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sabato 15 marzo 2025
 
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Il Papa al Bambin Gesù: «Basta corruzione, non si fanno affari sulla pelle dei bambini»

15/12/2016  Francesco riceve in udienza medici, ricercatori e infermieri dell’Ospedale pediatrico di proprietà della Santa Sede e avverte: «Il marchio di fabbrica deve essere quello di dire no alla corruzione». E domanda: «Si possono fare affari con questi bambini?». Infine, ricorda che il Bambin Gesù «ha avuto una storia non sempre buona, alcune epoche non buone, con la tentazione di trasformare un ospedale di bambini, che non sono mai corrotti, in luogo per fare affari, dove i medici diventano affaristi, gli infermieri affaristi, e tutti affaristi»

Il «marchio di fabbrica» dell'Ospedale Bambino Gesù, di proprietà della Santa Sede, deve essere uno soltanto: «avere paura della corruzione». Quest’ospedale «ha avuto una storia non sempre buona, alcune epoche non buone, con la tentazione di fare l'uniformità, cioè la tentazione di trasformare un ospedale di bambini in luogo per fare affari, dove i medici diventano affaristi, gli infermieri affaristi, e tutti affaristi».

Papa Francesco in Vaticano, attorniato dai bambini sul palco dell’Aula Nervi, riceve in udienza medici, ricercatori e infermieri dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù alla presenza del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e dell’arcivescovo di Bangui, il neo cardinale Dieudonné Nzapalainga. E parla a braccio sulla missione del polo ospedaliero nato nel 1869 come primo ospedale pediatrico d’Italia e nel 1924 donato dalla famiglia Salviati alla Santa Sede, che da allora ne è proprietaria. Il Pontefice ha risposto a braccio alle domande di una infermiera, di un ausiliare, di un neo-laureato in Scienze infermieristiche e di una ex paziente. In particolare al neo-laureato ha risposto: «Luca mi ha chiesto qual è il marchio di fabbrica del Bambin Gesù. Sono i bambini. Il Bambin Gesù», ha detto Francesco, «ha avuto una storia non sempre buona, alcune epoche non buone, con la tentazione di fare l'uniformità, cioè la tentazione di trasformare un ospedale di bambini in luogo per fare affari, dove i medici diventano affaristi, gli infermieri affaristi, e tutti affaristi». E ha aggiunto: «Non dev'essere tutto perfetto: per chi lavora nel Bambin Gesù il marchio di fabbrica è anche essere stanco, sudato, sporco, aver voglia di andare a casa, e poi voglia nuovamente di rimanere... Ma una sola cosa: avere paura della corruzione. Guardate i bambini! - ha invitato il Papa -. Pensiamo, ognuno di noi: posso fare affari corrotti con questi bambini? No. Io posso finire la giornata sudato, sporco, stanco, con voglia di dire qualche parola brutta e mandare qualcuno a quel paese. Posso? Sì, ma senza corruzione!».

Bergoglio ha ribadito: «Il peggior nemico di un ospedale come questo è la corruzione e la corruzione non viene da un giorno all'altro. si scivola lentamente, oggi una mancia lì, domani una raccomandazione là, e lentamente, senza accorgercene, si finisce nella corruzione. I bambini non sono corrotti», ha concluso il Papa. «È come in questo mondo dove si fanno tanti affari con la salute, si inganna tanta gente con l'industria della malattia: il Bambino Gesù deve saper dire “no”. Peccatori sì, tutti lo siamo: corrotti mai!».

Non c'è risposta al perché i bambini soffrono e muoiono

All’incontro con il Papa erano presenti oltre 150 bambini attualmente in cura presso l’Ospedale, accompagnati dai loro genitori. Tra di loro, molti pazienti stranieri provenienti dalle “periferie del mondo”: Argentina, Venezuela, Pakistan, Nepal, Russia, Libano, Moldavia, Ucraina, Bulgaria, Albania, Serbia, Polonia, Congo e Nigeria. I 15 bambini provenienti dalla Repubblica Centrafricana erano invece accompagnati dal neo-cardinale e arcivescovo di Bangui Dieudonné Nzapalainga.

Il Papa ha poi risposto alla domanda di Valentina, un’infermiera del Bambin Gesù sul “perché i bambini muoiono”. «Io», ha detto Francesco, non ho una risposta, credo sia bene che questa domanda rimanga aperta. Nemmeno Gesù ha dato una risposta a parole», ha ricordato Francesco, «di fronte ad alcuni casi, capitati allora, di innocenti che avevano sofferto in circostanze tragiche, Gesù non fece una predica, un discorso teorico. Si può certamente fare, ma Lui non lo ha fatto. Vivendo in mezzo a noi, non ci ha spiegato perché si soffre. Gesù, invece, ci ha mostrato la via per dare senso anche a questa esperienza umana: non ha spiegato perché si soffre, ma sopportando con amore la sofferenza ci ha mostrato per chi si offre. Non perché, ma per chi. Anche questo è teorico», ha commentato. «Perché i bambini soffrono? Non c’è risposta a questo», ha ripetuto: «Soltanto guardare il Crocifisso, lasciare che sia lui a dare la risposta. “Ma padre, Lei non ha studiato teologia, non ha letto libri?” Sì, ma guarda il Crocifisso: soffre, piange, questa è la nostra vita. Non voglio vendere ricette che non servono, questa è la realtà». E ha concluso: «Accompagnare un bambino che soffre è tanto difficile: soltanto carezze, vicinanza, il pianto, piangere con lui, con lei, soltanto questo», la risposta del Papa ad «una delle domande aperte della nostra esistenza. Dio è ingiusto? Sì, è stato ingiusto con suo figlio, l’ha mandato in croce. Ma è la nostra esistenza umana, la nostra carne che soffre in quel bambino, e quando si soffre non si parla: si piange e si prega in silenzio».

la speranza è la benzina della vita cristiana che ci fa andare avanti

  

Infine, il Papa, sempre a braccio, ha concluso invitando alla speranza: «La speranza è la benzina della vita cristiana, che ci fa andare avanti ogni giorno. Riscoprire ogni giorno il valore della gratitudine, saper dire grazie: questa è una piccola cosa che si può imparare dai bambini», ha assicurato Francesco, secondo il quale «dire grazie, semplicemente perché siamo davanti a una persona, è una medicina contro il raffreddarsi della speranza, che è una brutta malattia contagiosa. Le infermiere e gli infermieri hanno una malattia», ha detto il Papa sempre fuori testo: «Soffrono, non possono essere asettici. Quando la speranza si raffredda è terribile», ha commentato: «Invece dire grazie ti fa andare su. Avvicinarsi ai bambini è la medicina più sicura, perché lì si dà speranza». «Sempre vicinanza», l’invito di Francesco: «La speranza è la medicina per non diventare asettici, troppo distillati».

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Abbracci e carezze, il Papa tra i piccoli pazienti dell'ospedale Bambino Gesù
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