La prima candidata punta sull’igiene: «Se mi voterete, come prima cosa darò assorbenti a tutte le ragazze dell’istituto. Secondo, aggiungerò dei rubinetti d’acqua». Rilancia un altro davanti a una distesa di bambini sotto l’ombra di un albero: «Se mi eleggerete farò in modo che ci siano materiali per le attività ludiche e sportive».
C’è chi invece espone un programma elettorale basato sul recintare la scuola e chi invece vuole arredare le aule. Poi i ragazzini in divise azzurre e gialle, o rosa e verdi, fanno la fila per depositare il proprio voto nell’urna. Segue lo spoglio, la proclamazione dei risultati, l’insediamento del Parlamento e la nomina del Governo.
Mary Mathenge, responsabile del progetto, insieme a Giobbe Covatta.
Siamo sulla costa del Kenya, nel distretto di Malindi, una delle zone più visitate dai turisti ma anche tra le più povere: qui l’analfabetismo raggiunge punte del 76% e ci sono i “bambini di spiaggia” che provano a racimolare qualche soldo dagli occidentali distesi al sole.
Dal 2009 Amref ha avviato il “Parlamento dei Bambini” in quattro scuole, che oggi sono diventate sedici. Mary Mathenge, una delle responsabili del progetto, spiega: «Gli studenti discutono i problemi che li appassionano, si responsabilizzano e sviluppano la capacità di confrontarsi con gli adulti e di esprimersi in maniera adeguata». Lo scopo è rendere bambini e adolescenti attori principali del proprio destino, invece che soggetti passivi del circolo vizioso della povertà.
Una seduta del Parlamento dei Bambini.
Ci sono stati miglioramenti soprattutto dal punto di vista dell’igiene, sia come strutture che come consapevolezza dell’utilità. Importanti anche le ricadute sulla condizione femminile, dato che nei Parlamenti le ragazze intervengono di più e si mostrano meno timide che in passato.
Jesca Magongo, una mamma, dice: «Si è ridotto il numero di ragazze che hanno rapporti prematrimoniali in età molto giovane». Aggiunge Mary Mathenge: «La comunità sembra credere che una bambina non abbia bisogno di un’educazione perché alla fine il suo destino sarà solo quello di sposarsi». E molti rapporti internazionali indicano come l’istruzione femminile sia uno degli indici più reali di sviluppo. Lo dimostra anche la rabbia con cui i gruppi del terrorismo islamista prendono di mira le studentesse dall’Africa all’Asia.
Un fermo immagine del video girato da Giobbe Covatta in Kenya, in occasione della visita al Parlamento dei Bambini di Amref.
Quando i giovani parlamentari vengono eletti, devono portare le istanze degli studenti presso il preside e gli insegnanti della scuola. Ogni Parlamento si compone di un presidente della Camera, un ministro dell’Igiene, dell’Istruzione, dell’Ambiente, dello Sport... Quando il Parlamento si riunisce, gli studenti al suo interno possono presentare una particolare questione, su cui si apre un dibattito ordinato seguito da una votazione. Il tutto è regolato dallo stesso presidente della Camera.
Si discute se installare la luce nella scuola dotandola di un generatore, la formazione di pozzanghere davanti alla sala cucina che diventano pericolose per l’accesso degli studenti, il fatto che una ragazza della scuola abbia deciso di indossare i pantaloncini anziché la gonna, come da classica divisa delle scuole keniane.
«Utilizziamo l’approccio da bambino a bambino», spiegano gli operatori di Amref, «nel quale sono proprio i più piccoli a divenire promotori di comportamenti idonei per la tutela della salute. Sono loro che, una volta acquisite le buone pratiche di igiene personale a scuola, le diffondono all’interno delle loro famiglie e della comunità». Vale per il rispetto delle regole democratiche, così come imparare il semplice gesto di lavarsi le mani per prevenire malattie e infezioni.