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lunedì 10 febbraio 2025
 
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Il Papa ai cattolici: «Qui la fede incontrò la cultura, andate avanti con fiducia e accoglienza»

04/12/2021  «Siamo un po' tutti debitori del vostro Paese», dice il Pontefice parlando nella cattedrale di San Dionigi. E raccomanda di continuare a essere laboratorio di fede come fu ai tempi in cui, con l'apostolo Paolo, il cristianesimo incontrò la cultura greca. I cattolici sono pochi, ma ciò non significa insignificanza nè postula proselitismo: «Benedite la piccolezza, non ci è richiesto lo spirito della conquista o lo splendore mondano»

Sopra e in alto, alcuni momenti dell'incontro tra papa Francesco e la comunità cattolica greca in due scatti dell'agenzia Reuters. In copertina: foto Osservatore Romano/Vatican.va
Sopra e in alto, alcuni momenti dell'incontro tra papa Francesco e la comunità cattolica greca in due scatti dell'agenzia Reuters. In copertina: foto Osservatore Romano/Vatican.va

Atene, Grecia

Dalla nostra inviata

Parla a una Chiesa che è minoranza (circa l'uno per cento della popolazione), con un volto che si sta rinnovando grazie all'arrivo di migranti soprattutto da Filippine e Polonia. Una Chiesa con tre tradizioni: latina, bizantina e armena. Una Chiesa che ha sofferto ed è stata costretta alla diaspora, ma che non ha perso la fede. Papa Francesco, nella cattedrale di San Dionigi,  ascolta il saluto di monsignor Sevastianos Rossolatos, arcivescovo emerito di Atene e presidente della Conferenza episcopale di Grecia, ascolta la testimonianza di una suora e di un laico e torna a ringraziare la Grecia: «Siamo un po' tutti figli e debitori del vostro Paese», dice. «Senza la poesia, la letteratura, la filosofia e l’arte che si sono sviluppate qui, non potremmo conoscere tante sfaccettature dell’esistenza umana, né soddisfare molte domande interiori sulla vita, sull’amore, sul dolore e sulla morte». Qui, agli inizi del cristianesimo «è stato inaugurato un “laboratorio” per l’inculturazione della fede, gestito dalla sapienza di tanti Padri della Chiesa, che con la loro santa condotta di vita e i loro scritti rappresentano un faro luminoso per i credenti di ogni epoca».

Il pensiero va all’apostolo Paolo e alla fiducia e all’accoglienza che hanno scandito la sua missione. Questo «laboratorio della fede», nato dall’incontro tra il cristianesimo e la cultura greca ha, infatti, proprio in Paolo il suo artefice. Come raccontano gli Atti degli Apostoli, «giunge ad Atene, inizia a predicare nelle piazze e i dotti del tempo lo conducono all’Areopago, che era il consiglio degli anziani, dei sapienti che giudicavano questioni di interesse pubblico». Il Papa chiede di fermarsi su questo episodio per capire la fiducia di Paolo in Dio. L’apostolo viene condotto all’areopago, «non dobbiamo immaginare che gli aprano il sipario di un palcoscenico», spiega Francesco, «al contrario, lo portano lì per interrogarlo: “Possiamo sapere qual è questa nuova dottrina che tu annunci? Cose strane, infatti, tu ci metti negli orecchi; desideriamo perciò sapere di che cosa si tratta”». Paolo è messo alle corde, «sta portando avanti la missione in una condizione difficile», è solo, ha scarse probabilità di successo, ma non si lascia vincere dallo scoraggiamento. «Ecco l’atteggiamento del vero apostolo: andare avanti con fiducia, preferendo l’inquietudine delle situazioni inattese all’abitudine e alla ripetizione». Un coraggio che nasce dalla fiducia in Dio. Che ci dice che anche oggi non dobbiamo spaventarci di essere una Chiesa piccola, perché Dio ama la piccolezza, «essere Chiesa piccola ci rende segno eloquente del Vangelo, del Dio annunciato da Gesù che sceglie i piccoli e i poveri, che cambia la storia con le gesta semplici degli umili».

Il Papa torna sul tema del proselitismo per dire che a noi non è chiesto ci conquistare, non è chiesto lo splendore mondano o i grandi numeri. «Tutto ciò è pericoloso. «È la tentazione del trionfalismo. A noi è chiesto di prendere spunto dal granello di senape, che è infimo, ma umilmente e lentamente cresce». E ci è chiesto di accogliere. «L’Apostolo Paolo, il cui nome richiama la piccolezza, vive nella fiducia perché ha accolto nel cuore queste parole del Vangelo: «“Quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti”.

Allora, carissimi, vorrei dirvi: benedite la piccolezza e accoglietela. Vi dispone a confidare in Dio e in Dio solo». L’accoglienza è il secondo atteggiamento di Paolo. «È la disposizione interiore necessaria per l’evangelizzazione: non voler occupare lo spazio e la vita dell’altro, ma seminare la buona notizia nel terreno della sua esistenza, imparando anzitutto ad accogliere e riconoscere i semi che Dio ha già posto nel suo cuore, prima del nostro arrivo. Ricordiamo: Dio ci precede sempre, Dio precede sempre la nostra semina». Il Papa spiega Paolo, per evangelizzare, innazitutto accoglie la spiritualità dell’altro, gli si fa vicino. «Agli Ateniesi non dice loro “state sbagliando tutto” oppure “adesso vi insegno la verità”, ma inizia con l’accogliere il loro spirito religioso: “Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l’iscrizione “A un dio ignoto”». L’Apostolo riconosce dignità ai suoi interlocutori e accoglie la loro sensibilità religiosa. Anche se le strade di Atene erano piene di idoli, che l’avevano fatto “fremere dentro di sé”, Paolo accoglie il desiderio di Dio nascosto nel cuore di quelle persone e con gentilezza vuole donare loro lo stupore della fede. Il suo stile non è impositivo, ma propositivo. Non si fonda sul proselitismo, ma sulla mitezza di Gesù»

Francesco ricorda quello che disse papa Benedetto a proposito della visita di Paolo all’Areopago. E cioè che «a noi devono stare molto a cuore le persone agnostiche o atee, ma che dobbiamo fare attenzione perché “quando parliamo di una nuova evangelizzazione, queste persone forse si spaventano. Non vogliono vedere se stesse come oggetto di missione, né rinunciare alla loro libertà di pensiero e di volontà”». Questo ci insegna a elaborare «la passione per l’insieme, che ci conduca – cattolici, ortodossi, fratelli e sorelle di altri credo – ad ascoltarci reciprocamente, a sognare e lavorare insieme, a coltivare la “mistica” della fraternità».

La storia passate resta con le sue ferite, ma si può guardare avanti. Si può lavorare insieme, ortodossi, cattolici e non credenti. Senza aver paura: quando Paolo annuncia la buona notizia, la maggior parte delle persone se ne va, «un piccolo resto si unisce a Paolo, tra cui Dionigi, a cui è intitolata questa Cattedrale! Un piccolo resto, ma è così che Dio tesse le fila della storia, da allora fino a voi oggi».

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