Accetta il colloquio con Famiglia Cristiana nelle ore in cui si diffonde la notizia che la Procura di Bergamo intende sentire come persone informate sui fatti il premier Giuseppe Conte, il ministro della Salute Roberto Speranza e anche lei sulla mancata istituzione della zona rossa nei Comuni di Nembro e di Alzano Lombardo: una circostanza rispetto alla quale risponde con un garbato quanto fermo «no comment».
Luciana Lamorgese, 66 anni, sposata, due figli, lavora al Viminale dal 1979: già capo di gabinetto e prefetto di Venezia e di Milano, dal 5 settembre 2019 è ministro dell’Interno.
Lockdown: quale bilancio fa dal suo originale punto di osservazione?
«Gli italiani hanno offerto una grande prova di maturità nel momento in cui sono state introdotte per tutti forti limitazioni agli spostamenti e il distanziamento sociale, lo smart working, le lezioni on line per i professori e gli studenti. In altre parole, non era scontato far accettare un vero stravolgimento degli stili di vita. Il compito affidato alle forze di polizia di far rispettare le misure anti Covid-19 ha evidenziato che gli italiani sanno essere un popolo disciplinato. Dall’11 marzo al 7 giugno, sono stati controllati quasi 17 milioni di cittadini: i denunciati sono stati poco più di 450 mila. E anche i dati sugli esercizi commerciali rispecchiano questa tendenza: 10 mila sanzioni su 6,5 milioni di controlli».
Cosa ci aspetta nei prossimi mesi?
«Il virus non è stato sconfitto, è stata solo arginata la sua diffusione. L’Europa ha dimostrato di avere imboccato la strada giusta, ma non dobbiamo illuderci: una possibile seconda ondata dei contagi, infatti, ci metterebbe in grande difficoltà e per questo, pur avendo riacquistato la libertà di movimento, siamo in una fase in cui non possiamo permetterci il lusso di abbassare la guardia».
Cosa pensa delle polemiche circa i “confini” aperti, sia sul piano nazionale tra regioni, che su quello europeo tra Paesi membri dell’Ue?
«Il meccanismo delle riaperture delle frontiere interne ed esterne dell’Unione europea ha dovuto necessariamente tenere conto dell’andamento delle curve epidemiologiche. Per quanto riguarda la libera circolazione all’interno dell’area Schengen, l’Italia è riuscita a rispettare l’obiettivo della riapertura per il 3 giugno, facendo da apripista rispetto agli altri partner della Ue. Appare più complessa, invece, la situazione della riapertura delle frontiere esterne dell’Unione, perché tutti hanno riconosciuto che un mancato coordinamento tra i Paesi membri potrebbe determinare situazioni disomogenee difficilmente gestibili alla luce della riapertura delle frontiere interne»
Emergenza migranti: come si pensa di gestirla?
«L’immigrazione è un fenomeno strutturale che va gestito senza alimentare le paure. I fenomeni migratori, piuttosto, vanno governati facendo perno sul senso di responsabilità dell’Europa e favorendo, quando ci sono le condizioni, i corridoi umanitari per l’ingresso in sicurezza di chi scappa dalle zone di guerra e dalle dittature. L’Europa, con il contributo di alcuni Paesi più generosi di altri, che hanno dato vita a settembre del 2019 all’accordo di Malta, ha già espresso grande solidarietà nei confronti dell’Italia: e fino a al 20 febbraio, prima che l’emergenza Covid-19 bloccasse i trasferimenti, i numeri dei ricollocamenti ci hanno dato ragione. Anche per questo, ora, c’è la necessità di una nuova strategia migratoria per l’Unione europea, un passo in più che metta a regime un sistema basato su un meccanismo di ricollocazione a carattere obbligatorio dei migranti. Questo punto, insieme alla specificità della gestione delle frontiere marittime, costituisce l’architrave del documento sottoscritto da Italia, Spagna, Grecia, Cipro e Malta e poi inviato alla Commissione, che sta preparando la sua proposta su una rivisitazione del Trattato di Dublino».
E il pericolo dei contagi?
«Chi dall’Africa e dall’Asia si mette in marcia per cercare un futuro migliore, non si lascia scoraggiare da un lungo viaggio anche se questo si rivela costellato di insidie e di pericoli: lo abbiamo visto anche in questi ultimi tre mesi di emergenza Covid-19, in cui i flussi delle due rotte che più interessano l’Italia, quella mediterranea e quella balcanica, non si sono certo esaurite. Per questo a febbraio, ben prima dell’inizio del lockdown dell’8 marzo, il Viminale ha chiesto al ministero della Salute la definizione di un protocollo per il rafforzamento dei controlli sanitari sui migranti che arrivano in Italia via mare e via terra. In seguito abbiamo dovuto disporre l’utilizzo anche di traghetti per la quarantena dei migranti, in modo da non pesare sulle strutture del Servizio sanitario nazionale già sotto pressione a causa del Covid-19. I casi di contagio tra i migranti sono stati, almeno fino a ora, pochissimi, nell’ordine delle unità».
Emersione del lavoro nero. Dal primo giugno sono operative le norme cui il Viminale ha contribuito in modo determinante.
