Comincia con toni lievi, il Papa. «Voi oggi rappresentate la grande famiglia di Famiglia Cristiana», dice Francesco alle oltre 1100 persone giunte nell’aula Paolo VI per festeggiare il compleanno del giornale. «Non è un gioco di parole», sorride. E spiega: «La rivista cattolica più diffusa d’Italia compie 90 anni: è una nonna, come una brava nonna che ne ha viste tante e ha acquistato saggezza». Indica poi obiettivi e suggerisce un metodo, Jorge Mario Bergoglio rivolgendosi ai dirigenti, ai giornalisti, al personale amministrativo e ai lettori. «L’evangelizzazione» rimane il mandato di sempre, ricorda il Santo Padre. Cita il fondatore, il beato Giacomo Alberione: voleva «una rivista» che portasse «nelle famiglie una visione cristiana della realtà, dell’attualità, dei grandi temi del mondo e della Chiesa». Un traguardo da tagliare scrutando i segni dei tempi. Ciò significa, puntualizza il Pontefice della Laudato si’ e della Fratres omnes, che «fraternità ed ecologia integrale» sono strade obbligate, da percorrere ricorrendo al «dialogo e all’ascolto che permettono di coltivare le relazioni».
«Questa è sempre stata la linea editoriale principale dei Paolini», assicura il Papa: «essere attenti alle relazioni come chiave della pratica comunicativa, e alle “reti” come luoghi di creazione collaborativa di significati e contenuti; protesi a cercare nuove forme di presenza e di azione, legate non tanto ai mezzi ma piuttosto alla cultura e alla nuova grammatica della comunicazione; e a servizio di tutto il popolo di Dio, specialmente agli uomini e alle donne che abitano le odierne periferie. Questa linea è sempre valida». A proposito del dialogo: «È importante comprendere, dice il Papa, che esso non è riducibile a uno scambio di dati o di informazioni, e che la relazione con l’altro non è limitabile a una connessione. Questo voi lo sapete bene! Non si può confondere un mero contatto con un segno di dialogo e di interazione, o un semplice scambio di messaggi con una vera comunicazione. La comunicazione è un esercizio più profondo, che fa uscire dalla propria autoreferenzialità. Superare l’autoreferenzialità per guardare verso un orizzonte più ampio è indispensabile in questo momento di cambiamento d’epoca. Per conoscere gli interlocutori della sua missione e avvicinarsi ad essi, il comunicatore deve fare un cammino “in uscita”, cambiando, se necessario, atteggiamenti e mentalità. Questa è la via che ci ha mostrato il Concilio Vaticano II, e poi San Paolo VI, San Giovanni Paolo II; ma prima ancora questo è l’esempio dell’apostolo Paolo, che comunicando il Vangelo creava relazioni e faceva comunità».
«Sempre andare al Vangelo, sempre andare alle radici», conclude Jorge Mario Bergoglio. «E da lì prendere forza per la novità, le radici ti danno il succo per crescere, il Vangelo ti darà la missione e ti darà il messaggio che ti costituisce. Ma state attenti a un pericolo di oggi: purtroppo si confonde l’andare in profondità con l’andare indietro. E una cultura che, invece di andare in profondità, per annunciare va indietro, finisce per conservarsi, per non crescere, per non avere il carisma di una comunicazione. State attenti, nelle vostre riviste: sempre far vedere le radici ma per crescere. E stare attenti a guardare quando c’è qualche movimento “all’indietro” per denunciarlo e dire: questo non è cristiano. L’autore della Lettera agli Ebrei diceva: “Noi non siamo persone che vanno indietro” (cfr 10,39). Andiamo avanti con la forza del Vangelo, con la forza comunicativa che crea comunità; non andare indietro per creare piccoli gruppetti di autoconservazione, che finiranno per trasformare la nostra anima in un pezzo di museo. State attenti a questo».