Sul volo di ritorno
da Baku papa Francesco ha risposto alle domande dei giornalisti presenti sul volo papale e toccato diversi argomenti. Ha spiegato perché in Georgia ha condannato l'insegnamento della teoria del gender
nelle scuole ma anche perché gli omosessuali vadano accompagnati e «avvicinati
al Signore»: «Oggi Gesù farebbe così. Io da prete, vescovo e Papa l'ho fatto e lo faccio». Ha rivelato di aver ricevuto in Vaticano
una ragazza che ha cambiato sesso. Tra i prossimi viaggi internazionale c'è Fatima, in Portogallo, poi India e Bangladesh. Nei
prossimi mesi, forse all'inizio del nuovo anno, ci sarà un concistoro per 13 nuovi cardinali. Sul dialogo con la Cina: «Mi piacerebbe
andarci, ma non bisogna fare le cose in fretta». Ecco di seguito le domande e le risposte del Pontefice.
Lei ha parlato del gender che distrugge il
matrimonio. Come pastore che cosa direbbe a una persona che soffre da anni con
la sua sessualità e che sente che la sua identità sessuale non corrisponde a
quella biologica?
«Io ho accompagnato nella mia vita di sacerdote, di vescovo e
anche di Papa persone con tendenza e con pratica omosessuali. Li ho
accompagnati e avvicinati al Signore, alcuni non possono... Ma le persone si
devono accompagnare come le accompagna Gesù. Quando una persona che ha questa
condizione arriva davanti a Gesù, lui sicuramente non dirà: “Vattene via che sei
omosessuale!”. Quello di cui ho parlato è la cattiveria che oggi si fa con
l’indottrinamento della teoria del gender. Mi raccontava un papà francese che a
tavola stava parlando con i figli, e ha domandato al ragazzo di dieci anni: “Tu
che cosa voi fare da grande?”. “La ragazza!”. E il papà si è accorto che nei
libri di scuola si insegnava la teoria del gender, e questo è contro le cose
naturali. Una cosa è che una persona abbia questa tendenza o questa opzione, o
anche chi cambia il sesso. Un’altra cosa è fare l’insegnamento nelle scuole su
questa linea, per cambiare la mentalità. Queste io le chiamo “colonizzazioni
ideologiche”. L’anno scorso ho ricevuto una lettera di uno spagnolo che mi
raccontava la sua storia di bambino e di ragazzo. Prima era una bambina, una
ragazza che ha sofferto tanto. Si sentiva ragazzo ma era fisicamente una
ragazza. Lo aveva raccontato alla mamma dicendo di voler fare l’intervento
chirurgico. La mamma le ha chiesto di non farlo mentre lei era viva. Era
anziana, è morta presto. Ha fatto l’intervento, ora è un impiegato di un
ministero in Spagna. È andato dal vescovo e il vescovo lo ha accompagnato
tanto. Un bravo vescovo questo, “perdeva” tempo per accompagnare quest’uomo.
Poi si è sposato, ha cambiato questa identità civile e lui - che era lei ma è
lui - mi ha scritto che sarebbe stato di consolazione venire da me. Li ho
ricevuti. Mi ha raccontato che nel quartiere dove lui abitava c’era un vecchio
sacerdote, il vecchio parroco, e c’era il nuovo. Quando il nuovo parroco lo vedeva,
lo sgridava dal marciapiede: “Andrai all’inferno!”. Il vecchio, invece, gli
diceva: “Da quanto tempo non ti confessi? Vieni, vieni..”. La vita è la vita, e
le cose si devono prendere come vengono. Il peccato è il peccato. Le tendenze o
gli squilibri ormonali danno tanti problemi e dobbiamo essere attenti a dire
che tutto è lo stesso: ogni caso accoglierlo, accompagnarlo, studiarlo,
discernere e integrarlo. Questo è quello che farebbe Gesù oggi. Per favore ora
non dite: il Papa santificherà i trans! Già mi vedo le prime pagine dei
giornali... È un problema umano, di morale. E si deve risolvere come si può,
sempre con la misericordia di Dio, con la verità, ma sempre col cuore
aperto».