«Il processo di emersione del lavoro nero andrà avanti fino al 15 luglio. I primi dati che arrivano ci indicano una consistente linea di tendenza crescente ed evidenziano picchi di circa 2.500 domande registrate ogni giorno, con un peso maggiore del lavoro domestico e dell’assistenza alla persona».
Di recente, comunque, il vescovo di San Severo ha lanciato l’ennesimo accorato appello contro il lavoro schiavo dicendo che molti sono rimasti esclusi dal decreto.
«A Foggia ho già partecipato a due comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza, e in un’occasione era presente anche il ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova. L’impegno del prefetto, delle forze di polizia e della magistratura contro il caporalato è costante sotto il profilo della repressione: risale a un mese fa l’arresto di due imprenditori agricoli foggiani accusati di sfruttamento della manodopera ai sensi della Legge Martina. Ma l’opera di prevenzione anticaporalato, affidata a specifiche task force, con la presenza di forze di polizia e di ispettori del lavoro, è altrettanto importante, così come sono fondamentali gli interventi strutturali negli insediamenti in cui vivono i migranti: a San Severo, in località Torretta Antonacci, anche in ragione dell’emergenza Covid- 19, sono stati installati 107 moduli abitativi. Su tutti gli otto insediamenti spontanei sorti in provincia di Foggia è stato avviato un monitoraggio sanitario per il contenimento del Covid-19. Sulla circostanza che la regolarizzazione è stata limitata all’agricoltura e al lavoro domestico, ricordiamoci che un provvedimento di emersione non veniva fatto dal 2012 e quindi io rimango dell’idea di vedere in positivo anche un passo che altri giudicano parziale. Tutto è migliorabile, ma è un fatto importante che il Governo sia riuscito a trovare un accordo su un tema molto sensibile per la maggioranza».
Ripresa e infiltrazioni mafiose.
«Magistratura e forze di polizia stanno monitorando con molta attenzione i segnali che indicano i cambiamenti di strategia, talvolta molto veloci, operati dalla criminalità organizzata, non solo mafiosa. In questo momento, infatti, c’è un rischio di infiltrazione nei settori dell’economia legale più colpiti e quindi caratterizzati da una mancanza di liquidità senza precedenti: è fondamentale, dunque, la rapida erogazione delle ingenti risorse destinate a famiglie e imprese in difficoltà per evitare che la situazione di sofferenza economica e sociale si trasformi in occasione di illeciti e facili guadagni per la criminalità. Eventuali ritardi rischiano di favorire i sodalizi criminali che possono mettere a disposizione, anche con prestiti usurari, i loro “aiuti” per fare fronte alla crisi; ma non per questo lo Stato può rinunciare ai controlli antimafia per scongiurare che soldi pubblici finiscano in mani sbagliate. In questa direzione il protocollo con la Sace ha introdotto modalità spedite per i controlli antimafia, coniugando così velocità dell’accesso alle misure di sostegno e rigoroso accertamento della sussistenza di infiltrazioni criminali, con la revoca dell’erogazione nel caso di adozione di una interdittiva antimafia».
Ci sono stati momenti difficili, durante il lockdown, con la Cei: in tanti hanno pensato e detto che lo Stato ha interferito nella vita autonoma della Chiesa. Com’è la situazione oggi?
«Durante il lockdown il Viminale ha avuto rapporti quotidiani con i vertici della Conferenza episcopale italiana e, fin dal primo momento, ci siamo attivati per affrontare il problema di contemperare l’esercizio del diritto alla libertà di culto con le esigenze sanitarie di contenere la diffusione del Covid-19. Non è mai stata prevista la chiusura delle chiese, salvo autonome decisioni dell’autorità ecclesiastica: è stato comunque garantito lo svolgimento delle funzioni, seppure senza la partecipazione del popolo, ed è stata assicurata in pieno lockdown la possibilità per i singoli fedeli di poter pregare in chiesa, pur osservando il distanziamento interpersonale; in seguito, sempre d’intesa con la Cei, abbiamo restituito alle famiglie dei defunti la possibilità di partecipare ai funerali seppure in un numero massimo di 15 congiunti; infine, a Palazzo Chigi, c’è stata la firma del Protocollo con il presidente della Conferenza episcopale, cardinale Gualtiero Bassetti, per la ripresa delle funzioni liturgiche alla presenza dei fedeli. Analoghe procedure sono state attivate per sottoscrivere i protocolli con le altre comunità di fede nell’ambito del compito istituzionale del Viminale di garantire la libertà di culto».
Ha mai incontrato papa Francesco?
«Ho avuto il privilegio e l’onore di incontrare e di parlare con Sua Santità, che mi ha ricevuto con un tratto umano e di immediatezza che sarà davvero difficile dimenticare. Le preghiere di papa Francesco per gli ammalati e le sue riflessioni sulle tante persone in difficoltà economica e senza lavoro sono state di grande stimolo anche per chi, come noi, è chiamato a governare il Paese in questa situazione senza precedenti. Rimarranno nella storia le immagini del Pontefice che la sera del 27 marzo, in una piazza San Pietro deserta e battuta dalla pioggia, lancia al mondo intero un messaggio di solidarietà e di speranza. In un momento in cui tutto sembrava che dovesse naufragare».