Non poteva che essere un’icona di Maria, il regalo che Sant’Egidio ha consegnato al Papa per ringraziarlo della sua visita alla comunità. Ed è una Maria particolare, dal titolo Madre di Dio della misericordia e dei poveri. Dipinta dal Laboratorio delle icone che la comunità ha avviato da qualche anno, la tavola suggella il senso dell’incontro voluto da papa Francesco: quello di voler incoraggiare la comunità a continuare nel suo servizio agli ultimi, alla pace, al dialogo ecumenico e interreligioso e di voler conoscere in prima persona le stesse persone con cui Sant’Egidio condivide ogni giorno un pezzo di strada. A raccontare un pezzo di questa storia l’arcivescovo siro ortodosso monsignor Dionisius Jean Kawak, che ricorda la situazione in Siria e la prigionia di padre Dall’Oglio e dei padri Maher Mahfuz e Michel Kayyal. E poi ancora Irma Lombardo, una anziana di 90 anni, da 20 anni impegnata con gli anziani in istituto, che ringrazia il papa per i suoi tanti discorsi sulla terza età. Nelle case famiglia e negli istituti, nelle proprie abitazioni, la comunità segue a Roma oltre 18 mila in tutta Roma. Ancora parlano Francesca Gregari, una bambina di 12 anni che fa parte dei Giovani per la pace particolarmente impegnati proprio con gli anziani e Daniel Cotani, un giovane disoccupato, Adriana Siciliani, in rappresentanza delle persone con disabilità, il rom Branislav Savic, il profugo afghano Dawood Yousefi, e Jaime Aguilar, che lavora nelle scuole di pace nel Salvador.
In attesa del Papa in piazza si era cantato e ballato soprattutto con le musiche mozambicane composte in occasione della firma del trattato di pace del 1992 cui la comunità di Sant’Egidio ha attivamente partecipato. Ci sono anche alcuni sopravvissuti al naufragio di ottobre a Lampedusa. Immigrati e profughi sono stati i primi che il Papa ha incontrato entrando nella piazza accompagnato dal fondatore di Sant’Egidio Andrea Riccardi e dal presidente Marco Impagliazzo. C’è Aganesh, etiope, che ha salvato molti profughi nel deserto del Sinai e che collabora attivamente con la comunità, ce ne sono tanti altri che fanno parte di Genti di pace, un movimento di Sant’egidio che raccoglie persone di 109 nazionalità diverse già inseriti in Italia e che lavorano per l’integrazione e la mediazione culturale dei tanti che continuano ad arrivare. A salutare il Papa oltre 10mila fedeli tra quelli che hanno trovato posto in basilica e gli altri che hanno seguito tra piazza San Callisto, piazza Santa Maria in Trastevere, piazza Sant’Egidio, la sede della comunità e tutti i vicoli attorno. Un incontro denso con «la povertà e i poveri», come hanno sottolineato i responsabili della comunità. Un incontro che ha voluto confermare Sant’Egidio «nella preghiera, nei poveri, nella pace. Così farete crescere nella società la compassione che è la vera rivoluzione», ha detto papa Francesco.
La preghiera nel cuore di Roma, come fanno quotidianamente a Sant’Egidio «che non significa dimenticare le periferie, anzi che dà la carica per guardare verso gli altri. Tutto comincia con la preghiera, la preghiera preserva l’uomo dalle tentazioni che possono essere anche le nostre: il protagonismo per cui tutto gira attotono a sé, l’indifferenza, il vittimismo. La preghiera è la prima opera della vostra comunità», ha insistito papa Francesco. Un discorso in larga parte a braccio nel quale il Papa ha voluto ricordare la bellezza del confondere chi aiuta e chi è aiutato, «un’attenzione all’altro che diventa incontro, abbraccio. Chi è il protagonista? Chi aiuta o chi è aiutato? Tutti e due». E poi parla degli anziani e dei bambini, le categorie scartate dalle nostre economie che «hanno al centro il dio denaro», ma, ha insistito il Papa, «un popolo che non custodisce i suoi anziani, che non si prende cura dei suoi giovani è un popolo senza futuro, senza speranza, che no ha più memoria e un popolo senza memoria è finito».
E ha parlato anche di Europa il Papa, facendo riferimento innanzitutto ai 75 milioni di giovani senza lavoro e senza studio. «Questo ci dice che questa Europa è stanca, non è invecchiata, è stanca, non sa cosa fare. Oggi parlo dell’Europa e vi dico che è stanca e dobbiamo aiutarla a ringiovanire, a trovare le sue radici. È vero ha rinnegato le sue radici e dobbiamo aiutarla a ritrovarle» e per questo occorre ripartire dai poveri e dagli anziani. Ridare spazio alla solidarietà «che ad alcuni sembra una parolaccia, ma non è una parolaccia, è una parola cristiana: solidarietà».
Guardando ai tanti «nuovi europei giunti dopo viaggi rischiosi», il Papa ha ricordato che il fatto che «la comunità li accoglie con premura mostra che lo straniero è un fratello da accogliere e da aiutare e questo ci ringiovanisce». E infine ha voluto salutare quanti partecipano alla vita della comunità in altri Paesi del mondo e sono segno di speranza perché costruiscono artigianalmente la pace cercando ciò che unisce e non ciò che divide, rendendo evidente che ci vuole «più preghiera e più dialogo, il mondo soffoca senza dialogo, ma il dialogo è possibile solo dalla propria identità, occorre dialogare senza negoziare la propria identità. E anche voi date il vostro contributo in questo tempo». Sapendo, infine, che tutto questo cammino è possibile se si resta nell’amore di Dio e lo si porta ai fratelli, se si è coscienti che «questo è il tempo della misericordia».