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domenica 20 aprile 2025
 
il Papa
 

«Vaccinarsi il più possibile senza cedere alle ideologie del momento»

10/01/2022  Francesco ai diplomatici accreditati presso la Santa Sede: «La pandemia ci impone una “cura di realtà”, che richiede di guardare in faccia al problema. I vaccini non sono strumenti magici di guarigione, ma rappresentano la soluzione più ragionevole per la prevenzione della malattia». E denuncia la cancel culture: «In nome della protezione delle diversità, si finisce per cancellare il senso di ogni identità e creare un pensiero unico pericoloso che rinnega la storia»

Ricorda che la «lotta alla pandemia» richiede ancora «un notevole sforzo da parte di tutti» ed è importante «che possa proseguire lo sforzo per immunizzare quanto più possibile la popolazione. Ciò richiede un molteplice impegno a livello personale, politico e dell’intera comunità internazionale».

Richiama al senso del dovere ogni persona: «Tutti», dice, «abbiamo la responsabilità di aver cura di noi stessi e della nostra salute, il che si traduce anche nel rispetto per la salute di chi ci è vicino. La cura della salute rappresenta un obbligo morale. Purtroppo, constatiamo sempre più come viviamo in un mondo dai forti contrasti ideologici. Tante volte», sottolinea, «ci si lascia determinare dall’ideologia del momento, spesso costruita su notizie infondate o fatti scarsamente documentati. Ogni affermazione ideologica recide i legami della ragione umana con la realtà oggettiva delle cose. Proprio la pandemia ci impone, invece, una sorta di “cura di realtà”, che richiede di guardare in faccia al problema e di adottare i rimedi adatti per risolverlo. I vaccini non sono strumenti magici di guarigione, ma rappresentano certamente, in aggiunta alle cure che vanno sviluppate, la soluzione più ragionevole per la prevenzione della malattia».

A inizio anno, come da tradizione, papa Francesco incontra il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per gli auguri d’inizio anno e tiene un discorso nel quale tocca numerosi temi: dalla pandemia e le sue conseguenze a livello sanitario, sociale, economico, all’accesso alle cure e ai vaccini, dalle guerre in Siria, Yemen, Ucraina, Sud Sudan alla pericolosità della cancel culture che rischia di portare al pensiero unico, dalla responsabilità dell’educazione alla mancanza di lavoro, dall’economia ala cura della casa comune fino fenomeno delle migrazioni.

All’inizio del discorso, il Papa ringrazia i rappresentanti dei 183 Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Ad essi vanno aggiunti l'Unione Europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta. Le Cancellerie di Ambasciata con sede a Roma, incluse quelle dell'Unione Europea e del Sovrano Militare Ordine di Malta, sono 87. Hanno sede a Roma anche gli Uffici della Lega degli Stati Arabi, dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

Francesco sottolinea che sulla gestione della pandemia da parte dei governi «la carenza di fermezza decisionale e di chiarezza comunicativa genera confusione, crea sfiducia e mina la coesione sociale, alimentando nuove tensioni. Si instaura un “relativismo sociale” che ferisce l’armonia e l’unità».

Richiama a un «impegno complessivo della comunità internazionale, affinché tutta la popolazione mondiale», dice, «possa accedere in egual misura alle cure mediche essenziali e ai vaccini. Purtroppo occorre constatare con dolore che per vaste aree del mondo l’accesso universale all’assistenza sanitaria rimane ancora un miraggio. In un momento così grave per tutta l’umanità, ribadisco il mio appello affinché i Governi e gli enti privati interessati mostrino senso di responsabilità, elaborando una risposta coordinata a tutti i livelli (locale, nazionale, regionale, globale), mediante nuovi modelli di solidarietà e strumenti atti a rafforzare le capacità dei Paesi più bisognosi».

