Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
sabato 21 settembre 2024
 
il papa
 

«No a nostalgie e provincialismi, siate pastori non chierici di Stato»

28/03/2023  Francesco riceve i vescovi calabresi insieme a superiori, formatori e seminaristi: «Il Seminario è il tempo in cui fare verità con noi stessi, lasciando cadere le maschere, i trucchi, le apparenze. Perché il contrario è il mascherarsi, il truccarsi, l’apparire, che è proprio dei funzionari, non dei pastori di popolo»

«È molto triste quando trovi sacerdoti che sono funzionari, che hanno dimenticato l’essere pastori di popolo e si sono trasformati in chierici di Stato, come quelli delle corti francesi, “monsieur l’Abbé”, erano chierici di Stato. È brutto quando si perde il senso sacerdotale. Magari cerchiamo il ministero sacerdotale come un rifugio dietro cui nasconderci o un ruolo per avere prestigio, invece che desiderare di essere pastori con lo stesso cuore compassionevole e misericordioso di Cristo».

Papa Francesco riceve in udienza vescovi, seminaristi, rettori, padri spirituali e formatori di quella «gemma incastonata tra il Tirreno e lo Ionio» che è la Calabria, e pone la domanda del Vangelo “Che cosa cercate?”. «Ve lo chiedo», dice, «con le stesse parole di uno dei vostri Annuari: volete essere sacerdoti clericali che non si sanno impastare con la creta dell’umanità sofferente, oppure essere come Gesù, segno della tenerezza del Padre? Ecco, ricordiamoci questo: il Seminario è il tempo in cui fare verità con noi stessi, lasciando cadere le maschere, i trucchi, le apparenze. E in questo processo di discernimento, lasciarvi lavorare dal Signore, che farà di voi pastori secondo il suo cuore. Perché il contrario è il mascherarsi, il truccarsi, l’apparire, che è proprio dei funzionari, non dei pastori di popolo ma dei chierici di Stato».

Il pellegrinaggio a Roma è stato organizzato dalla Conferenza episcopale calabra. «La domanda di Gesù», ha proseguito il Pontefice, «vorrei rivolgerla anche ai fratelli Vescovi: che cosa cercate? Che cosa desiderate per il futuro della vostra terra, quale Chiesa sognate? E quale figura di prete immaginate per il vostro popolo? Perché voi siete i responsabili della formazione di questi ragazzi: con quale figura li state formando? Questo discernimento è oggi più che mai necessario, perché nel tempo in cui è tramontata una certa cristianità del passato, si è aperta davanti a noi una nuova stagione ecclesiale, che ha richiesto e richiede ancora una riflessione anche sulla figura e sul ministero del prete. Non possiamo più pensarlo come un pastore solitario, chiuso nel recinto parrocchiale o in gruppi di pastori chiusi; occorre unire le forze e mettere in comune le idee, i cuori, per affrontare alcune sfide pastorali che sono ormai trasversali a tutte le Chiese diocesane di una Regione. Penso, per esempio, all’evangelizzazione dei giovani; ai percorsi di iniziazione cristiana; alla pietà popolare - voi avete una ricca pietà popolare -, che ha bisogno di scelte unitarie ispirate al Vangelo; ma penso anche alle esigenze della carità e alla promozione della cultura della legalità. Quest’ultimo lo sottolineo: la cultura della legalità. Come vanno i vostri tribunali? Come va l’esercizio della giustizia nella vostra diocesi?».

Queste sfide, ha detto il Papa, impongono di «formare preti che, pur provenendo dai propri contesti di appartenenza, sappiano coltivare una visione comune del territorio e abbiano una formazione umana, spirituale e teologica unitaria. Perciò, vorrei chiedere a voi Vescovi di fare una scelta chiara sulla formazione sacerdotale: orientare tutte le energie umane, spirituali e teologiche in un unico Seminario. Dico unico. Possono essere due ma sommati: orientare verso l’unità, con tutte le variabili che ci possono essere ma arrivare lì. Questo non vuol dire annientare i seminari; vedete come fare questa unità. Non si tratta di una scelta logistica o meramente numerica, ma finalizzata a maturare insieme una visione ecclesiale e un orizzonte della vita sacerdotale, invece che disperdere le forze moltiplicando i luoghi di formazione e tenendo in piedi piccole realtà con pochi seminaristi. Un seminario di 4, 5, 10 non è un seminario, non si formano seminaristi; un seminario di 100 è anonimo, non forma i seminaristi… Ci vogliono piccole comunità, anche dentro un grande seminario, o un seminario a misura umana; che sia il riflesso del collegio presbiteriale. È un discernimento non facile da fare, non facile. Ma si deve fare e si devono prendere decisioni su questo. Non sarà Roma a dirvi cosa dovete fare, perché il carisma lo avete voi. Noi diamo le idee, gli orientamenti, i consigli, ma il carisma lo avete voi, lo Spirito Santo lo avete voi per questo. Se Roma incominciasse a prendere le decisioni sarebbe uno schiaffo allo Spirito Santo, che lavora nelle Chiese particolari».

Ancora rivolgendosi ai vescovi il Papa ha detto: «Per favore, non lasciatevi paralizzare dalla nostalgia e non restate prigionieri dei provincialismi che fanno tanto male! E voi, Vescovi emeriti, non fate mancare nel silenzio e nella preghiera il vostro sostegno a questo processo. Dico nel silenzio e nella preghiera perché, quando un Pastore ha concluso il proprio mandato, emerge il suo profilo spirituale e il modo in cui ha servito la Chiesa: si vede se ha imparato a congedarsi “spogliandosi … della pretesa di essere indispensabile”, oppure se continua a cercare spazi e a condizionare il cammino della diocesi. Chi è emerito è chiamato a servire con gratitudine la Chiesa nel modo che si addice a questo suo stato. Non è facile congedarsi; a tutti è richiesto uno sforzo per congedarsi. Ho scritto una lettera sull’argomento che incominciava con queste parole: “Imparare a congedarsi”, senza tornare a ficcare il naso, imparare a congedarsi e mantenere quella presenza assente, quella presenza lontana, per cui si sa che l’Emerito è lì ma prega per la Chiesa, è vicino ma non entra nel gioco. Non è facile. È una grazia dello Spirito imparare a congedarsi».

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo