«L’unico blocco operatorio di tutta la regione, quello dell'ospedale centrale, è inservibile, è stato scoperchiato e allagato. Le scuole sono state chiuse a tempo indeterminato; le aule hanno i tetti di lamiera e praticamente tutti sono stati divelti. L’emergenza riguarda anche l’approvvigionamento di alimenti. Il cibo per molte famiglie è già un’emergenza, e anche in città le scorte sono limitate perché molti magazzini e negozi sono stati scoperchiati e le derrate alimentari perdute».
È la testimonianza di monsignor Claudio Dalla Zuanna, vescovo di Beira, raggiunto dall’agenzia Dire. «Delle 25 parrocchie dell'area», continua, «praticamente tutte hanno avuto danni più o meno gravi, e tre chiese sono state letteralmente rase al suolo».
«Impressiona», continua monsignor Dalla Zuanna, «che in questo scenario quando si chiede a qualcuno come stia, generalmente risponde “bene”, con un sorriso sulle labbra. In periferia, dove le casette sono molto precarie, tutte le lamiere volate dai tetti sono state raccolte e ognuno ha cercato di fare per la sua famiglia un piccolo rifugio, magari appoggiando un paio di lamiere alle uniche due pareti rimaste.
Il ciclone Idai, che si è abbattuto sul Mozambico la notte di giovedì 14 marzo, ha causato più di 300 vittime (ma si teme che il numero finale possa essere molto più alto) e oltre un milione e mezzo di sfollati.
Particolarmente grave è la situazione della città di Beira, nel Nord del Paese, che di fatto è quasi totalmente distrutta.
Le prime testimonianze che arrivano dai soccorritori sono drammatiche: «Molte comunità dell’entroterra sono isolate», spiega Daniele Barbone, amministratore delegato del Cesvi (Ong di Bergamo che già operava nel Paese africano), «I danni si prospettano enormi, anche se al momento è impossibile stimarne la reale entità. Per di più, nei prossimi giorni sono previste nuove esondazioni dei fiumi presenti nella regione. I nostri operatori presenti in città ci riferiscono di scarsità d’acqua potabile e innalzamento dei prezzi dei beni alimentari e di prima necessità».
«Siamo in una fase di vera emergenza», aggiunge. «Occorre ripartire da zero per offrire supporto in modo tempestivo alla popolazione delle aree colpite».
Un team di Cesvi partirà in queste ore per raggiungere le aree colpite e iniziare a dare aiuto per i bisogni più stringenti. «Ci stiamo muovendo per avviare interventi umanitari che possano salvare la vita della popolazione messa in ginocchio dalla forza distruttrice del ciclone», spiega Lorena D’Ayala Valva, coordinatrice delle emergenze di Cesvi. «Ci stiamo mobilitando per dare assistenza alla popolazione, coordinandoci con la comunità nazionale e internazionale presente in Mozambico. I prossimi giorni saranno decisivi per capire la gravità dei danni e definire le priorità d’azione».
Anche dal Cuamm-Medici con l’Africa (presente da molti anni in Mozambico) giungono notizie terribili. A una settimana dal passaggio del cyclone, «restano interrotti i contatti telefonici», comunica l’Ong di Padova, «le strade sono state distrutte, i soccorsi e i rifornimenti possono arrivare ancora solo con elicotteri e piccoli aerei. Piogge pesanti sono attese nei prossimi giorni, con rischio di nuove esondazioni e morti». Il Cuamm riferisce che sono 30 le strutture sanitarie distrutte, tra le quali «anche ampie parti dell’Ospedale centrale di Beira», nel quale operavano I medici dell’organismo umanitario.
«Il 20 marzo è stata dichiarata l’emergenza nazionale», aggiunge Giovanna De Meneghi, rappresentante in Mozambico di Medici con l’Africa Cuamm. «Continua a piovere e c’è il codice rosso di emergenza per le piene, che potrebbero innalzare ulteriormente i livelli di acqua nei distretti limitrofi a Beira, già allagata per la sua localizzazione sotto il livello del mare. Il distretto di Buzi è il più colpito: lì l’acqua raggiunge i sette metri, ci sono ancora persone sui tetti delle case e sugli alberi e la zona deve essere evacuata completamente al più presto. In tutto, nei distretti periferici, 400.000 persone sono ancora completamente inaccessibili. Nella città di Beira il costo del cibo è diventato carissimo ed è difficile avere acqua potabile; c’è stata serie di assalti alle case anche violenti».
