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domenica 06 ottobre 2024
 
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«Fermiamo questo naufragio di civiltà, il Mediterraneo non sia più un freddo cimitero senza lapidi»

05/12/2021  È impensabile che si vogliano usare i fondi comuni europei per costruire muri: Jorge Mario Bergoglio, incontrando i migranti nel campo che li ospita sullì'isola greca di Lesbo, striglia l'Europa che non pratica nei suoi confini quei valori umani che vuole esportare nel mondo. Le condizioni dei rifugiati migliorano, ma si sta facendo ancora troppo poco. L'Angelus recitato tra tende e container

Papa Francesco, 85 anni il 17 dicembre, stringe la mano a Christian Tango Mukalya, rifugiato dalla Repubblica Democratica del Congo, che ha parlato a nome (sopra, nella foto Ansa) di tutti gli oltre duemila rifugiati ospiutati oggi nel campo di Mitilene, nell'isola greca di Lesbo. Questa foto e quella di copertina: Osservatore Romano/Vatican.va
Papa Francesco, 85 anni il 17 dicembre, stringe la mano a Christian Tango Mukalya, rifugiato dalla Repubblica Democratica del Congo, che ha parlato a nome (sopra, nella foto Ansa) di tutti gli oltre duemila rifugiati ospiutati oggi nel campo di Mitilene, nell'isola greca di Lesbo. Questa foto e quella di copertina: Osservatore Romano/Vatican.va

Isola di Lesbo, Grecia

Dalla nostra inviata

«La situazione va migliorando rispetto al campo di Moria, ma c’è ancora tanto da fare. Qui ci sono i servizi basici, ma le difficoltà sono tante, soprattutto per le persone sole, sia adulti che bambini non accompagnati», dice Etenelli Angeliki, volontaria di Caritas Grecia. Delle poco più di duemila persone accolte qui dopo che Moria, che è stato il più grande campo profughi d’Europa con le sue 20mila persone, è andato distrutto nel settembre del 2020, 200 sono direttamente presenti all’incontro con il Papa. Gran parte provenienti dall’Afghanistan e poi dal Congo, dalla Somalia, dalla Siria, si sono lasciati alle spalle il mare e la Turchia, da cui sono transitati e che si staglia all’orizzonte, per cercare di raggiungere soprattutto la Germania e i Paesi nord europei. Una pressione, quella dei tanti migranti giunti sull’isola, di difficile gestione per i 114 mila abitanti di Lesbo che pure, dice la presidente della Repubblica,  «hanno dimostrato compassione e solidarietà accollandosi un peso spropositato».

I cittadini locali, «ortodossi e cattolici», sottolinea monsignor Joseph Printezis, vescovo di Naxos-Tinos, hanno affrontato al meglio insieme questo impegno. con quell'ecumenismo della carità di cui il Papa ha parlato fin dal suo primo giorno di viaggio a Cipro e in Grecia. Nel campo, a nome di tutti, parla Christian Tango Mukalya, rifugiato dalla Repubblica Democratica del Congo È arrivato da un anno, con due dei suoi tre bambini mentre la moglie e un altro figlio più piccolo non sono riusciti a raggiungerlo in Grecia e «di loro non ho più notizie da molto tempo». Poi un volontario, Len Meachim, della comunità cattolica locale di Lesbo, lo ringrazia «per essere al fianco dei nostri fratelli e sorelle rifugiati e migranti in tutto il mondo. Lei ispira e dà forza a quelli di noi, di tutte le fedi o di nessuna, che condividono la Sua posizione». E spiega che, come ha sperimentato nella sua parrocchia, i migranti «hanno tanto da offrire a noi quanto noi a loro».

«Sono qui per dirvi che vi sono vicino, per dirlo con il cuore» dice il Papa. Il coro cattolico del campo di Mitilene gli hanno dato il benevenuto. Ma il Papa vede sorpattutto le lacrime ele sofferenze. Ripete le parole del «caro Fratello Bartolomeo» con il quale cinque anni fa era venuto nell’isola. «Chi ha paura di voi non vi ha guardato negli occhi. Chi ha paura di voi non ha visto i vostri volti. Chi ha paura di voi non vede i vostri figli. Dimentica che la dignità e la libertà trascendono paura e divisione. Dimentica che la migrazione non è un problema del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, dell’Europa e della Grecia. È un problema del mondo».

Anche la pandemia ci ha fatto capire che una crisi umanitaria riguarda tutti, che siamo tutti sulla stessa barca, ma «mentre si stanno faticosamente portando avanti le vaccinazioni a livello planetario e qualcosa, pur tra molti ritardi e incertezze, sembra muoversi nella lotta ai cambiamenti climatici, tutto sembra latitare terribilmente per quanto riguarda le migrazioni», denuncia il Pontefice. Eppure c’è in gioco il futuro di tutti perché «quando i poveri vengono respinti si respinge la pace e chiusure e nazionalismi – la storia lo insegna – portano a conseguenze disastrose».

Il futuro ci metterà sempre più in contatto con gli altri e non è possibile voltare le spalle alla realtà. Deve finire «il continuo rimbalzo di responsabilità, non si deleghi sempre ad altri la questione migratoria, come se a nessuno importasse e fosse solo un inutile peso che qualcuno è costretto a sobbarcarsi!». Ripete guardandoli, come già aveva fatto a Cipro, «i vostri volti, i vostri occhi ci chiedono di non girarci dall’altra parte, di non rinnegare l’umanità che ci accomuna, di fare nostre le vostre storie e di non dimenticare i vostri drammi».

