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lunedì 14 ottobre 2024
 
il papa
 

«Davanti ai volti dei migranti non possiamo girarci dall'altra parte»

08/12/2021  Francesco all’Angelus per l’Immacolata parla del suo viaggio in Grecia e a Cipro: «A Lesbo ho potuto guardare negli occhi questa sofferenza. Per favore, guardiamo negli occhi gli scartati che incontriamo. Lasciamoci provocare dai visi dei bambini, figli di migranti disperati». E ricorda che la santità, sull’esempio di Maria, «non è questione di santini e immaginette ma di essere umili, ossia di non avere occhi per sé, ma per Dio e per gli altri»

Ricorda qual è «l’umiltà vera: non avere occhi per sé, ma per Dio e per gli altri». E nel rievocare l’Annunciazione dell’angelo a Maria sottolinea che «tra le mura di casa una persona si rivela meglio che altrove». Poi torna sul viaggio apostolico a Cipro e in Grecia concluso lunedì: «Ripeto che davanti alla storia, davanti ai volti di chi emigra, non possiamo tacere, non possiamo girarci dall'altra parte». Dopo la preghiera solitaria all’alba in piazza di Spagna e poi a Santa Maria Maggiore, papa Francesco recita l’Angelus nella festa dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria.

«Il Vangelo della Liturgia di oggi», afferma, «ci fa entrare nella sua casa di Nazaret, dove riceve l’annuncio dell’angelo. Tra le mura di casa una persona si rivela meglio che altrove. E proprio in quella intimità domestica il Vangelo ci dona un particolare, che rivela la bellezza del cuore di Maria. L’angelo la chiama “piena di grazia”. Se è piena di grazia», chiosa il Papa, «vuol dire che la Madonna è vuota di male, è senza peccato, Immacolata. Ora, a questo saluto Maria – dice il testo – rimane “molto turbata”».

La Madonna, prosegue il Papa, «non è solo sorpresa, ma turbata. Ricevere grandi saluti, onori e complimenti a volte rischia di suscitare vanto e presunzione. Ricordiamo che Gesù non è tenero con chi va alla ricerca dei saluti nelle piazze, dell’adulazione, della visibilità. Maria invece non si esalta, ma si turba; anziché provare piacere, prova stupore. Il saluto dell’angelo le sembra più grande di lei». Perché questo atteggiamento? «Perché», risponde Bergoglio, «si sente piccola dentro, e questa piccolezza, questa umiltà attira lo sguardo di Dio. Tra le mura della casa di Nazaret vediamo così un tratto meraviglioso del cuore di Maria: ricevuto il più alto dei complimenti, si turba perché sente rivolto a sé quanto non attribuiva a sé stessa. Maria, infatti, non si attribuisce prerogative, non rivendica qualcosa, non ascrive nulla a suo merito. Non si autocompiace, non si esalta. Perché nella sua umiltà sa di ricevere tutto da Dio. È dunque libera da sé stessa, tutta rivolta a Dio e agli altri. Maria Immacolata non ha occhi per sé. Ecco l’umiltà vera: non avere occhi per sé, ma per Dio e per gli altri».

Francesco ribadisce un aspetto importante: «Questa perfezione di Maria, la piena di grazia, viene dichiarata dall’angelo tra le mura di casa sua: non nella piazza principale di Nazaret, ma lì, nel nascondimento, nella più grande umiltà. In quella casetta a Nazaret palpitava il cuore più grande che una creatura abbia mai avuto». Questo avvenimento, dice il Papa, «è una notizia straordinaria per noi! Perché ci dice che il Signore, per compiere meraviglie, non ha bisogno di grandi mezzi e delle nostre capacità eccelse, ma della nostra umiltà, del nostro sguardo aperto a Lui e agli altri. Con quell’annuncio, tra le povere mura di una piccola casa, Dio ha cambiato la storia. Anche oggi desidera fare grandi cose con noi nella quotidianità: in famiglia, al lavoro, negli ambienti di ogni giorno. Lì, più che nei grandi eventi della storia, la grazia di Dio ama operare. Ma, mi domando, ci crediamo?», chiede ancora Francesco, «oppure pensiamo che la santità sia un’utopia, qualcosa per gli addetti ai lavori, una pia illusione incompatibile con la vita ordinaria? Chiediamo alla Madonna», ha concluso il Papa, «una grazia: che ci liberi dall’idea fuorviante che una cosa è il Vangelo e un’altra la vita; che ci accenda di entusiasmo per l’ideale della santità, che non è questione di santini e immaginette, ma di vivere ogni giorno quello che ci capita umili e gioiosi, liberi da noi stessi, con gli occhi rivolti a Dio e al prossimo che incontriamo. Non perdiamoci di coraggio: a tutti il Signore ha dato una stoffa buona per tessere la santità nella vita quotidiana! E quando ci assale il dubbio di non farcela, la tristezza di essere inadeguati, lasciamoci guardare dagli “occhi misericordiosi” della Madonna, perché nessuno che abbia chiesto il suo soccorso è stato mai abbandonato».

