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lunedì 21 aprile 2025
 
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«La Croce non è mai di moda, Gesù non è il messia vincente adulato dal mondo»

12/09/2021  Francesco a Budapest celebra la Messa conclusiva del 52esimo Congresso Eucaristico Internazionale: «Il cammino cristiano non è una rincorsa al successo, ma comincia con un passo indietro, con un decentramento liberatorio, con il togliersi dal centro della vita»

Le immagini sembrano quelle dei soliti viaggi del Papa prima della pandemia. Erano attese 75 mila persone, ma sono molte di più (100mila solo in piazza degli Eroi, secondo gli organizzatori, più gli altri fedeli che partecipano alla Messa dalle aree limitrofe) quelle che si assembrano lungo i bordi della strada. Senza mascherine, come prevede la legislazione ungherese, i fedeli seguono il Pontefice e gli presentano i bambini più piccoli perché li benedica e li baci. Il Papa fa il giro della piazza cercando di salutare un po’ tutti.

Poi comincia la Messa solenne, in latino, e con i paramenti per la concelebrazione arrivati dall'Apostolato liturgico di Cinisello Balsamo, per la chiusura del 52° Congresso Eucaristico Internazionale. Presente il patriarca Bartolomeo e vescovi provenienti da tutti i Paesi del mondo. Francesco spiega il brano del Vangelo di Marco e parla del passaggio decisivo che ciascuno di noi deve fare, come i discepoli, «dall’ammirazione per Gesù all’imitazione di Gesù». Parte dalla domanda ai discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?». Una domanda che li mette alle strette. Perché «essi conoscevano bene Gesù, non erano più dei principianti: avevano familiarità con Lui, erano stati testimoni di molti miracoli compiuti, rimanevano colpiti dal suo insegnamento, lo seguivano dovunque andava. Eppure, non pensavano ancora come Lui». E quando Pietro risponde, giustamente, «Tu sei il Cristo», Gesù impone «severamente di non parlare ad alcuno di lui». Perché, si chiede il Papa, «un divieto così drastico?». E spiega che «dire che Gesù è il Cristo, il Messia, è esatto ma incompleto. C’è sempre il rischio di annunciare una falsa messianicità, secondo gli uomini e non secondo Dio».

Da quel momento Gesù «comincia a rivelare la sua identità, quella pasquale, quella che troviamo nell’Eucaristia. Spiega che la sua missione sarebbe culminata, sì, nella gloria della risurrezione, ma passando attraverso l’umiliazione della croce». Gesù impone il silenzio sula sua identità, ma non sulla croce che lo attende. Anzi, comincia a parlare sempre di più della croce. Anche noi possiamo restare esterrefatti di fronte a questo perché «la croce non è mai di moda». Anche oggi noi «vorremmo un messia potente anziché un servo crocifisso. L’Eucaristia sta davanti a noi per ricordarci chi è Dio. Non lo fa a parole, ma concretamente, mostrandoci Dio come Pane spezzato, come Amore crocifisso e donato. Possiamo aggiungere tanta cerimonia, ma il Signore rimane lì, nella semplicità di un Pane che si lascia spezzare, distribuire e mangiare. Per salvarci, si fa servo; per darci vita, muore».

Anche noi come Pietro ci ribelliamo alla croce, di fronte alla «prospettiva del dolore, l’uomo si ribella. E Pietro, dopo aver confessato la messianicità di Gesù, si scandalizza delle parole del Maestro e tenta di dissuaderlo dal procedere sulla sua via». È il conflitto tra il «“pensare secondo Dio” e il “pensare secondo gli uomini”. Da un lato, c’è la logica di Dio, che è quella dell’amore umile. La via di Dio rifugge da ogni imposizione, ostentazione e trionfalismo, è sempre protesa al bene altrui, fino al sacrificio di sé. Dall’altro lato c’è il “pensare secondo gli uomini”: è la logica del mondo, attaccata all’onore e ai privilegi, rivolta al prestigio e al successo. Qui contano la rilevanza e la forza, ciò che attira l’attenzione dei più e sa farsi valere di fronte agli altri».

Pietro rimprovera Gesù, tenta di distoglierlo dalla croce. È da qui che capiamo che «la differenza non è tra chi è religioso e chi no. La differenza cruciale è tra il vero Dio e il dio del nostro io. Quanto è distante Colui che regna in silenzio sulla croce dal falso dio che vorremmo regnasse con la forza e riducesse al silenzio i nostri nemici! Quanto è diverso Cristo, che si propone solo con amore, dai messia potenti e vincenti adulati dal mondo! Gesù ci scuote, non si accontenta delle dichiarazioni di fede, ci chiede di purificare la nostra religiosità davanti alla sua croce, davanti all’Eucaristia». Di fronte alla tentazione di Pietro Gesù risponde: «Va’ dietro a me, Satana».

Ed è così che «Gesù riconduce Pietro a sé, con un comando accorato, forte. Ma il Signore, quando comanda qualcosa, in realtà è lì, pronto a donarla. E Pietro accoglie la grazia di fare “un passo indietro”. Il cammino cristiano non è una rincorsa al successo, ma comincia con un passo indietro, con un decentramento liberatorio, con il togliersi dal centro della vita. Allora Pietro riconosce che il centro non è il suo Gesù, ma il vero Gesù. Cadrà ancora, ma di perdono in perdono riconoscerà sempre meglio il volto di Dio. E passerà dall’ammirazione sterile per Cristo all’imitazione concreta di Cristo». Camminare dietro Gesù significa «andare avanti nella vita con la sua stessa fiducia, quella di essere figli amati di Dio».

In questo ci aiuta l’eucaristia che ci spinge «a sentirci un solo Corpo, a spezzarci per gli altri». Infine Francesco ricorda che «questo Congresso Eucaristico Internazionale è un punto di arrivo di un percorso», ma deve essere anche «un punto di partenza. Perché il cammino dietro a Gesù invita a guardare avanti, ad accogliere la svolta della grazia, a far rivivere ogni giorno in noi quell’interrogativo che, come a Cesarea di Filippo, il Signore rivolge a noi suoi discepoli: “Ma voi, chi dite che io sia?”».

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