Lei ieri ha parlato di una guerra mondiale
contro il matrimonio e ha usato parole forti contro il divorzio dicendo che
sporca l’immagine di Dio. Ma nei mesi scorsi si era parlato di un’accoglienza
per i divorziati.
«Tutto quello che ho detto sabato, con altre parole, si trova in Amoris laetitia (l’esortazione postsinodale sulla
famiglia, ndr): quando si parla di matrimonio come unione di uomo e della
donna, come immagine di Dio... - uomo e donna, non solo uomo - che diventano
una sola carne quando si uniscono in matrimonio. Questa è la verità. È vero che
in questa cultura i conflitti, tanti problemi non ben gestiti e tante
“filosofie”, portano a questa guerra mondiale contro il matrimonio: dobbiamo
stare attenti a non lasciare entrare in noi queste idee. Quando si distrugge
l’immagine di Dio, si sfigura l’immagine di Dio. Amoris
laetitia parla di come trattare questi casi, le famiglie ferite e
c’entra la misericordia. C’è una preghiera bellissima della Chiesa che abbiamo
pregato la settimana scorsa: “Dio che tanto meravigliosamente hai creato il
mondo e più meravigliosamente lo hai ricreato con la redenzione e la
misericordia”. Il principio è quello, ma le debolezze umane esistono, i peccati
esistono, ma sempre l’ultima parola non ce l’ha la debolezza, non ce l’ha il
peccato, ma la misericordia! Nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Vézelay
c’è un capitello bellissimo del 1200. Da una parte del capitello c’è Giuda
impiccato, e dall’altra parte c’è Gesù Buon pastore che lo prende e lo porta
con lui. E se guardiamo bene la faccia di Gesù, le labbra sono tristi da una
parte e con un piccolo sorriso di complicità dall’altra. Questi avevano capito
che cos’è la misericordia! Nel matrimonio ci sono i problemi, e come si
risolvono? Con quattro criteri: accogliere le famiglie ferite, accompagnare,
discernere ogni caso e integrare. Questo significa collaborare in questa
ricreazione meravigliosa che ha fatto il Signore con la redenzione. Sull’Amoris laetitia, tutti vanno al capitolo ottavo, ma si
deve leggere tutta, dall’inizio alla fine. Il centro è il capitolo quarto,
serve per tutta la vita. Ma si deve leggere tutta e rileggere tutta e
discuterla tutta, è un insieme. C’è il peccato, la rottura, ma anche la cura,
la misericordia, la redenzione».
A Fatima nel 2017
Quando creerà i nuovi cardinali e quali
criteri segue per questo tipo di nomine?
«I criteri saranno gli stessi dei due concistori precedenti. Li
farò un po’ dappertutto perché la Chiesa è in tutto il mondo. Sto ancora
studiando i nomi. La lista è lunga ma ci sono soltanto tredici posti. Mi piace
che si veda nel collegio cardinalizio l’universalità della Chiesa, non soltanto
il centro europeo. Dappertutto, nei cinque continenti. Potrà essere alla fine
dell’anno, ma c’è il problema dell’Anno santo, o all’inizio dell’anno
prossimo».
Quando andrà a trovare i terremotati in
centro Italia e quale caratteristica avrà questa visita?
«Mi sono state proposte tre date, due non le ricordo bene, la
terza è la prima domenica di Avvento. Appena rientrato sceglierò la data. Farò
una visita privata, da solo, come sacerdote, come vescovo e come Papa. Da solo.
E vorrei essere vicino alla gente, ma non so ancora come».
Quali saranno i viaggi internazionali del
2017?
«Di sicuro andrò in Portogallo, e andrò soltanto a Fatima.