«I migranti problema di tutti, hotspot disumani»

  

Nella prima parte del discorso, il Papa ricorda alcuni appuntamenti e i viaggi apostolici fatti l’anno scorso: la preghiera per la pace in Libano il 1° luglio in Vaticano, il viaggio in Iraq a marzo e a Budapest a settembre per il Congresso Eucaristico Internazionale, fino al viaggio, ai primi di dicembre, a Cipro e in Grecia: «Una parte toccante di questo viaggio», ricorda il Papa, «ha avuto luogo nell’isola di Lesbo, dove ho potuto constatare la generosità di quanti prestano la propria opera per fornire accoglienza e aiuto ai migranti, ma soprattutto ho visto i volti dei tanti bambini e adulti ospiti dei centri di accoglienza. Nei loro occhi c’è la fatica del viaggio, la paura di un futuro incerto, il dolore per i propri cari rimasti indietro e la nostalgia della patria che sono stati costretti ad abbandonare. Davanti a questi volti non possiamo rimanere indifferenti e non ci si può trincerare dietro muri e fili spinati con il pretesto di difendere la sicurezza o uno stile di vita. Questo non si può».

Il Papa ringrazia «quanti, individui e governi, si adoperano per garantire accoglienza e protezione ai migranti, facendosi carico anche della loro promozione umana e della loro integrazione nei Paesi che li hanno accolti. Sono consapevole delle difficoltà che alcuni Stati incontrano di fronte a flussi ingenti di persone. A nessuno», aggunge, «può essere chiesto quanto è impossibilitato a fare, ma vi è una netta differenza fra accogliere, seppure limitatamente, e respingere totalmente».

Bergoglio invita tutti a «vincere l’indifferenza e rigettare il pensiero che i migranti siano un problema di altri. L’esito di tale approccio lo si vede nella disumanizzazione stessa dei migranti concentrati in hotspot, dove finiscono per essere facile preda della criminalità e dei trafficanti di esseri umani, o per tentare disperati tentativi di fuga che a volte si concludono con la morte. Purtroppo, occorre anche rilevare che i migranti stessi sono spesso trasformati in arma di ricatto politico, in una sorta di “merce di contrattazione” che priva le persone della dignità».

Il Papa ricorda la crisi afghana e quella siriana, come pure le guerre in Africa, e invita a un approccio multilaterale, già più volte richiamato: «La questione migratoria, come anche la pandemia e il cambiamento climatico, mostrano chiaramente che nessuno si può salvare da sé, ossia che le grandi sfide del nostro tempo sono tutte globali», afferma il Papa, «desta perciò preoccupazione constatare che di fronte a una maggiore interconnessione dei problemi, vada crescendo una più ampia frammentazione delle soluzioni. Non di rado si riscontra una mancanza di volontà nel voler aprire finestre di dialogo e spiragli di fraternità, e questo finisce per alimentare ulteriori tensioni e divisioni, nonché un generale senso di incertezza e instabilità. Occorre, invece, recuperare il senso della nostra comune identità di unica famiglia umana. L’alternativa è solo un crescente isolamento, segnato da preclusioni e chiusure reciproche che di fatto mettono ulteriormente in pericolo il multilateralismo, ovvero quello stile diplomatico che ha caratterizzato i rapporti internazionali dalla fine della seconda guerra mondiale».

Francesco afferma che c’è un «deficit di efficacia di molte organizzazioni internazionali, dovuto anche alla diversa visione, tra i vari membri, degli scopi che esse si dovrebbero prefiggere. Non di rado il baricentro d’interesse si è spostato su tematiche per loro natura divisive e non strettamente attinenti allo scopo dell’organizzazione, con l’esito di agende sempre più dettate da un pensiero che rinnega i fondamenti naturali dell’umanità e le radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli». Per il Papa si tratta di una «forma di colonizzazione ideologica, che non lascia spazio alla libertà di espressione e che oggi assume sempre più la forma di quella cancel culture, che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche. In nome della protezione delle diversità, si finisce per cancellare il senso di ogni identità, con il rischio di far tacere le posizioni che difendono un’idea rispettosa ed equilibrata delle varie sensibilità. Si va elaborando», è la denuncia di Francesco, «un pensiero unico – pericoloso – costretto a rinnegare la storia, o peggio ancora a riscriverla in base a categorie contemporanee, mentre ogni situazione storica va interpretata secondo l’ermeneutica dell’epoca, non l’ermeneutica di oggi».

