È il racconto di un dono, di quelli
che non ti aspetti, che assomigliano
a un complotto perché
ti cambiano la vita. È un libro
che bisogna avere il coraggio
di leggere fino in fondo, anche
se fa male, la commozione che prende
allo stomaco, anche se ti fa sentire in
colpa, perché gli altri fanno qualcosa
in più per amore e invece noi si balbetta.
Si intitola Govindo, che è il nome di
un bambino, di quelli più reietti, quelli
che nessuno vuole. E poi subito nella
riga sotto il titolo c’è la spiegazione:
“Il dono di Madre Teresa”. L’ha scritto
Marina Ricci, giornalista del Tg5,
che quel dono ha accettato di portare
con sé, senza tante domande, perché
la Provvidenza stabilisce il percorso
della vita e le sue coincidenze, piano di
Dio, per chi crede.
Potrebbe essere la storia di un’adozione,
ma non lo è. È la storia del
mistero di Dio che incrocia le vie delle
persone ordinarie e stabilisce le strade
che devi percorrere. È la storia del calice
che non puoi allontanare, come per
Gesù nell’orto degli ulivi e trasforma
l’amore in azione concreta. Ed è anche
la storia di una famiglia, quella di
Marina, di suo marito Tommaso e dei
loro figli, dei loro dubbi, delle tensioni e
delle reazioni di fronte a quello che
assomiglia davvero a un complotto
dell’amore totale.
Non è stato facile portare con sé,
dentro una famiglia ordinaria, un
bambino come Govindo. Marina è sincera
quando narra e nel libro c’è tutto,
senza indulgere ad alcun sentimentalismo,
ci sono il dramma e la gioia, la
luce e l’oscurità, l’entusiasmo e la paura.
E soprattutto c’è Govindo, che ha
capito di essere amato e voluto e anche
curato. Fino all’eroismo, perché questa
è la parola più adatta per descrivere ciò
che Marina e i suoi hanno fatto. Enrico
Mentana, direttore del Tg5 che assunse
Marina Ricci all’inizio della sua
avventura editoriale come vaticanista,
nella “Premessa” al testo dice semplicemente
che le pagine sono «una storia
d’amore, vera e pura».
Non potrebbe essere diversamente
e l’aggettivo su cui insistere è il secondo.
È amore puro, senza se e senza
ma, si direbbe con un linguaggio più
politicamente corretto. L’amore non si
deve fare tante domande e soprattutto
non può mettersi a cercare risposte tutte e solo razionali.
Scrive Marina Ricci: «Molte volte
ho sentito dire che per ascoltare Dio
occorre fare silenzio dentro di sé. Detta
così, però, è un affermazione che
rimane lontana da me. Non sono mai
riuscita a fare silenzio e quelle poche
volte che ci ho provato ho annaspato
nel vuoto. Dio afferra all’improvviso e
scuote con violenza. Questa è stata la
mia esperienza. Dopo, il silenzio si riempie
e diventa dolce. Ma solo dopo».
Non si può raccontare il libro, va
letto e basta, anche perché il testo è rimasto
chiuso in un cassetto per tanti
anni e adesso che Madre Teresa diventa
santa serve per spiegare la straordinarietà
della piccola suora, che si definiva la matita di Dio. Si potrebbe dire
che anche Govindo è diventato una
matita che ha scritto le pagine della famiglia
di Marina e ha sbaragliato ogni
ragionevolezza ordinaria.
Adesso che il libro c’è e che si può
leggere, la storia di quella che molti
potrebbero definire una “sragionevolezza”,
mentre per altri potrebbe essere
null’altro che l’imprevisto della Provvidenza
Marina commenta: «Potrei
dire che è stato Govindo ad adottare
noi. Siamo noi che abbiamo bisogno
di aiuto, che siamo poveri. Ho scritto
questa storia per cercare di diradare
l’oscurità che avvolge il nostro tempo
e anche la mia oscurità, l’oscurità di
noi che facciamo fatica ad amare».
Hai conosciuto Madre Teresa?
«Mai. Ho raccontato per la televisione
i giorni della sua agonia e poi la
beatificazione. Ho conosciuto le sue
suore, discrete, quelle che fanno impazzire
i giornalisti perché a loro del
marketing multimediale non interessa
nulla. E le opere, l’enormità del
bene. Ho capito una cosa su tutte altre
e cioè che la povertà peggiore è quella
di non sentirsi amati».
Vale per tutti?
«Sì, che tu sia ricco o povero. E
soprattutto valeva anche per Madre
Teresa. Da pochi anni sappiamo che
anche lei fece a pugni con Dio. Nelle
carte del processo di beatificazione c’è
la narrazione della notte oscura, quando
cercò di allontanare il calice. Accade
a tutti. È accaduto anche a Gesù. La
misericordia di Dio riesce a diradare le
ombre, ma a condizione di amare anche
quella oscurità. Solo così possiamo
accorgersi dell’amore di Dio».
Qual è il messaggio di Madre Teresa
santa?
«Esattamente questo: il male
dell’uomo non deve scandalizzare
nessuno, perché il riscatto mai mancherà.
Ma le oscurità del mondo e della
nostra anima non vanno allontanate
da noi. Govindo e Madre Teresa questo
ci insegnano».