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venerdì 04 ottobre 2024
 
Il Papa a Prato
 

«Combattiamo il cancro dello sfruttamento umano e lavorativo»

10/11/2015  Davanti a una folla multietnica, Bergoglio ha parlato dei problemi legati all'occupazione ricordando la tragedia del dicembre 2013 quando in un incendio scoppiato in un fabbrica-lager morirono sette cinesi. La denuncia dell'illegalità e della corruzione. E l'invito alla Chiesa: «Cingiti i fianchi ed esci verso le donne e gli uomini del nostro tempo».

«Combattere fino in fondo il cancro della corruzione, dello sfruttamento umano e lavorativo e il veleno dell’illegalità». Papa Francesco è entrato al Convegno ecclesiale nazionale che vede la Chiesa italiana riunita a Firenze dalla porta di Prato. Non a caso Bergoglio ha scelto di visitare una città complessa, primo distretto manifatturiero della moda e centro multietnico, con una forte presenza di cinesi. L'area conta 35 mila addetti e 7.200 imprese dirette del settore, che producono il 17 per cento delle esportazioni tessili italiane. Il polo industriale di Prato "vale" da solo il 65% dei prodotti tessili e il 35% delle confezioni (maglieria e abbigliamento), per un totale di 4 miliardi e 200 milioni stimati di fatturato, di cui oltre il 50% viene esportato in 145 Paesi nel mondo. Nel contempo, Prato è una delle città più multiculturali d'Europa ed è il comune italiano con il maggior numero di gruppi etnici, 116. La maggior parte degli stranieri proviene dalla Cina (34 mila circa, su una popolazione complessiva di 190.961 persone), seguono l'Albania, la Romania, il Pakistan e il Marocco.

In questo contesto unico e specifico, Francesco ha ricordato la tragedia che nel dicembre 2013  ha registrato la morte di cinque uomini e due donne di cittadinanza cinese nell’incendio del capannone dove lavoravano e dormivano. «Questo non è lavoro degno», ha detto chiaramente esortando a impegnarsi per la giustizia e la verità: «Dentro di noi e insieme agli altri, non stanchiamoci mai di lottare per la verità e per la giustizia!». «Bisogna cingersi di verità», aveva detto all’inizio  affacciandosi dal pulpito esterno della cattedrale di Prato. Cingersi i fianchi e uscire, ha ripetuto: «Uscire vuol dire rischiare, ma non c’è fede senza rischio», ha detto Francesco. Il Papa ha esortato tutti a uscire dai porti sicuri e a «prendere il largo», a «camminare per i sentieri accidentati di oggi, di accompagnare chi ha smarrito la via; di piantare tende di speranza, dove accogliere chi è ferito e non attende più nulla dalla vita».

Il Papa ha disegnato l’identikit di una Chiesa missionaria, capace di servire, «perché, come ha fatto Lui, facessimo anche noi.
Siamo stati serviti da Dio che si è fatto nostro prossimo, per servire a nostra volta chi ci sta vicino». E «per un discepolo di Gesù nessun vicino può diventare lontano. Anzi, non esistono lontani che siano troppo distanti, ma soltanto prossimi da raggiungere». Bergoglio chiede «patti di prossimità», lo ripete due volte: «Prossimità, avvicinarsi per essere prossimi». Ma nella trasparenza e nella verità. Superando lo spirito del male.

«Attorno ai fianchi la verità», ha aggiunto il Papa citando San Paolo. «Dobbiamo cingerci di verità. Non si può fondare nulla di buono sulle trame della menzogna e sulla mancanza di trasparenza. Ricercare e scegliere sempre la verità non è facile; è però una decisione vitale, che deve segnare profondamente l’esistenza di ciascuno e anche della società, perché sia più giusta, perché sia più onesta. La sacralità di ogni essere umano richiede per ognuno rispetto, accoglienza e un lavoro degno».

Infine un incoraggiamento ai giovani che hanno vegliato tutta la notte in preghiera perché, affidandosi a Maria, non cedano «mai al pessimismo e alla rassegnazione. Maria è colei che con la preghiera e con l’amore, in un silenzio operoso, ha trasformato il sabato della delusione nell’alba della risurrezione».


 
 
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