Papa Francesco accolto all'aeroporto di Seoul
La prima parola infomale che si sono scambiati papa Francesco e la presidente della Corea Park Geun-hye è stata "riconciliazione". E' cominciato così il viaggio a Seoul, il terzo viaggio internazionale del Pontefice. Un viaggio delicato, 15 anni dopo quello di Giovanni Paolo II, ma ricco di speranze. Sei giorni per rafforzare il dialogo e aprire spiragli anche nel resto dell'Asia. Per la prima volta un aereo papale ha sorvolato lo spazio aereo della Cina. E il Papa, com'è consuetudine volando su una nazione, ha inviato il suo telegramma al presidente XI Jin Ping, invocando benedizioni di pace e benessere sul Paese. Se il governo di Pechino ha autorizzato il passaggio del volo papale, ha però negato a 100 giovani cinesi di partecipare all'incontro che il Papa terrà con la gioventù asiatica. E la Corea del Nord, poco prima dell'arrivo del volo papale, ha sparato in mare tre missili, a testimoniare di quanto siano complessi i rapporti con questa area del mondo.
In aereo il Papa ha pregato con i giornalisti presenti per la morte del reporter italiano Simone Camilli, «uno dei vostri che oggi se n'è andato. Preghiamo in silenzio. Queste sono le conseguenze della guerra. Che la vostra parole aiuti sempre a unirsi al mondo e mi raccomando, date questo messaggio di pace», ha esortato il Pontefice. E sarà la pace il filo conduttore anche del suo viaggio in Corea.
Nella Blue house, il palazzo presidenziale, dopo un colloquio privato
con la presidente, papa Francesco ha incontrato, nel salone d'onore, le
principali autorità del Paese. A loro ha subito detto: «È una grande gioia per me venire in Corea, la
"terra del calmo mattino", e fare esperienza non solamente della
bellezza naturale del Paese, ma soprattutto della bellezza della sua
gente e della sua ricchezza storica e culturale. Questa eredità
nazionale è stata messa alla prova nel corso degli anni dalla violenza,
dalla persecuzione e dalla guerra. Ma nonostante queste prove, il calore
del giorno e l’oscurità della notte hanno sempre dato luogo alla calma
del mattino, cioè ad un’immutata speranza di giustizia, pace e unità.
Che grande dono è la speranza! Non possiamo scoraggiarci nel
perseguimento di queste mete che non vanno solo a beneficio del popolo
coreano, ma dell’intera regione e del mondo intero».
Dopo aver ringraziato per l'ospitalità il Papa ha proseguito ricordando che la sua «visita in
Corea avviene in occasione della VI Giornata Asiatica della Gioventù,
che raduna giovani cattolici da tutto questo vasto continente per una
gioiosa celebrazione della fede comune. Nel corso della mia visita
inoltre proclamerò beati alcuni coreani che morirono martiri per la fede
cristiana: Paul YunJi-chung e i suoi 123 compagni. Queste due
celebrazioni si completano a vicenda. La cultura coreana ben comprende
la dignità e saggezza proprie degli anziani e onora il loro ruolo nella
società. Noi cattolici rendiamo onore agli antenati che hanno subito il
martirio per la fede, perché sono stati pronti a donare la vita per la
verità in cui hanno creduto e in conformità alla quale hanno cercato di
vivere. Essi ci insegnano a vivere pienamente per Dio e per il bene del
prossimo».
Papa Francesco è poi tornato su un tema a lui caro, quello dell'attenzione ai giovani e agli anziani. «Un popolo grande e saggio non si limita ad amare le sue
antiche tradizioni, ma valorizza anche i giovani, cercando di
trasmettere loro l’eredità del passato e di applicarla alle sfide del
tempo presente. Tutte le volte che i giovani si riuniscono, come in
questa circostanza, è una preziosa opportunità offerta a tutti noi per
porci in ascolto delle loro speranze e delle loro preoccupazioni. Siamo
anche chiamati a riflettere sull’adeguatezza del modo di trasmettere i
nostri valori alle future generazioni e su quale tipo di società ci
stiamo preparando a consegnare loro».
In particolare il Papa si è soffermato sul dono della pace e sulla necessità di trasmettere ai giovani questo valore. «Questo appello
ha un significato del tutto speciale qui in Corea, una terra che ha
sofferto lungamente a causa della mancanza di pace. Esprimo il mio
apprezzamento per gli sforzi in favore della riconciliazione e della
stabilità nella penisola coreana e incoraggio tali sforzi, che sono
l’unica strada sicura per una pace duratura. La ricerca della pace da
parte della Corea è una causa che ci sta particolarmente a cuore perché
influenza la stabilità dell’intera area e del mondo intero, stanco della
guerra. La ricerca della pace rappresenta anche una sfida per
ciascuno di noi e in particolare per quelli tra voi che hanno il compito
di perseguire il bene comune della famiglia umana attraverso il
paziente lavoro della diplomazia».
La diplomazia, ha spiegato il Papa, «come arte del
possibile, è basata sulla ferma e perseverante convinzione che la pace
può essere raggiunta mediante il dialogo e l’ascolto attento e discreto,
piuttosto che attraverso reciproche recriminazioni, critiche inutili e
dimostrazioni di forza. La pace non è semplicemente assenza di guerra, ma opera della giustizia. E la giustizia, come virtù, fa appello alla tenacia della
pazienza; essa non ci chiede di dimenticare le ingiustizie del passato,
ma di superarle attraverso il perdono, la tolleranza e la cooperazione.
Essa esige la volontà di discernere e di raggiungere obiettivi
reciprocamente vantaggiosi, costruendo le fondamenta del mutuo rispetto,
della comprensione e della riconciliazione».
Il Papa ha poi assicurato il sostegno della comunità cattolica agli sforzi di pace e di sviluppo del Paese. «I vostri sforzi come leaders
politici e civili sono in ultima analisi diretti a costruire un mondo
migliore, più pacifico, più giusto e prospero, per i nostri figli». Anche la Corea, «come la maggior parte delle nazioni sviluppate, si confronta
con rilevanti problematiche sociali, divisioni politiche, diseguaglianze
economiche e preoccupazioni in ordine alla gestione responsabile
dell’ambiente. Com’è importante che la voce di ogni membro della società
sia ascoltata, e che venga promosso uno spirito di aperta
comunicazione, di dialogo e di cooperazione! E’ ugualmente importante
che sia data speciale attenzione ai poveri, a coloro che sono
vulnerabili e a quelli che non hanno voce, non soltanto venendo incontro
alle loro immediate necessità, ma pure per promuoverli nella loro
crescita umana e spirituale». E, infine, il Papa, ricordando anche il monito di Giovanni Paolo II, ha sottolineato che nutre «la speranza che la democrazia coreana
continuerà a rafforzarsi e che questa nazione dimostrerà di primeggiare
anche in quella "globalizzazione della solidarietà" che è oggi
particolarmente necessaria: quella solidarietà che ha come obiettivo lo
sviluppo integrale di ogni membro della famiglia umana».