(Sopra: Adriana Faranda. Nella foto di copertina: Adriana Faranda, Manlio Milani e Agnese Moro)
Pubblichiamo la lettera aperta di Agnese Moro, figlia dello statista assassinato, Manlio Milani, familiare di una vittima di Piazza della Loggia e di Sabina Rossa in risposta alle polemiche sollevate anche da Alessandra Galli e altri magistrati che avevano criticato la presenza di Adriana Faranda e altri ex terroristi a un corso sulla giustizia riparativa previsto a Scandicci alla scuola di magistratura, poi parzialmente cancellato per le polemiche.
Desideriamo esprimere
la nostra amarezza per la decisione della Scuola Superiore della
Magistratura di
annullare l'invito, da tempo rivoltoci, a presentare il nostro percorso di
giustizia
riparativa (reso
pubblico con il Libro dell'incontro, il Saggiatore 2015) e di impedirci, così,
di
dialogare con i
magistrati all'interno di un corso di formazione su "Giustizia riparativa
e
alternative al
processo e alla pena", organizzato dalla Scuola stessa.
Della decisione
dispiacciono
particolarmente alcune cose.
1. Non aver potuto
rispondere alle attese dei partecipanti, probabilmente interessati a
conoscere
un'esperienza di giustizia riparativa durata molti anni e che ha coinvolto
tante
persone così diverse
per storie, temperamento, culture.
2. Non aver potuto
ricevere dai partecipanti, così qualificati, suggerimenti, osservazioni,
consigli
che sarebbero stati
preziosi per il futuro del nostro cammino.
3. Vedere trattati i partecipanti
stessi come se fossero
persone incapaci di discernere situazioni e affermazioni. Come non si
stesse parlando di
chi, per il suo lavoro, deve farlo continuamente a fronte di situazioni ben più
complesse e difficili
rispetto a una esperienza di incontro tra vittime e autori di reato.
4. Vedere una certa
sacralizzazione della Scuola come se essa fosse custode esclusiva della
memoria dei caduti e
potesse essere contaminata, proprio lì dove si scambino idee ed
esperienze, dalla
presenza anche di persone che hanno compiuto azioni gravissime, seguite da
lunghi e sofferti
cammini significativi.
5. Dispiace poi, e
molto, che si sia giustificato l'annullamento dell'invito con l'idea che il
fatto che
persone che hanno
commesso reati, sono state giudicate e hanno scontato la loro pena,
parlando a magistrati
nella sede della Scuola, avrebbero offeso la nostra Costituzione. Non
possiamo accettarlo.
Sappiamo benissimo che la pena, nel nostro ordinamento costituzionale,
serve alla
rieducazione del condannato al quale non può essere chiesto, né ordinato, di
perdere
il diritto a esprimere
le proprie idee e le proprie esperienze, e con esse la propria personalità.
6. Dispiace molto,
infine, che nel comunicato stampa del Direttivo della Scuola, con cui si
annuncia
l'annullamento dell'incontro con i testimoni, non siano stati menzionati i nomi
di tutti gli
invitati, ma soltanto
quelli degli autori di reato, disconoscendone così pregiudizialmente il
percorso riparativo
che essi hanno fatto insieme a noi, vittime. Questo incontro è il cuore di un
percorso di giustizia
riparativa. Ci sembra che con questo "invito al silenzio" si sia
evidenziata
l'incapacità di
comprendere ciò che noi viviamo come un punto fermo: che la memoria
"pubblica"
richiede il racconto e l'ascolto delle memorie "diverse" e
particolari. Ciò non implica,
ovviamente, di essere
d'accordo, ma di aprire spazi di confronto dai quali possa emergere una
più piena consapevolezza
delle vie della violenza, per riconoscerle e prevenirne le tragiche
conseguenze.
Agnese Moro
Manlio Milani
Sabina Rossa