Carabinieri di fronte all'abitazione di Carmine D'Onofrio, 23 anni, vittima dei clan.
"Convertitevi!". Le parole di don Mimmo Battaglia, arcivescovo metropolita di Napoli sono lame taglienti nella coscienza degli italiani. Parole scritte che ricordano però il grido di un pontefice santo, Giovanni Paolo II. Quel suo "convertitevi" urlato nella valle dei Templi di Agrigento a poche settimane dalle stragi mafiose ha lasciato il segno a intere generazioni, scavando il solco della legalità nelle coscienze dei siciliani e di tutti gli italiani. Oggi don Mimmo torna a parlare della sua terra, di una città che negli ultimi sette giorni ha visto morire sotto il piombo dei sicari due giovani incensurati. A Secondigliano, dove ad essere assassinato è stato un ragazzo di 19 anni. E poi una rapina in una pizzeria, dove i malviventi puntano le armi contro dei bambini.
A Ponticelli, dove a morire per mano dei killer è stato un marito, un ragazzo che a breve sarebbe diventato papà. Massacrato davanti alla moglie incinta. Ed è proprio da Ponticelli che riparte il vescovo di Napoli. "I ragazzi e i giovani di Napoli non possono essere destinatari passivi di un cambiamento ma devono divenirne i protagonisti: giovedì 14 ottobre sarò a Ponticelli, in uno dei quartieri più feriti dall’escalation camorristica, insieme ad una rappresentanza dei giovani dell’arcidiocesi per incontrare i ragazzi e i giovani del decanato, in un momento di reciproco ascolto, confronto, condivisione". Domani don Mimmo Battaglia incontrerà invece "i diversi esponenti della società civile, del terzo settore e del mondo ecclesiale con cui sto lavorando a questa iniziativa che vuole rimettere al centro, partendo dai più piccoli e dalle loro famiglie, la questione educativa, puntando sulla prevenzione e scommettendo sulle nuove generazioni". Quello di Battaglia non è solo un grido di denuncia per l'orrore e il dolore di una terra. È anche un appello contro l'indifferenza.
Nel suo messaggio scrive “Stanno uccidendo Napoli. La scia di sangue che in questi giorni sta attraversando la città, procurando la morte a delle giovani vite e terrore e angoscia a interi quartieri, strade, famiglie, non può lasciarci indifferenti. Sotto la croce della nostra città dobbiamo più che mai quest’oggi, insieme e senza distinzione di fede, politica, ruolo sociale ed istituzionale, stare in piedi, evitando di sdraiarci supini in attesa che qualcosa cambi da sola e di sederci, rassegnati e assuefatti a veder morire Napoli". È questa la missione di Battaglia. Uomo, pastore, amico. Le sue parole risuonano non come omelie dal pulpito ma come proposte concrete per una resurrezione morale, sociale di una terra da troppo tempo abbandonata. Una terra in fin di vita, martoriata da "ciascuno di noi nella misura in cui fa finta di niente e dimentica che il presente e il futuro della nostra città dipende dall’impegno di tutti, dalla capacità che avremo di passare da un freddo individualismo ad un senso rinnovato e caloroso di comunità, dal desiderio fattivo di trasformare tanti piccoli “io” impauriti e distratti nella forza di un grande “noi”, la cui carica profetica può essere segno e strumento di una possibile resurrezione della nostra terra".
Poi l'appello "Agli uomini di camorra, ai corrotti e ai collusi con la criminalità dico: ritornate ad essere umani! Convertitevi! Il vostro Vescovo non si tirerà indietro nell’accogliere e accompagnare i passi della conversione e la rinascita umana di coloro che ascolteranno la propria coscienza e la parola del Vangelo, deponendo le armi, e intraprendendo percorsi di collaborazione con la giustizia". Infine un pensiero alle donne, alle madri "siate strumento di conversione per i vostri figli, aiutate le vostre famiglie a ravvedersi, siate nuovamente grembo che genera vita e non complici di percorsi di morte".