Va superata la «paralisi della paura» «il cinico disinteresse che con guanti di velluto condanna a morte chi sta ai margini». No, dice il Papa, «al pensiero dominante» che ruota attorno al proprio io, ai propri egoismi personali e nazionali, che diventano misura e criterio di ogni cosa».

Molte cose sono cambiate dalla visita di cinque anni prima. Il Papa ringrazia «i tanti volontari e quanti a ogni livello – istituzionale, sociale, caritativo – si sono sobbarcati grandi fatiche, prendendosi cura delle persone e della questione migratoria» e riconosce «l’impegno nel finanziare e costruire degne strutture di accoglienza e ringrazio di cuore la popolazione locale per il tanto bene fatto e i molti sacrifici provati», ma punta l’attenzione su quanto ancora non si sta facendo, sull’Europa nella quale « c’è chi persiste nel trattare il problema come un affare che non lo riguarda» e riprende l’invito della presidente: «Che l’Europa faccia lo stesso».

 

Papa Francesco nel campo profughi di Mitilene, nell'isola greca di Lesbo, domenica 5 dicembre 2021. Foto Reuters
Papa Francesco nel campo profughi di Mitilene, nell'isola greca di Lesbo, domenica 5 dicembre 2021. Foto Reuters

»Per andare verso la direzione giusta bisogna guardare i volti dei bambini»

Ci sono troppi «hotspot dove migranti e rifugiati vivono in condizioni che sono al limite, senza intravedere soluzioni all’orizzonte! Eppure il rispetto delle persone e dei diritti umani, specialmente nel continente che non manca di promuoverli nel mondo, dovrebbe essere sempre salvaguardato, e la dignità di ciascuno dovrebbe essere anteposta a tutto! È triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri. Quanti fili spinati». Il Papa comprende le paure, ma «non è alzando barriere che si risolvono i problemi e si migliora la convivenza».

Riprende le parole di Elie Wiesel: «Quando le vite umane sono in pericolo, quando la dignità umana è in pericolo, i confini nazionali diventano irrilevanti». Invece in troppe parti del mondo «si stanno opponendo in modo ideologico sicurezza e solidarietà, locale e universale, tradizione e apertura. Piuttosto che parteggiare sulle idee, può essere d’aiuto partire dalla realtà: fermarsi, dilatare lo sguardo, immergerlo nei problemi della maggioranza dell’umanità, di tante popolazioni vittime di emergenze umanitarie che non hanno creato ma soltanto subito, spesso dopo lunghe storie di sfruttamento ancora in corso».

Il Papa condanna chi alimenta la paura dell’altro. E chiede «perché invece, con lo stesso piglio, non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio. Perché non si parla di questo?». Vanno affrontate le cause profonde e non le «povere persone che ne pagano le conseguenze». Non basta tamponare le emergenze, occorre cercare risposte, ma non ci sono risposte facili a problemi complessi. «C’è la necessità», aggiunge, «di accompagnare i processi dal di dentro, per superare le ghettizzazioni e favorire una lenta e indispensabile integrazione, per accogliere in modo fraterno e responsabile le culture e le tradizioni altrui».

«Troviamo il coraggio di vergognarci davanti a loro, che sono innocenti e sono il futuro. Interpellano le nostre coscienze e ci chiedono: “Quale mondo volete darci?” Non scappiamo via frettolosamente dalle crude immagini dei loro piccoli corpi stesi inerti sulle spiagge». Il Mediterraneo, che è stato culla di civiltà, «sta diventando un freddo cimitero senza lapidi». Non lasciamo implora il Papa, «che il mare nostrum si tramuti in un desolante mare mortuum, che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro! Non permettiamo che questo “mare dei ricordi” si trasformi nel “mare della dimenticanza”. Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!».

SI offende Dio quando si disprezza «l’uomo creato a sua immagine, lasciandolo in balia delle onde, nello sciabordio dell’indifferenza, talvolta giustificata persino in nome di presunti valori cristiani. La fede chiede invece compassione e misericordia. Esorta all’ospitalità». E questa non è ideologia religiosa, ma «sono radici cristiane concrete. Gesù afferma solennemente di essere lì, nel forestiero, nel rifugiato, in chi è nudo e affamato. E il programma cristiano è trovarsi dove sta Gesù».

Il Ppaa ringrazia il popolo greco per l’accoglienza, tante volte diventa un problema perché non trova cammini di uscita per la gente per andare altrove. Grazie fratelli e sorelle greci per questa generosità, dice il Papa, prima di invocare la Madonna. La ricorda incinta andare di fretta verso la cugina Elisabetta e ricorda le tante madri incinte che «hanno trovato in fretta e in viaggio la morte mentre portavano in grembo la vita!». E ancora, sul suo esempio, invita «ad amare teneramente. La Tuttasanta ci insegni a mettere la realtà dell’uomo prima delle idee e delle ideologie, e a muovere passi svelti incontro a chi soffre».

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Tra rifugiati e profughi, Francesco nel cuore del dolore del mondo
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