Piazza San Pietro, Città del Vaticano, 27 febbraio 2019: l'udienza generale del mercoledì. Foto Ansa/Osservatore Romano.
«Sembra che l’inverno se ne stia andando e perciò siamo ritornati in Piazza». Complice il bel tempo la consueta udienza generale del mercoledì lascia il chiuso dellì'Aula Paolo VI e papa Francesco raccoglie il saluto entusiasta dei 10 mila fedeli, a loro volta abbracciati dal colonnato del Bernini, facendo salire sulla papamobile cinque bambini. Oggetto delle riflessioni, ancora il Padre Nostro.
«Il pane quotidiano, il perdono dei peccati, l’aiuto nella tentazione e la liberazione dal male». Sta in queste richieste, ha detto Jorge Mario Bergoglio, «la matrice di ogni preghiera cristiana, direi di ogni preghiera umana, che è sempre fatta, da una parte, di contemplazione di Dio, del suo mistero, della sua bellezza e bontà, e, dall’altra, di sincera e coraggiosa richiesta di quello che ci serve per vivere, e vivere bene».
Il Papa stamane si è soffernato sulla prima delle sette invocazioni del Padre Nostro: “Sia santificato il tuo nome”. «Nella sua semplicità, nella sua essenzialità, il Padre nostro educa chi lo prega a non moltiplicare parole vane, perché – come Gesù stesso dice – "il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate”», ha spiegato Francesco, ricordando che «le domande del Padre nostro sono sette, facilmente divisibili in due sottogruppi. Le prime tre hanno al centro il ‘Tu’ di Dio Padre; le altre quattro hanno al centro il ‘noi’ e le nostre necessità umane». Nella prima parte, ha commentato Francesco, «Gesù ci fa entrare nei suoi desideri, tutti rivolti al Padre: ‘sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà’; nella seconda è Lui che entra in noi e si fa interprete dei nostri bisogni: il pane quotidiano, il perdono dei peccati, l’aiuto nella tentazione e la liberazione dal male».
«Dio è santo: ma se noi, se la nostra vita non è santa, c’è una grande incoerenza», ha poi aggiunto il Santo Padre. «La santità di Dio deve rispecchiarsi nelle nostre azioni, nella nostra vita», ha iproseguito: «Io sono cristiano, Dio è santo, ma io faccio tante cose brutte. Questo non serve, questo fa male, questo scandalizza, e non aiuta». Quando preghiamo dicendo: “Sia santificato il tuo nome”, ha spiegato il Papa, «si sente tutta l’ammirazione di Gesù per la bellezza e la grandezza del Padre, e il desiderio che tutti lo riconoscano e lo amino per quello che veramente è. E nello stesso tempo c’è la supplica che il suo nome sia santificato in noi, nella nostra famiglia, nella nostra comunità, nel mondo intero. È Dio che santifica, che ci trasforma con il suo amore – ha commentato Francesco – ma nello stesso tempo siamo anche noi che, con la nostra testimonianza, manifestiamo la santità di Dio nel mondo, rendendo presente il suo nome».
«Il male ha i giorni contati. Il male non è eterno. Il male non può più nuocerci». Ne è convinto il Papa, che ha spiegato: «È arrivato l’uomo forte che prende possesso della sua casa, e questo uomo forte è Gesù, che ci dà la forza di prendere possesso della nostra casa interiore»”. «La preghiera scaccia ogni timore», ha assicurato Francesco: «Il Padre ci ama, il Figlio alza le braccia affiancandole alle nostre, lo Spirito lavora in segreto per la redenzione del mondo”. “Noi non vacilliamo nell’incertezza, ma in una grande certezza”, le parole del Papa: “Dio mi ama, Gesù ha dato la vita per me, lo Spirito è dentro di me. E questa è la grande cosa certa. E il male? Ha paura. E questo è bello». «La santità di Dio è una forza in espansione, e noi supplichiamo perché frantumi in fretta le barriere del nostro mondo», ha sottolineato Francesco: «Quando Gesù incomincia a predicare, il primo a pagarne le conseguenze è proprio il male che affligge l’uomo. Gli spiriti maligni imprecano: ‘Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!'”. “Non si era mai vista una santità così: non preoccupata di sé stessa, ma protesa verso l’esterno”, ha commentato il Papa: “Una santità – quella di Gesù – che si allarga a cerchi concentrici, come quando si getta un sasso in uno stagno».