Se giocato bene, il dopopartita in tv può essere un terreno – anzi: un campo di gioco – molto fertile a livello di audience. Il copione prevede l’allestimento di un dibattito fra persone competenti e tecnici, sapientemente imbeccati da un bravo conduttore, per discutere le azioni salienti dell’incontro, gli episodi decisivi, le tattiche applicate e l’equità o meno del risultato. Il pubblico in studio partecipa attivamente, gli spettatori a casa si sentono coinvolti rivedendo a mente fredda la sintesi della partita e assistendo attivamente al dibattito.
Sulla base di questo schema collaudato, i presupposti perché “Il grande match” (Rai1, ore 23.10 circa) potesse essere una trasmissione di successo alla vigilia c’erano tutti. Eppure il nuovo format pensato dalla Rai per commentare le partite serali dell’Europeo 2016 si è rivelato un flop, sia in termini di ascolti che a livello di gradimento popolare.
Nonostante gli sforzi di Insinna e la presenza dei suoi ospiti fissi Marco Tardelli, Jacopo Volpi, Federico Balzaretti, Ivan Zazzaroni, Katia Serra e Arrigo Sacchi, il programma si presenta come un malriuscito mix tra infotainment, commento tecnico e improvvisazione, sempre in attesa di un colpo a effetto che non arriva mai. E non può essere certo favorito dagli scambi di battute fra Insinna e Andrea Fusco, che – in collegamento da Casa Azzurri – all’invito del conduttore “Andrea, dicci tutto”, risponde prontamente “Tutto!”, aspettando (invano) la risata dei presenti in studio.
Non riescono a portare giovamento neppure gli ospiti più o meno estemporanei che recitano poesie, suonano, cantano o ballano, né tanto meno la carpa (sì, proprio nel senso del pesce…) che fa pronostici, per inseguire – invano – il successo del polpo Paul che ai Mondiali 2010 azzeccava in anticipo i risultati delle partite.
Buona parte della responsabilità ricade sulle spalle del Flavio nazionalpopolare, il cui recente successo si deve soprattutto alla conduzione di “Affari tuoi”, il noto gioco dei pacchi che i concorrenti devono aprire cercando la vincita fortunata. Lì, grazie al suo essere attore più che presentatore, Insinna può a liberare quella capacità istrionica che invece nel salotto calcistico resta continuamente imbrigliata fra le maglie di una struttura inadatta. Qui, nonostante si affanni e si agiti a parole e a gesti, non riesce a dare al programma un ritmo efficace e spesso il suo modo di fare stride evidentemente con la competenza degli ospiti.
Fra questi ultimi, l’unica sorpresa positiva è la preparazione della Serra, ex giocatrice di primo piano (316 presenze e 70 gol in Serie A femminile, 25 presenze e un gol in Nazionale) capace di accompagnare i suoi rilievi tecnici con dati e osservazioni sempre pertinenti, oltre che con una presenza che non va mai sopra le righe.
La Rai ha acquistato a caro prezzo i diritti di trasmissione per 27 partite ed è scontato che cerchi di sfruttarne appieno l’appeal e l’effetto traino oltre alla telecronaca diretta, ma la proposta di questo programma appare giorno dopo giorno una forzatura. Almeno, così è stato per la prima fase a gironi e può essere che in occasione delle partite a eliminazione diretta l’audience batta qualche colpo favorevole.
Tutto dipende dalla volontà degli spettatori di sorbirsi il chiacchiericcio da salotto anche quando non gioca la Nazionale italiana e dalla capacità di Insinna di cambiare registro, lasciando perdere la banalità e riportando l’attenzione sul calcio giocato, unico argomento vincente.