui piuttosto che le caratteristiche
delle famiglie, dal numero dei figli ai diversi problemi di cura, e la percentuale
del Pil dedicata alle politiche familiari
rimane al 1,4 per cento, quando
la media europea è del 2,2 per cento e le
nostre vicine Germania e Francia vantano
un 3,4 e 3,8 per cento.
Si è tanto parlato del provvedimento
che permette di dare il cognome
della madre ai figli come di
una conquista decisiva per le donne,
mentre così come è stato pensato in
Italia, a differenza che in altri Paesi,
rischia di sgretolare il riferimento alla
genealogia, visto che non garantisce
la continuità del cognome paterno e
a 18 anni il figlio può scegliere quello
di uno o dell’altro genitore. Ben altri
sarebbero gli interventi che potrebbero
aiutare le donne e soprattutto le
mamme a tenere insieme tutti i compiti
quotidiani, dal lavoro alla cura dei
figli e dei genitori anziani, che spesso
si accavallano e si intrecciano. Ma le
urgenze continuano a parere altre, più
di nicchia, di élite, da salotti, che fanno
più moda e più notizia.