«Servono urgentemente kit per il primo soccorso negli ospedali da campo», conclude De Meneghi, «per garantire operazioni di emergenza e medicazioni per i traumi. Servono anche cibo, abiti, acqua potabile, materiale per la costruzione dei rifugi di emergenza».
«Idai è un ciclone tropicale», sottolinea Alessandro Grassini, segretario generale di Helpcode, una organizzazione non governativa di Genova che da 30 anni lavora in Mozambico. «Un uragano che si è sviluppato nell’emisfero meridionale. I cicloni in Mozambico sono un fenomeno piuttosto raro, e difficilmente raggiungono questa intensità. Se i venti dei pochi cicloni superano i 200 chilometri orari un paio di volte ogni dieci anni, quelli di Idai hanno raggiunto i 315 chilometri orari nel momento di massima velocità. È un’intensità paragonabile a quella dell’uragano Irma, che colpì la Florida nel 2017, uno dei più violenti degli ultimi vent’anni: ma quando giovedì scorso Idai ha colpito le coste del Mozambico erano passate meno di 24 ore dal momento della sua massima intensità». Il responsabile di Helpcode nel Paese africano, Paolo Gomiero, insiste sulla «priorità in questo momento di salvare la vita alle persone rifugiate sui tetti e sugli alberi. I sopravvissuti hanno perso ogni cosa. Se tutte queste persone potessero urlare insieme la loro sofferenza sarebbe un coro assordante. Una tragedia, risultato della complessità di confrontarsi con eventi naturali sempre più estremi».
Il Nord del Mozambico è la zona più colpita, ma non la sola. Il ciclone Idai, dopo essere passato su Beira il 14 marzo, ha proseguito la sua corsa nei tre giorni seguenti abbattendosi sul Malawi e su parte dello Zimbabwe. I danni sono ingenti anche in questi altri due Paesi. La stima è che, complessivamente, siano due milioni e mezzo le persone colpite dalla furia di Idai. Quindi avrebbe causato un milione di sfollati anche tra Zimbabwe e Malawi.
COME CONTRIBUIRE
Le realtà missionarie e di cooperazione impegnate in queste ore in Mozambico hanno aperto sottoscrizioni per sostenere lo sforzo di operare con la massima rapidità nell’emergenza. Ecco alcune indicazioni, per chi volesse aiutare la popolazione mozambicana, ma anche del Malawi e dello Zimbabwe.
CESVI di Bergamo Le indicazioni sono sul sito www.cesvi.org oppure si può chiamare il numero verde 800.036.036.
Cuamm-Medici con l’Africa Le indicazioni per fare una donazione sono sul sito: www.mediciconlafrica.org
Helpcode Basta andare sul sito www.helpcode.org oppure fare un versamento all’ IBAN IT 59 I 03111 01401 000000004218, specificando la causale “Emergenza Mozambico”.
Medici senza frontiere Si può sostenerne l’attività per le popolazioni colpite dal ciclone attraverso il Fondo Emergenze sul sito: www.msf.it/ciclone
Comunità di Sant’Egidio È possibile sostenere gli aiuti secondo le modalità indicate su www.santegidio.org.
Fondazione Nigrizia onlus ha aperto una sottoscrizione per le missioni comboniane nei tre Paesi colpiti dalla calamità. Si può donare con le seguenti opzioni:
Bonifico bancario: BANCA POPOLARE – Conto intestatato a FONDAZIONE NIGRIZIA ONLUS - IBAN: IT23 M 05034 11715 0000000 12639 - BIC: BAPPIT21015
Conto corrente postale: n. 7452142 intestato a FONDAZIONE NIGRIZIA ONLUS: - IBAN: IT87 V 076 0111 7000 0000 7452142 - BIC: BPPIITRRXXX Nella causale va indicato: Progetto AF 110
(foto in alto: Reuters)