Dopo l’Angelus, il Papa ha tracciato un bilancio del recente viaggio a Cipro e in Grecia: «Ringrazio il Signore per questo pellegrinaggio», ha detto ai fedeli presenti in piazza San Pietro, «ringrazio tutti voi per la preghiera che mi ha accompagnato, e le popolazioni di quei due cari Paesi, con le loro autorità civili e religiose, per l'affetto e la gentilezza con cui mi hanno accolto. A tutti ripeto: grazie!». Cipro, ha proseguito Francesco, «è un perla nel Mediterraneo: una perla di rara bellezza, che però porta impressa la ferita del filo spinato, il dolore per un muro che la divide. A Cipro - ha sottolineato - mi sono sentito in famiglia. Ho trovato in tutti dei fratelli e delle sorelle. Conservo nel cuore ogni incontro: in particolare la messa allo stadio di Nicosia».

«Mi ha commosso - ha aggiunto il Papa - il caro fratello ortodosso Chrysostomos quando mi ha parlato della Chiesa madre: da cristiani percorriamo vie diverse, ma siamo figli della Chiesa di Gesù, che è madre e ci accompagna, ci custodisce, ci fa andare avanti, tutti fratelli. Il mio augurio per Cipro - ha detto ancora - è che sia sempre un laboratorio di fraternità, dove l'incontro prevalga sullo scontro, dove si accoglie il fratello, soprattutto quando è povero, scartato, emigrato».

«Penso poi con gratitudine alla Grecia». Anche in quel Paese, ha aggiunto, «ho ricevuto un'accoglienza fraterna. Ad Atene ho sentito di essere immerso nella grandezza della storia, in quella memoria dell'Europa: umanesimo, democrazia, sapienza, fede. Anche lì ho provato la mistica dell'insieme: nell'incontro con i fratelli vescovi e la comunità cattolica, nella messa fastosa celebrata nel giorno del Signore, e poi con i giovani venuti da tante parti, appunto da molto lontano, per vivere e condividere la gioia del Vangelo. E ancora ho vissuto il dono di abbracciare il caro arcivescovo ortodosso Ieronymos: prima mi ha accolto a casa sua e il giorno seguente è venuto a trovarmi. Custodisco nel cuore questa fraternità. Affido alla santa Madre di Dio i tanti semi di incontro e di speranza che il Signore ha sparso in questo pellegrinaggio. Vi chiedo di continuare a pregare perché germoglino nella pazienza e fioriscano nella fiducia».

Poi il Papa si è soffermato sul dramma dei migranti incontrati: «A Cipro come a Lesbo ho potuto guardare negli occhi questa sofferenza. Per favore, guardiamo negli occhi gli scartati che incontriamo. Lasciamoci provocare dai visi dei bambini, figli di migranti disperati. Lasciamoci scavare dentro dalla loro sofferenza per reagire alla nostra indifferenza. Guardiamo i loro volti per risvegliarci al sonno dell'abitudine».

Bergoglio ha poi ricordato che oggi si conclude l’Anno dedicato a San Giuseppe e, il 10 dicembre, il Giubileo lauretano. Alla fine, ha salutato i pellegrini presenti e in particolare l’Azione cattolica italiana augurando che «nelle diocesi e nelle parrocchie sia una palestra di sinodalità».

Multimedia
Le immagini della preghiera del Papa all'Immacolata
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