Nessun discorso preparato in anticipo. Papa Francesco parla a braccio nella messa che celebra al Verano, il cimitero di Roma, nella festa di tutti i santi. Riprende le parole della pirma lettura, in cui si parla del potere dato agli angeli di devastare la terra. E dice: «Gli uomini sono capaci di farlo meglio. Noi uomini siamo capaci di devastare la terra meglio degli angeli, questo lo stiamo facendo. Siamo capaci di devastare la terra, la cultura, la speranza. Quanto bisogno abbiamo della forza del Signore perché ci sigilli con il suo amore e la sua forza per fermare questa pazza corsa di distruzione. Distruzione di quello che Lui ci ha dato, delle cose più belle che lui ha fatto per noi perché noi le portassimo avanti, le facessimo crescere, dare i frutti».
Il Papa torna sulla cultura dello scarto, su quanto successo durante il bombardamento di 71 anni fa che distrusse il quartiere San Lorenzo, quello dove sorge il cimitero del Verano, un evento che «è stato tanto grave e doloroso, ma è niente in comparazione a quello che oggi accade. L'uomo si impadronisce di tutto, si crede Dio, si crede re. E le guerre che continuano, non precisamente a seminare grano di vita, ma a distruggere, è l'industria della distruzione, è un sistema anche di vita che quando le cose non si possono sistemare si scartano: si scartano i bambini, gli anziani, i giovani senza lavoro, questa è la devastazione che ha fatto la cultura dello scarto: si scartano i popoli».
E se la prima immagine è quella della distruzione, la seconda è quella delle vittime, di questa «moltitudine immensa che nessuno poteva contare di ogni nazione, tribù, popolo, lingua». Adesso che comincia il freddo «questi poveri devono fuggire per salvare la vita nel deserto e vivono in tende, sentono il freddo, senza medicine, affamati perché il dio-uomo si è impadronito del creato, di tutto il bello che Dio ha fatto per noi, ma chi paga la festa? Loro, i piccoli, i poveri, quelli che da persona sono finiti in scarto. E questo non è storia antica, succede oggi, anche qui, in tutte le parti, oggi. Dirò di più, sembra che questa gente, questi bambini affamati, ammalati, sembra che non contino, che siano di un'altra specie, non siano umani. E questa moltitudine è davanti a Dio e chiede: "per favore salvezza, per favore pace, per favore pane, per favore lavoro, per favore figli e nonni, per favore giovani con la dignità di poter lavorare"».
Il Papa continua citando la moltitudine di anziani vestiti di bianco di cui parla la lettura: «Chi sono, da dove vengono? Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione, che hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell'agnello. Oggi, nel giorno di tutti i Santi, vorrei che noi pensassimo a tutti questi santi sconosciuti, peccatori come noi, peggio di noi, ma distrutti, a questa tanta gente che viene dalla grande tribolazione. La maggior parte del mondo è in tribolazione e il Signore santifica questo popolo, peccatore come noi, con la tribolazione».
Infine la terza immagine: «La devastazione, le vittime, e Dio. Noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. La speranza che abbiamo è che Dio abbia pietà del suo popolo, che abbia pietà di questi che sono nella grande tribolazione, che abbia pietà anche dei distruttori che si convertano».
Ma qual è l'atteggiamento che dobbiamo avere per camminare in questo popolo verso Dio? Il Papa insiste:
«Il nostro atteggiamento, lo abbiamo sentito nel Vangelo, è l'atteggiamento delle beatitudini, soltanto quel cammino ci porterà all'incontro con Dio, soltanto quel cammino ci salverà dalla distruzione del creato, della terra, della morale, della famiglia, della storia, di tutto. Questo cammino ci farà passare cose brutte, persecuzioni, ma soltanto quel cammino ci porterà avanti. E così questo popolo che tanto soffre oggi per l'egoismo dei devastatori, questo popolo va avanti con le beatitudini, con la speranza di trovare Dio, di trovare a quattr'occhi il Signore, di diventare santi in quel momento dell'incontro definitivo con Lui».