Torino, domenica 21 giugno. Papa Francesco incontra il mondo del lavoro in Piazzetta Reale. Foto Reuters.
Una sorta di nuovo battesimo. Papa Francesco comincia la sua
vista a Torino chiedendo alla città
di dire dei "no". "No" all'economia che scarta, "no" all'idolatria del denaro, "no" alla corruzione, "no" all'iniquità. Piazzetta reale
lo aspetta già dalla
mattina presto. L'incontro con i lavoratori è un dialogo che tocca i temi cari a Bergoglio: la cultura dello scarto, la dignità del lavoro, la marginalizzazione dei giovani, gli mmigrati, gli anziani, le famiglie.
«Il lavoro», dice papa Francesco come aveva già ribadito nella sua visita a Campobasso, «non è necessario solo per l’economia, ma per la persona umana, per la sua dignità, per la sua cittadinanza e anche per l’inclusione sociale. Torino è storicamente un polo di attrazione lavorativa, ma oggi risente fortemente della crisi: il lavoro manca, sono aumentate le disuguaglianze economiche e sociali, tante persone si sono impoverite e hanno problemi con la casa, la salute, l’istruzione e altri beni primari. L’immigrazione aumenta la competizione, ma i migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime dell’iniquità, di questa economia che scarta e delle guerre. Fa piangere», aggiunge a braccio, «vedere lo spettacolo di questi giorni, in cui esseri umani vengono trattati come merce!».
E poi i quattro "no": «"No" a un’economia dello scarto, che chiede di rassegnarsi all’esclusione di coloro che vivono in povertà assoluta – a Torino circa un decimo della popolazione. Si escludono i bambini (natalità zero!), si escludono gli anziani, e adesso si escludono i giovani (più del 40% di giovani disoccupati)! Quello che non produce si esclude a modo di “usa e getta”».
«Siamo chiamati a ribadire il “no” all’idolatria del denaro, che spinge ad entrare a tutti i costi nel numero dei pochi che, malgrado la crisi, si arricchiscono, senza curarsi dei tanti che si impoveriscono, a volte fino alla fame».
«Siamo chiamati a dire “no” alla corruzione, tanto diffusa che sembra essere un atteggiamento, un comportamento normale. Ma non a parole, con i fatti. “No” alle collusioni mafiose, alle truffe, alle tangenti, e cose del genere».
«E solo così, unendo le forze, possiamo dire “no” all’iniquità che genera violenza».
Torino, domenica 21 giugno 2015. Papa Francesco con l'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia. Foto Reuters.
E dopo questi "no" netti il Papa chiede un impegno concreto in positivo, una collaborazione di tutte le componenti sociali perché ci sia per tutti un lavoro degno dell'uomo e della donna. Cita la Costituzione italiana, papa Francesco. E ribadisce, ancora una volta che va cambiato il modello economico. Perché ci sia lavoro per tutti, infatti è necessaria un modello che «non sia organizzato in funzione del capitale e della produzione, ma piuttosto del bene comune».
Riprendendo le parole di Alexadra, l'operaia che per prima gli aveva rivolto la parola, papa Francesco sottolinea che i diritti delle donne vanno tutelati con forza «perché le donne, che pure portano il maggior peso nella cura della casa, dei figli e degli anziani, sono ancora discriminate, anche nel lavoro».
Il Papa rilancia la vocazione propria della città, chiamandola «a essere ancora una volta protagonista di una nuova stagione di sviluppo economico e sociale, con la sua tradizione manifatturiera e artigianale - pensiamo, nel racconto biblico, che Dio ha fatto proprio l’artigiano… Voi siete chiamati a questo: manifatturiera ed artigianale - e nello stesso tempo con la ricerca e l’innovazione» e ribadisce l'importanza della formazione e della scuola, in un momento in cui tanti ragazzi decidono di abbandonare gli studi.
Anche a Torino il Papa rilancia il patto generazionale e plaude all’esperienza dell’“Agorà”, che state portando avanti nel territorio della diocesi. Mettere a disposizione dati e risorse, nella prospettiva del “fare insieme”, è condizione preliminare per superare l’attuale difficile situazione e per costruire un’identità nuova e adeguata ai tempi e alle esigenze del territorio. È giunto il tempo di riattivare una solidarietà tra le generazioni, di recuperare la fiducia tra giovani e adulti».
E, ancora a braccio, guardando l'operaia, ma anche il floricoltore e l'imprenditore che hanno parlato dopo di lei, dice: «Mi è piaciuto tanto che voi tre abbiate parlato della famiglia, dei figli e dei nonni. Non dimenticare questa ricchezza! I figli sono la promessa da portare avanti: questo lavoro che voi avete segnalato, che avete ricevuto dai vostri antenati. E gli anziani sono la ricchezza della memoria. Una crisi non può essere superata, noi non possiamo uscire dalla crisi senza i giovani, i ragazzi, i figli e i nonni. Forza per il futuro, e memoria del passato che ci indica dove si deve andare. Non trascurare questo, per favore. I figli e i nonni sono la ricchezza e la promessa di un popolo».
E aggiunge, al termine del discorso, «una parola che non vorrei che fosse retorica, per favore: coraggio!. Non significa: pazienza, rassegnatevi. No, no, non significa questo. Ma al contrario, significa: osate, siate coraggiosi, andate avanti, siate creativi, siate “artigiani” tutti i giorni, artigiani del futuro!».
Torino, domenica 21 giugno 2015. Papa Francesco davanti alla Sindone, dopo aver sostato a lungo raccolto in preghiera. Foto Ansa.
Le voci e gli applausi della città arrivano fin dentro il Duomo dove si attende il Papa per la preghiera davanti alla Sindone. Ci sono i sacerdoti anziani e le suore di clausura, i parenti di Piergiorgio Frassati, il principe Emanuele Filiberto con la sua famiglia. Ci sono i volontari che accompagnano i disabili. Ad aspettare Francesco c'è l'umanità che si specchia nel volto sofferente della sindone. Che prega, con le lodi, già prima dell'ingresso del Papa, e che poi, dopo, lo accompagna in silenzio anche durante la sosta davanti alla tomba di Frassati.
Il Papa si ferma per qualche minuto in ginocchio e poi in piedi a contemplare il telo. Con i fedeli in raccoglimento. Con le luci abbassate e con una cattedrale che invoca che la sua visita sia «un seme che porti molti frutti di grazia, di riscoperta del Vangelo, di servizio ai fratelli nella carità concretamente vissuta».