Il Premio Nobel per la Pace 2023 è uno schiaffo al regime iraniano e un incoraggiamento alle donne e tutti gli iraniani che lottano per la libertà e il rispetto dei diritti umani.
Il comitato di Oslo ha premiato Narges Mohammadi, 51 anni, attivista per i diritti umani e combattente per la libertà, attualmente rinchiusa in carcere. Il Nobel le è stato assegnato “per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e la sua lotta per promuovere i diritti umani e la libertà per tutti”.
Per le sue battaglie Narges Mohammadi, vice-presidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani - fondato dall'avvocata e attivista Shirin Ebadi, Nobel per la pace nel 2003 - ha pagato un costo personale tremendo. Il regime l’ha arrestata 13 volte, incarcerata 5 volte e in totale l’ha condannata a 31 anni di carcere e all’umiliazione di 154 frustate. Madre di famiglia, Nargis Mohammadi ha due gemelli di 16 anni, un maschio e una femmina. L’ultima volta che li ha abbracciati è stato otto anni fa. I due ragazzi vivono in esilio in Francia con il padre, Taghi Romani, scrittore e anche lui attivista per i diritti umani (è stato in carcere 14 anni).
Secondo il Comitato del Nobel, “il premio di quest’anno riconosce anche le centinaia di migliaia di persone che, lo scorso anno, hanno dimostrato contro le politiche di discriminazione e di oppressione contro le donne del regime teocratico dell’Iran”. “Il motto adottato dai dimostranti”, aggiunge il Comitato del Nobel, “Donna, Vita, Libertà esprime doverosamente la dedizione e il lavoro di Nargis Mohammadi”. Il riferimento è al movimento di protesta nato in Iran in seguito all’arresto, le sevizie e la morte della ragazza curda Mahsa Amini nel settembre del 2022, durante un fermo di polizia. In questi ultimi giorni un’altra ragazza iraniana, Armita Geravand, si trova in coma per un trauma cranico subito dopo un diverbio con la polizia morale nella metropolitana di Teheran.
Nella storia del Premio Nobel è la quarta volta che il riconoscimento viene assegnato a una persona rinchiusa in carcere. Nel 2022 uno dei tre premiati era stato il dissidente bielorusso Ales Bialiatski, anche lui in cella.
Lo scorso giugno, in un messaggio scritto fatto recapitare al New York Times, Nargis Mohammadi aveva dichiarato: «Il sostegno globale e il riconoscimento al mio impegno per i diritti umani mi rendono più risoluta, più appassionata e più speranzosa». Berti Reiss-Andersen, presidente del Comitato del Nobel per la Pace, ha dichiarato: «Se le autorità iraniane prendono la decisione giusta, dovranno liberarla perché possa essere presente a ricevere il premio, è quello che speriamo prima di tutto».