Quest’anno santo sono state sospese le visite ad limina dei
vescovi, il prossimo anno devo fare le visite ad limina di
quest’anno e del prossimo. Andrò quasi di sicuro in India e Bangladesh. In
Africa non è sicuro, dipende da situazione politica e guerre. In Colombia: ho
detto che se il processo di pace riesce, quando tutto sarà blindato, se vince
il plebiscito, quando tutto sia sicuro e non si può tornare indietro, potrei
andare... Ma se è instabile no. Tutto dipende da quello che dice il popolo, che
è sovrano. Le forme democratiche e la sovranità del popolo devono andare
insieme. È diventata un’abitudine in certi paesi che dopo il secondo mandato
colui che lo finisce cerchi di cambiare la costituzione per ottenere un terzo
mandato. E questo significa sopravvalutare la democrazia, contro la sovranità
del popolo».
Perché non ha parlato di un viaggio in
Cina? Quali difficoltà politiche ed ecclesiali impediscono una visita del Papa?
«Voi conoscete bene la storia della Cina: c’è la Chiesa
patriottica e quella nascosta. Si parla, ci sono delle commissioni, io sono ottimista.
Adesso credo che i Musei Vaticani hanno fatto un’esposizione in Cina. Ci sono
tanti professori che vanno a insegnare nelle università cinesi. Tante suore e
molti preti che possono lavorare bene lì. Le relazioni tra Vaticano e Cina si
devono fissare in un buon rapporto, ci vuole tempo. Le cose lente vanno bene,
quelle fatte in fretta non vanno bene. Il popolo cinese ha la mia stima.
L’altro giorno all’Accademia delle scienze c’è stato un convegno sulla Laudato si’ e c’era una delegazione cinese. Il presidente
mi ha mandato un regalo. Mi piacerebbe andare, ma non penso ancora...».
La dispensa per la causa di beatificazione di padre Hamel
Il vescovo di
Rouen Lebrun ha detto che lei ha autorizzato la dispensa di cinque anni per
procedere con il processo di beatificazione di padre Jacques Hamel,
il sacerdote ucciso in chiesa dai fondamentalisti a luglio.
«Ho parlato col cardinale Amato (Prefetto della Congregazione per
le cause dei santi, ndr), faremo degli studi. L’intenzione è fare le ricerche
necessarie per vedere se ci sono le ragioni per farlo beato. Si devono cercare
testimonianze, non perdere le testimonianze fresche, quello che ha visto la
gente».
Quella tra Armenia e Azerbaigian è una
brutta storia: che cosa deve accadere per arrivare a una pace permanente che
tuteli i diritti umani?
«L’unico cammino è il dialogo sincero, faccia a faccia, senza
accordi sottobanco. Un negoziato sincero. E se non si può arrivare a questo,
bisogna avere il coraggio di andare a un Tribunale internazionale, all’Aia per
esempio, e sottomettersi al giudizio internazionale. L’altra via è la guerra.
Ma con la guerra si perde tutto! I cristiani devono pregare, perché i cuori
prendano il cammino di dialogo, del negoziato o andare a un tribunale
internazionale. Ma non si possono avere problemi così: la Georgia con la Russia
ha un problema, l’Armenia è un paese senza frontiere aperte, ha problemi con
l’Azerbaigian. Si deve andare al tribunale internazionale se non c’è altra
via».
Per il prossimo premio Nobel per la pace
ci sono vari candidati, 300 nomination. Il popolo dell’isola di Lesbo. O i
caschi bianchi della Siria, i volontari che tirano fuori la gente dalle macerie
a prezzo della vita. O ancora il presidente della Colombia e il comandante
delle Farc. Lei chi spera che vinca?
«C’è tanta gente che vive per fare la guerra, per la vendita delle
armi, per uccidere. Ma anche c’è tanta gente, tanta, tanta che lavora per la
pace. Non saprei dire quale persona scegliere fra tanta gente, è difficile. Lei
ne ha menzionati alcuni, ce ne sono ancora di più. Mi auguro anche che a
livello internazionale ci sia un ricordo, una riconoscenza, una dichiarazione
sui bambini, sugli invalidi, sui minorenni, sui civili morti sotto le bombe
delle guerre. Credo che quello sia un peccato! Un peccato contro Gesù Cristo,
perché la carne di quei bambini, di quella gente ammalata, di quegli anziani
indifesi, è quella di Gesù Cristo. Bisognerebbe che l’umanità dicesse qualcosa
sulle vittime delle guerre. Gesù ha detto, su coloro che fanno la pace, che
sono beati. Ma dobbiamo dire qualcosa sulle vittime delle guerre: buttano una
bomba su un ospedale e su una scuola e fanno tante vittime!».
