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domenica 09 febbraio 2025
 
giornata della memoria
 

«Io, ad Auschwitz, in nome di mio nonno Gino Bartali»

25/01/2019  La toccante testimonianza della nipote del grande campione di ciclismo che con la sua bicicletta salvò 800 ebrei italiani: «Calpestare le strade, toccare i muri, salire le scale ha reso reale quell’orrore»

Gioia Bartali all'ingresso del campo di sterminio di Birkenau
Gioia Bartali all'ingresso del campo di sterminio di Birkenau

Ecco la riflessione della nipote del grande campione che nei giorni scorsi nell’ambito di un progetto del ministero del’Istruzione ha visitato i campi di sterminio nazisti di Auschwitz e Birkenau, in Polonia, pensando a tutti quegli ebrei che il nonno con la sua bicicletta, e nella discrezione più assoluta, ha salvato dal lager negli anni tra il 1943 e il ’45. Di recente, per Baldini+Castoldi è uscito il libro di Alberto Toscano, Gino Bartali – Una bici contro il fascismo (prefazione di Gianni Mura).

Il mio viaggio ad Auschwiz-Birkenau non è mai finito perché ci sono viaggi che ti lasciano uno sgomento troppo grande che non riesci più a strapparti di dosso. Il freddo mi ha accompagnata tutto il tempo nei passi e nei miei pensieri, mi è entrato nelle ossa fino a toccarmi l’anima. Mani e piedi intorpiditi, dolenti ma nessun lamento. Il pensiero era per loro, per tutti quelli che in quel campo hanno vissuto senza coperte calde, senza scarponi imbottiti e tanto meno guanti. Calpestare le loro strade, toccare i loro muri, salire le loro scale, ha reso reale qualsiasi tipo di sensazione.

Ho cercato di assimilare quanto più possibile perché ne sentivo il bisogno. I nostri sguardi erano gli stessi, mi ero persa in una storia vissuta ma brutalmente viva nei racconti dei superstiti che proprio li hanno descritto ogni momento in ogni dove. Le sorelle Bucci con noi, le uniche due bambine italiane sotto i 10 anni sopravvissute a quell’inferno. La commozione della loro voce ha travolto le nostre coscienze, da bambine giocavano intorno ai mucchi di corpi inermi e freddi come se per loro fosse una cosa normale.

Per loro il viaggio non è mai finito, Andra Bucci aveva 4 anni eppure ancora oggi chiudendo gli occhi ha memoria di ogni più piccolo particolare. Ci stringiamo a loro, tutti avremmo voluto abbracciarle, confortarle ma è troppo tardi. Hanno vissuto una vita impregnata di dolore, lo stesso che ogni sopravvissuto ha portato con se come un coltello piantato nel cuore. Credo che una parte di me oggi abbia assimilato tutto questo.

Mio nonno in quel periodo ha agito con la consapevolezza di conoscere l’atroce destino riservato a tutti i perseguitati destinati ai campi di sterminio e quando ha deciso di dare il suo aiuto per salvarli sapeva esattamente quale fosse la cosa giusta da fare.

Con i suoi viaggi silenziosi ha contribuito alla salvezza di 800 ebrei risparmiandoli da un destino crudele. Ha agito da buon cristiano, sostenuto dalla sua profonda fede e dal suo immenso coraggio. Un uomo umile e silenzioso che ha messo a repentaglio la sua vita e quella della sua famiglia consapevole di poterne salvare tantissime altre. Oggi posso dire che la sua consapevolezza è la mia. Avevo bisogno di questo, avevo bisogno di capire. L’immensa tragedia umana dell’olocausto non basta più leggerla sui libri, bisogna viverla respirando lo stesso odore proprio nei luoghi dove milioni di innocenti sono stati sterminati con profonda crudeltà e disprezzo.   

Gioia Bartali

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