Che sia un gigante della musica lo sanno tutti, anche quelli che normalmente non frequentano teatri e sale da concerto. Uto Ughi, considerato uno dei più grandi violinisti di tutti i tempi, ha il potere di affascinare una platea vastissima, ben al di là della cerchia di appassionati e intenditori. Meno nota, forse, è la decisione del maestro di mettere la sua musica a servizio della solidarietà.
A Torino, accompagnato dal pianista Alessandro Specchi, Ughi ha suonato per aiutare le vittime dell'alluvione in Sardegna. È stato infatti protagonista di un concerto natalizio il cui ricavato sarà donato alla Caritas regionale sarda e contribuirà a sostenere le famiglie colpite dalla tragedia.
L'evento è stato organizzato dall'associazione Arturo Toscanini di Savigliano (Cuneo), fondata dai fratelli Ivan e Natascia Chiarlo, un duo di validi musicisti capaci di animare la vita culturale del Piemonte e non solo. Piuttosto inusuale la cornice: non un auditorium, né un teatro storico, ma il Centro Congressi Santo Volto, una moderna struttura voluta dalla Diocesi di Torino. In un'area industriale dismessa, l'architetto svizzero Mario Botta ha saputo inventare una chiesa (un ex ciminiera trasformata in campanile, il volto dell'uomo della Sindone che traspare dietro l'altare) e uno spazio per incontri e conferenze. Una scommessa, il tentativo di lanciare un ponte tra centro e periferia, così come tra mondo cattolico e mondo laico.
Concerto con la sala gremita: 700 biglietti esauriti da settimane. Dopo l’esibizione, il maestro ha avuto modo di presentare il suo ultimo libro, Quel diavolo di un trillo (Einaudi, 2013), opera autobiografica nella quale trovano posto grandi incontri, aneddoti, ricordi, passioni.
Ma la tappa torinese di Uto Ughi prevedeva anche un altro appuntamento, senz'altro più insolito. Il violinista è stato infatti ospite della Cattedra del Dialogo, un'esperienza coraggiosa, organizzata in collaborazione con la Cei, col patrocinio della Diocesi di Torino e degli enti locali. È stato un modo per far incontrare, nella semplicità e nel rispetto, mondi diversi, a volte lontani ma mai incompatibili. Così Ughi si è trovato a dialogare col teologo Riccardo Battocchio su un tema delicato quanto affascinante: la fragilità.
Dal canto suo il violinista ha ripreso temi che da tempo gli sono cari e che tuttavia stentano a trovare ascolto nelle istituzioni: l'importanza della musica come mezzo di elevazione spirituale e morale, non solo per il singolo ma per la società, la ricerca di bellezza come antidoto alla sofferenza e argine al male.
Non è mancata una severa strigliata alla politica italiana «che lascia morire nel totale disinteresse un patrimonio artistico di inestimabile valore, che trascura l'educazione musicale dei ragazzi, condannandoli talvolta alla mediocrità e all'ignoranza, che chiude orchestre di prestigio internazionale per mancanza di fondi, quando con il costo di una sola serata del festival di Sanremo si potrebbe mantenere un'orchestra per un anno, che costringe i nostri talenti migliori ad andare all'estero per cercare lavoro».
Il maestro ha anche sottolineato che «non basta scaricare la responsabilità sulle istituzioni. Ciascuno deve fare la sua parte». E deve farla proprio in virtù di quella vocazione universale della musica «che arriva a tutti, senza mediazioni e senza ideologie». Dopo un gioco di echi tra musica e letteratura, arte e fede, i due relatori hanno lasciato trasparire insospettabili affinità, facce diverse di una ricerca comune: musica e teologia si sono scoperte unite nella fragilità umana di chi vive il limite, ma anche nel desiderio di avvicinarsi a Dio e dire l'indicibile.