Cari lettori,
dopo diciassette anni lascio
la direzione di Famiglia
Cristiana e colgo l’occasione
per esprimere qualche ringraziamento:
innanzitutto
alla mia congregazione, la Società San
Paolo editore della rivista, perché ha
avuto fiducia in me e mi ha dato l’onore
(ma anche l’onere) di dirigere questo
straordinario settimanale che, da più di
ottant’anni, è punto di riferimento per
la vita del Paese e della Chiesa italiana:
fiducia che spero sia stata ben riposta;
un grazie a tutti i giornalisti e i collaboratori
per avermi aiutato a mantenere
alto il prestigio della rivista, in
continuità con il mio predecessore,
don Leonardo Zega, che è stato per
me un grande maestro di giornalismo;
lui mi ha insegnato a declinare con
professionalità il motto dell’Alberione
“Parlare di tutto cristianamente”, che è
il cuore della nostra missione paolina
attraverso i mass media.
Un immenso grazie, infine, a voi
lettori, per la fedeltà con la quale
ci seguite da anni e per la concreta
generosità con cui avete risposto
a ogni nostro appello: non faremo
mai abbastanza per ripagarvi di questa
amicizia e familiarità; voi siete
cresciuti con Famiglia Cristiana, una
presenza amica che entra ogni settimana
nelle vostre case, ma anche noi
abbiamo appreso tantissimo da voi.
Almeno io. Mi siete stati vicini e solidali
nell’affrontare le difficili sfide di
questi anni: a difesa della famiglia
dai continui attacchi che ne volevano
e ne vogliono ancora la dissoluzione;
nel dare voce agli ultimi
della società, raccontando le periferie
geografiche e dell’esistenza in
Italia e nel mondo; nello stimolare i
rappresentanti delle istituzioni a una
“politica alta”, con più etica e in vista
del “bene comune”; nel promuovere la
dignità e i diritti di ogni persona umana,
al di là della provenienza, del colore
della pelle e del credo religioso, in anni
in cui le leggi italiane erano tese più a
escludere che a includere chi cercava speranza nelle nostre terre, fuggendo
dalla guerra o dalla fame.
La mia “stella polare” è sempre
stato il Vangelo, nella sua scomodità
e nell’andare controcorrente, declinato
nei princìpi della Dottrina sociale
della Chiesa. Abbiamo raccontato
una “Chiesa povera e per i poveri”, una
“Chiesa samaritana” (espressioni care
a papa Francesco), che cammina in
mezzo agli uomini curandone le ferite
e lenendone i dolori. Tra i tanti ricordi
che porto con me, uno mi è molto caro:
è un riconoscimento che mi ha ripagato
di tante fatiche e sofferenze. «Nel silenzio
assordante di chi avrebbe dovuto
alzare la voce a difesa degli ultimi e
degli immigrati», mi ha scritto un lettore,
«devo ringraziarla, caro direttore,
perché lei con i suoi editoriali non ci
ha fatto vergognare d’essere cristiani».
Cari lettori, so di lasciare la direzione
in buone mani. Al nuovo direttore,
don Antonio Rizzolo, faccio i
più sinceri auguri, certo che saprà innovare
nella continuità, garantendo
alla testata quell’autonomia, coerenza
e libertà di pensiero che, da sempre,
l’hanno contraddistinta come una
delle voci più autorevoli nel panorama
editoriale italiano e non solo. Un caro
saluto a tutti e un ricordo nel Signore.
QUESTI ANNI DENTRO LA STORIA AL SERVIZIO DELLA VERITÀ
Volarono anni brevi come giorni.
A ripercorrere gli anni della direzione
di don Antonio Sciortino
vengono in mente i versi
di Montale. Diciassette anni intensi,
appassionati, difficili, volati attraverso
mutamenti epocali: gli anni della
globalizzazione successivi alla caduta
del Muro di Berlino che hanno visto
Tangentopoli, la Seconda Repubblica,
l’attentato alle Torri gemelle,
l’avvento di Internet, l’emergere del
“Nuovo Mondo” cinese, le migrazioni,
le nuove e vecchie povertà, il crollo finanziario del 2008, la crisi economica
che ha trascinato nel vortice le famiglie,
il declino dell’Unità europea, il
terrorismo e il radicalismo islamico,
il martirio dei cristiani, così simile a
quello dei primi secoli, le guerre che
infiammano il pianeta. E su tutto
la voce della Chiesa che dal lungo
pontificato di “Karol il Grande”,
san Giovanni Paolo II, ha attraversato
la storia fino a Benedetto XVI e
a Francesco, il Papa che viene “dalla
fine del mondo”.
La Famiglia Cristiana diretta da
Sciortino ha attraversato questi anni
veloci e simili a epoche straordinarie
all’insegna di un giornalismo libero,
obiettivo, appassionato e coraggioso,
raccontando le nuove stagioni della
Chiesa, della cronaca e dell’attualità,
interpretando i cambiamenti alla
luce del Concilio e aggiornandolo allo
spirito dei tempi, fino a precorrere in
tanti servizi ed editoriali il magistero
di Francesco. Anni tumultuosi e per
niente facili anche sul piano della
politica italiana e internazionale.
Alla classe politica i nostri editoriali
e i nostri servizi non hanno mai fatto
sconti, denunciando soprattutto il
basso livello cui era giunta. Alcuni diventarono
un caso politico-editoriale,
come quello del 2008 sul “Presidente
spazzino nell’Italia da marciapiede”,
dedicato all’invio a fini propagandistici
dei militari nelle periferie da
parte del Governo Berlusconi, in cui
si denunciava il rischio di “una guerra
tra poveri”, o l’attacco al Governo Prodi
per non aver difeso adeguatamente
i bisogni delle famiglie e aver proposto
i “Dico” nelle unioni civili. “Pasticcio
veltroniano in salsa pannelliana”
era il titolo di un altro durissimo editoriale
che denunciava la deriva radicale
che aveva preso il Pd di Veltroni.
Così come non sono mancati contro
Famiglia Cristiana gli attacchi velenosi
di un certo giornalismo “che da
cane da guardia si fa cane di servizio”.
La bussola di questi burrascosi
anni è stata la Chiesa in tutte le sue
articolazioni, soprattutto la Chiesa
degli ultimi, la “Chiesa scalza” amata
da papa Francesco, attenta alle vecchie
e nuove povertà e ai bisogni della
famiglia, altro faro della direzione e
dei suoi giornalisti nell’interpretare
i cambiamenti del nostro tempo.