Sull’emergenza climatica il Papa fa riferimento alla recente COP26 di Glasgow dove, sottolinea, «sono stati compiuti alcuni passi che vanno nella giusta direzione, anche se piuttosto deboli rispetto alla consistenza del problema da affrontare. La strada per il conseguimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi è complessa e sembra essere ancora lunga, mentre il tempo a disposizione è sempre meno. Vi è ancora molto da fare», riconosce il Papa, «e dunque il 2022 sarà un altro anno fondamentale per verificare quanto e come ciò che si è deciso a Glasgow possa e debba essere ulteriormente rafforzato, in vista della COP27, prevista in Egitto nel novembre prossimo».

«Possedere armi nucleari è immorale»

  

Il Pontefice sottolinea che la corsa agli armamenti è causa delle guerre che insanguinano il mondo e non la soluzione. Poi ricorda che a fine dicembre scorso è stata posticipata, a causa della pandemia, la X Conferenza d’Esame del Trattato sulla Non-Proliferazione Nucleare, che era prevista a New York in questi giorni: «Un mondo libero da armi nucleari è possibile e necessario», dice il Papa, «auspico, pertanto, che la Comunità internazionale colga l’opportunità di quella Conferenza per compiere un passo significativo in tale direzione. La Santa Sede rimane ferma nel sostenere che le armi nucleari sono strumenti inadeguati e inappropriati a rispondere alle minacce contro la sicurezza nel 21° secolo e che il loro possesso è immorale».

Nell’ultima parte del discorso, il Papa si sofferma sull’emergenza educativa che la pandemia ha acuito, sia pure in maniera diversa, nelle varie parti del mondo: «Molti», ricorda, «mediante i moderni strumenti tecnologici, hanno trovato rifugio in realtà virtuali, che creano legami psicologici ed emotivi molto forti, con la conseguenza di estraniare dagli altri e dalla realtà circostante e di modificare radicalmente le relazioni sociali. Con ciò non intendo certo negare l’utilità della tecnologia e dei suoi prodotti, che consentono di connettersi sempre più facilmente e rapidamente, ma richiamo l’urgenza di vigilare affinché tali strumenti non sostituiscano i veri rapporti umani, a livello interpersonale, familiare, sociale e internazionale. Se fin da piccoli si impara a isolarsi, più difficile sarà in futuro costruire ponti di fraternità e di pace. In un universo dove esiste solo l’“io”, difficilmente può esserci spazio per un “noi”».

Il Papa denuncia poi il fatto «come spesso, nei bilanci statali, poche risorse vengano destinate all’educazione. Essa viene vista prevalentemente come un costo, mentre si tratta del miglior investimento possibile».

Un passaggio Francesco lo dedica alla piaga della pedofilia nel clero con vari scandali che hanno coinvolto di recente diverse chiese nazionali, a cominciare da quella francese: «La Chiesa Cattolica ha sempre riconosciuto e valorizzato il ruolo dell’educazione per la crescita spirituale, morale e sociale delle nuove generazioni», dice, «è perciò ancor più per me motivo di dolore constatare come in diversi luoghi educativi – parrocchie e scuole – si siano consumati abusi sui minori, con gravi conseguenze psicologiche e spirituali sulle persone che li hanno subiti. Si tratta di crimini, sui quali vi deve essere la ferma volontà di fare chiarezza, vagliando i singoli casi, per accertare le responsabilità, rendere giustizia alle vittime e impedire che simili atrocità si ripetano in futuro».

Infine, Bergoglio ricorda come la pandemia abbia ridotto in povertà e privato del lavoro numerose famiglie: «La consapevolezza del valore del lavoro», afferma, «acquista un’importanza ulteriore poiché non esiste sviluppo economico senza il lavoro, né si può pensare che le moderne tecnologie possano rimpiazzare il valore aggiunto procurato dal lavoro umano. Esso è poi occasione di scoperta della propria dignità, di incontro e di crescita umana, via privilegiata attraverso la quale ciascuno partecipa attivamente al bene comune e dà un contributo concreto all’edificazione della pace. Anche in quest’ambito è perciò necessaria maggiore cooperazione tra tutti gli attori a livello locale, nazionale, regionale e globale, specialmente nel prossimo periodo, con le sfide poste dall’auspicata riconversione ecologica».

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