«Sorpreso dalla fede georgiana»
La campagna presidenziale negli Stati Uniti. Un cattolico chi dovrebbe scegliere fra due candidati: uno è lontano su molti punti dall’insegnamento della Chiesa, e un altro ha fatto certe dichiarazioni sugli immigrati e sulle minoranze...
«Lei mi fa una domanda descrivendo una scelta difficoltosa. Perché secondo lei ci sono difficoltà in uno e nell’altro. In campagna elettorale io mai dico una parola. Il popolo è sovrano e soltanto dirò: studia bene le proposte, prega e scegli in coscienza!. Poi esco dal caso specifico e faccio un’ipotesi di scuola, perché non voglio parlare del problema concreto: quando succede che in un Paese qualsiasi ci sono due, tre quattro candidati che non danno soddisfazione a tutti, significa che la vita politica di quel paese forse è troppo politicizzata ma non ha tanta cultura politica. Uno dei compiti della Chiesa e dell’insegnamento nelle facoltà è di insegnare ad avere cultura politica. Ci sono paesi - penso all’America latina - che sono troppo politicizzati ma non hanno cultura politica, senza un pensiero chiaro sulle basi, sulle proposte».
La testimonianza per la storia è più importante del testamento di un Papa? Glielo chiedo perché Giovanni Paolo II aveva lasciato detto che bruciassero le sue lettere e invece sono finite su un libro.
«Lei dice di un Papa che indica di bruciare le sue carte, le sue lettere. Ma questo è il diritto di ogni uomo e ogni donna. Ha il diritto di farlo prima di morire. Chi non ha rispettato quella volontà sarà colpevole, non lo so, non conosco bene il caso. Di tanta gente non è stato rispettato il testamento».
Dopo l’incontro con il patriarca, lei ha visto la possibilità di una futura cooperazione e dialogo tra le Chiese ortodossa e cattolica?
«Io ho avuto due sorprese in Georgia. Una è la Georgia. Mai ho immaginato tanta cultura, tanta fede, tanta cristianità. Un popolo credente e una cultura cristiana antichissima, un popolo di tanti martiri. Ho scoperto una cosa che non conoscevo: la larghezza di questa fede georgiana. La seconda sorpresa è stato il patriarca: è un uomo di Dio, quest’uomo mi ha commosso. Le volte che l’ho incontrato sono uscito con il cuore commosso, ho trovato un uomo di Dio. Sulle cose che ci uniscono e ci separano, io dirò: non mettiamoci a discutere le cose di dottrina, questo lasciamolo ai teologi, loro sanno farlo meglio di noi, discutono e sono bravi, sono buoni, quelli di una parte e dell’altra. Che cosa dobbiamo fare noi, popolo? Pregare gli uni per gli altri. E fare cose insieme: ci sono i poveri, lavoriamo per i poveri; c’è un problema, lavoriamo insieme; ci sono i migranti, lavoriamo insieme per gli altri. Possiamo farlo. Questo è il cammino dell’ecumenismo e con buona volontà si può, si deve fare. Oggi l’ecumenismo si deve fare camminando insieme e pregando insieme. Ma la Georgia è meravigliosa, non me lo aspettavo: cristiana fino nel midollo».
Sulla prossima visita ai terremotati del Centro Italia.
«Sono state proposte tre date possibili, due non le ricordo bene...
la terza la ricordo bene, è la prima domenica d’Avvento. Devo ancora
scegliere». La visita la «farò privatamente da solo come sacerdote, come
vescovo e come Papa, ma da solo, così voglio fare e vorrei sentirmi
vicino alla gente».