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martedì 17 settembre 2024
 
 

«Il lavoro è la priorità, ma contro la crisi non basta»

05/03/2014  «Non tutti possono ritrovare il posto a breve anche se aumentiamo il Pil. Servono sussidi, servizi, redistribuzione del reddito, formazione».

Nel nuovo Governo Renzi c’è una cosa di cui Gianni Bottalico, presidente delle Acli, va giustamente orgoglioso: la presenza di due ex presidenti dell’associazione (Andrea Olivero, viceministro dell’Agricoltura e Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro e welfare). «È la conferma che le Acli sono una palestra di vita politica, una scuola di autonomia, libertà e responsabilità ».

- La priorità della politica economica secondo le Acli è ovviamente il lavoro?
«Io parlerei di povertà. La situazione è drammatica. La possibilità di ritrovare il lavoro per molti lavoratori disoccupati non esiste, almeno a breve termine. Anche aumentando il Pil non restituiamo il posto di lavoro per tutti. C’è una situazione sociale di difficoltà. È per questo che occorrono politiche di welfare, ma anche una serie di sussidi e di servizi».

- In questa direzione dovrebbe andare la proposta di un reddito minimo garantito per tutti, compresi i percettori di contratti precari e a tempo determinato.
«Il reddito minimo garantito è un elemento temporaneo, ma essenziale, un atteggiamento positivo di un Governo che vuole tentare di tenere insieme questo Paese. Stiamo parlando di una situazione di emergenza».

- Non c’è il rischio che nelle realtà in cui il lavoro è in nero, specie al Sud, inneschi fenomeni di assistenzialismo?
«Il rischio del parassitismo c’è ed è per questo che occorrono controlli, vincoli e rigore nel predisporre queste misure. Ma il sussidio è una delle risposte necessarie di fronte all’impoverimento di milioni di famiglie. È un aiuto che va affiancato con una serie di opportunità».

- Quali opportunità?
«Non solo sostegno economico, ma una rete di servizi, come le iniziative di formazione, ricerca e innovazione. Quello che occorre in Italia è un’Agenzia nazionale per il lavoro, che sia l’unica sede di governo dei processi del mercato del lavoro. Lo Stato deve intervenire in modo più incisivo. Non può lasciare tutto alle Regioni».

- Le piace il Piano sul lavoro di Renzi, il cosiddetto “Jobs Act”?

«Per quanto riguarda il “Jobs Act” siamo ancora alle enunciazioni, alla paginetta uscita qualche settimana fa. Siamo in attesa di capire in termini di declinazione dei veri provvedimenti. Noi, come ho detto all’inizio, abbiamo posto un altro problema: dobbiamo considerare il problema della disoccupazione e del lavoro in un contesto più vasto, che è quello della povertà.

- Che ne pensa della proposta di taglio del cuneo fiscale, ovvero della differenza tra il costo del lavoro e di quel che va in tasca al dipendente?
«Favorevolissimi. Defiscalizzazione del lavoro significa aziende più competitive e soprattutto la possibilità che il lavoratore si possa trovare in busta paga qualche soldo in più».

- Si parla di 50 euro netti. Non cambiano la vita...
«Non cambiano la vita, ma sono pur sempre qualcosa che peraltro contribuisce ad alimentare il circolo virtuoso consumi- produzione-occupazione. Il problema è trovare le risorse per avviare una simile riforma».

- Secondo lei si possono trovare?
«Si possono reperire non solo dai tagli alle spese della pubblica amministrazione, la cosiddetta spending review, ma anche con un maggior gettito fiscale generato dall’aumento della domanda interna. Mi sembra positiva l’intenzione di coinvolgere le grandi organizzazioni del Terzo settore. Le intenzioni sono buone. Ora i fatti».

 
 
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