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venerdì 16 maggio 2025
 
SANTA MARTA
 

«No a lamentele, rancori, amarezze: lasciamoci consolare dal Signore»

11/12/2017  “La parola della Chiesa di oggi è coraggio”, ha spiegato il Papa: "Ci farà bene oggi fare un esame di coscienza: com’è il mio cuore? Ho qualche tristezza? Com’è il mio linguaggio? È di lode a Dio, di bellezza o sempre di brontolii?".

Papa Francesco durante la Messa celebrata di buon mattino a Santa Marta. Tutte le fotografie di questo servizio sono dell'agenzia Ansa.
Papa Francesco durante la Messa celebrata di buon mattino a Santa Marta. Tutte le fotografie di questo servizio sono dell'agenzia Ansa.

Brontolare non porta da nessuna parte. O meglio, sì: porta lontano da Dio e dai fratelli. Occorre “lasciarsi consolare dal Signore”, senza rimanere vittima di lamentele, risentimenti e rancori. È l’invito del Papa, nell’omelia della Messa celebrata oggi a Santa Marta, secondo quanto riportato dai siti di Radio Vaticana e dell'agenzia Sir.  “Tante volte la consolazione del Signore ci sembra una meraviglia”, ha detto Francesco, “ma non è facile lasciarsi consolare; è più facile consolare gli altri che lasciarsi consolare. Perché, tante volte, noi siamo attaccati al negativo, siamo attaccati alla ferita del peccato dentro di noi e, tante volte, c’è la preferenza di rimanere lì, da solo, ossia sul lettuccio, come quello del Vangelo, isolato, lì, e non alzarsi.

‘Alzati’ è la parola di Gesù, sempre: ‘Alzati’”. Il problema è che nel “negativo siamo padroni” – ha spiegato il Papa – perché abbiamo dentro la ferita del peccato, mentre “nel positivo siamo mendicanti” e non ci piace mendicare la consolazione. Secondo quanto riferisce Radio Vaticana, per spiegarlo, Jorge Mario Bergoglio ha fatto due esempi: quando si preferisce “il rancore” e “cuciniamo i nostri sentimenti” nel brodo del risentimento, quando c’è “un cuore amaro”, come il paralitico della piscina di Siloe. “Per questi cuori amari è più bello l’amaro che il dolce”, tanta gente lo preferisce, ha osservato Francesco: “radice amara”, “che ci porta con la memoria al peccato originale. E questo è proprio un modo per non lasciarci consolare”.

Poi c’è l’amarezza che “sempre ci porta a espressioni di lamentele”. Il pensiero del Papa è andato a santa Teresa che diceva: “Guai alla suora che dice: ‘Mi hanno fatto un’ingiustizia, mi hanno fatto una cosa non ragionevole’”. E poi al profeta Giona: “premio Nobel delle lamentele”, lo ha definito. “Anche nelle lamentele ci sono delle cose contraddittorie”, evidenzia raccontando di aver conosciuto un buon sacerdote che però si lamentava di tutto: “aveva la qualità di trovare la mosca nel latte”: “Era un bravo sacerdote, nel confessionale dicevano che era tanto misericordioso, era anziano già e i suoi compagni di presbiterio dicevano come sarebbe stata la sua morte e quando sarebbe andato in cielo, dicevano: ‘La prima cosa che dirà a San Pietro, invece di salutarlo, è: ‘Dov’è l’inferno?’, sempre il negativo”. “Davanti all’amarezza, al rancore, alle lamentele, la parola della Chiesa di oggi è coraggio”, ha spiegato il Papa sulla scorta delle letture: “E non è facile perché per lasciarsi consolare dal Signore ci vuole spogliarsi dei nostri egoismi, di quelle cose che sono il proprio tesoro, sia l’amarezza, siano le lamentele, siano tante cose. Ci farà bene oggi, ognuno di noi, fare un esame di coscienza: com’è il mio cuore? Ho qualche amarezza lì? Ho qualche tristezza? Com’è il mio linguaggio? È di lode a Dio, di bellezza o sempre di lamentele? E chiedere al Signore la grazia del coraggio, perché nel coraggio viene Lui a consolarci e chiedere al Signore: Signore, vieni a consolarci”.

 

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