È stato il dialogo il filo conduttore di questa sesta mattinata brasiliana di papa Francesco. «Siamo chiamati a promuovere la cultura dell’incontro», ha detto in una cattedrale strapiena di vescovi, sacerdoti, seminaristi, religiosi e religiose che hanno accompagnato i ragazzi dei rispettivi Paesi all’appuntamento della Gmg. «In molti ambienti», ha continuato il Papa, «si è fatta strada una cultura dell’esclusione, una “cultura dello scarto”. Non c'è posto né per l’anziano né per il figlio non voluto; non c’è tempo per fermarsi con quel povero sul bordo della strada».
Nell’omelia ha esortato i «vescovi, i sacerdoti, i religiosi e anche voi seminaristi che vi preparate al ministero», ad avere il «coraggio di andare controcorrente» in un contesto nel quale «sembra che per alcuni, i rapporti umani siano regolati da due “dogmi” moderni: efficienza e pragmatismo». E invece, dice Francesco, i cristiani non devono rinunciare «a questo dono di Dio: l’unica famiglia dei suoi figli. L’incontro e l’accoglienza di tutti, la solidarietà e la fraternità, sono gli elementi che rendono la nostra civiltà veramente umana. Essere servitori della comunione e della cultura dell’incontro! Lasciatemi dire, che dovremmo essere quasi ossessivi in questo senso».
Dopo la messa, nell’incontro con la classe dirigente del Brasile, in un discorso pronunciato in spagnolo «per poter esprimere meglio quello che porto nel cuore», il Papa ha proseguito sull’importanza di politiche inclusive. Ha citato il profeta Amos per ammonire: «Hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali […] calpestano come la polvere della terra la testa dei poveri e fanno deviare il cammino dei miseri" (Am 2,6-7). Le grida che chiedono giustizia continuano ancor oggi».
Siamo responsabili, ha proseguito, «della formazione di nuove generazioni capaci nell'economia e nella politica, e ferme sui valori etici. Il futuro esige da noi una visione umanista dell'economia e una politica che realizzi sempre più e meglio la partecipazione della gente, eviti gli elitarismi e sradichi la povertà. Che nessuno sia privo del necessario e che a tutti sia assicurata dignità, fratellanza e solidarietà: questa è la strada da seguire».
Il Papa non nasconde le difficoltà, ma sprona la classe dirigente brasiliana pressata, anche in questi giorni, dai moti di piazza e dalle richieste sempre più forti di giustizia sociale. Le manifestazioni che hanno toccato anche Copacabana e bloccato per ore la città non sono sfuggite a papa Francesco che ha voluto sottolineare l’importanza del «dialogo costruttivo. Tra l’indifferenza egoista e la protesta violenta c’è un’opzione sempre possibile: il dialogo. Il dialogo tra le generazioni, il dialogo con il popolo, la capacità di dare e ricevere, rimanendo aperti alla verità. Un Paese cresce quando dialogano in modo costruttivo le sue diverse ricchezze culturali: cultura popolare, cultura universitaria, cultura giovanile, cultura artistica e tecnologica, cultura economica e cultura familiare, e cultura dei media». «Quando i leader dei diversi settori mi chiedono un consiglio», ha concluso Francesco, ripetutamente interrotto dagli applausi, «la mia risposta è sempre la stessa: dialogo, dialogo, dialogo. L'unico modo di crescere per una persona, una famiglia, una società, l'unico modo per far progredire la vita dei popoli è la cultura dell'incontro, una cultura in cui tutti hanno qualcosa di buono da dare e tutti possono ricevere qualcosa di buono in cambio. L'altro ha sempre qualcosa da darmi, se sappiamo avvicinarci a lui con atteggiamento aperto e disponibile, senza pregiudizi. Solo così può crescere una buona intesa fra le culture e le religioni, la stima delle une per le altre senza precomprensioni gratuite e nel rispetto per i diritti di ciascuna. Oggi, o si scommette sulla cultura dell'incontro, o tutti perdono; percorrere la strada giusta rende il cammino fecondo e sicuro».