Lancia un duplice appello per la pace in Siria e in Nicaragua. Incoraggia il dialogo ritrovato tra i governi di Etiopia ed Eritrea. E chiede di pregare per l’incontro ecumenico di Bari del 7 luglio prossimo durante il quale insieme ai leader e ai patriarchi delle Chiese orientali pregherà per la pace nel Medio Oriente martoriato. Papa Francesco all’Angelus posa lo sguardo sulle situazioni internazionali più incandescenti e difficili. Il primo pensiero e la preghiera del Pontefice sono «per l’amato popolo del Nicaragua»: «Desidero unirmi», dice Francesco, «agli sforzi che stanno compiendo i Vescovi del Paese e tante persone di buona volontà, nel loro ruolo di mediazione e di testimonianza per il processo di dialogo nazionale in corso sulla strada della democrazia».
L’altra situazione che preoccupa il Papa è quella della Siria, «in particolare», sottolinea Bergoglio, «nella provincia di Daraa, dove le azioni militari di questi ultimi giorni hanno colpito anche scuole e ospedali, e hanno provocato migliaia di nuovi profughi. Rinnovo, insieme con la preghiera, il mio appello perché alla popolazione, già duramente provata da anni, siano risparmiate ulteriori sofferenze».
Infine, il Corno d’Africa: «In mezzo a tanti conflitti», sono le parole del Papa, «è doveroso segnalare una iniziativa che si può definire storica - e si può dire anche che è una buona notizia: in questi giorni, dopo vent’anni, i governi di Etiopia ed Eritrea sono tornati a parlare insieme di pace. Possa tale incontro accendere una luce di speranza per questi due Paesi del Corno d’Africa e per l’intero continente africano».
Infine, chiede ai fedeli di pregare per l’incontro in Puglia: «Sabato prossimo mi recherò a Bari, insieme a molti Capi di Chiese e Comunità cristiane del Medio Oriente. Vivremo una giornata di preghiera e riflessione sulla sempre drammatica situazione di quella regione, dove tanti nostri fratelli e sorelle nella fede continuano a soffrire, e imploreremo a una voce sola: “Su di te sia pace!”. Chiedo a tutti di accompagnare con la preghiera questo pellegrinaggio di pace e di unità». Nella catechesi prima dell’Angelus Francesco commenta il Vangelo del giorno e ribadisce la misericordia di Dio: «Sulla strada del Signore», spiega, «sono ammessi tutti: nessuno deve sentirsi un intruso, un abusivo o un non avente diritto. Per avere accesso al suo cuore, al cuore di Gesù, c’è un solo requisito: sentirsi bisognosi di guarigione e affidarsi a Lui».
«Gesù ridona la vita a chi si fida pienamente di Lui»
Il Pontefice ricorda i due miracoli operati da Gesù nel Vangelo odierno: «Dapprima», spiega ai fedeli, «l’Evangelista narra di un certo Giairo, uno dei capi della sinagoga, che viene da Gesù e lo supplica di andare a casa sua perché la figlia di dodici anni sta morendo. Gesù accetta e va con lui; ma, lungo la strada, giunge la notizia che la ragazza è morta. Possiamo immaginare la reazione di quel papà. Gesù però gli dice: “Non temere, soltanto abbi fede!” Arrivati a casa di Giairo, Gesù fa uscire la gente che piangeva - c’erano anche le donne prefiche che urlavano forte - ed entra nella stanza solo coi genitori e i tre discepoli, e rivolgendosi alla defunta dice: "Fanciulla, io ti dico: alzati!". E subito la ragazza si alza, come svegliandosi da un sonno profondo. Dentro il racconto di questo miracolo, Marco ne inserisce un altro: la guarigione di una donna che soffriva di emorragie e viene sanata appena tocca il mantello di Gesù». In questo episodio, spiega ancora il Papa, «colpisce il fatto che la fede di questa donna attira – a me viene voglia di dire “ruba” – la potenza salvifica divina che c’è in Cristo, il quale, sentendo che una forza “era uscita da lui”, cerca di capire chi sia stato. E quando la donna, con tanta vergogna, si fa avanti e confessa tutto, Lui le dice: “Figlia, la tua fede ti ha salvata”».
Qual è il filo rosso che unisce questi due miracoli? «Si tratta», dice il Papa, «di due racconti a incastro, con un unico centro: la fede; e mostrano Gesù come sorgente di vita, come Colui che ridona la vita a chi si fida pienamente di Lui. I due protagonisti, cioè il padre della fanciulla e la donna malata, non sono discepoli di Gesù eppure vengono esauditi per la loro fede. Hanno fede in quell’uomo».
Poi si rivolge direttamente ai fedeli: «Ognuno di voi si sente bisognoso di guarigione? Di qualche cosa, di qualche peccato, di qualche problema? E, se sente questo, ha fede in Gesù? Sono i due requisiti per essere guariti, per avere accesso al suo cuore: sentirsi bisognosi di guarigione e affidarsi a Lui. Gesù va a scoprire queste persone tra la folla e le toglie dall’anonimato, le libera dalla paura di vivere e di osare. Lo fa con uno sguardo e con una parola che li rimette in cammino dopo tante sofferenze e umiliazioni. Anche noi siamo chiamati a imparare e a imitare queste parole che liberano e questi sguardi che restituiscono, a chi ne è privo, la voglia di vivere».
Commentando la guarigione della figlia di Giairo, il Papa nota come «In questa pagina evangelica si intrecciano i temi della fede e della vita nuova che Gesù è venuto ad offrire a tutti. Entrato nella casa dove giace morta la fanciulla, Egli caccia fuori quelli che si agitano e fanno lamento e dice: “La bambina non è morta, dorme”. Gesù è il Signore, e davanti a Lui la morte fisica è come un sonno: non c’è motivo di disperarsi. Un’altra», sottolinea il Papa, «è la morte di cui avere paura: quella del cuore indurito dal male! Di quella sì, dobbiamo avere paura! Quando noi sentiamo di avere il cuore indurito, il cuore che si indurisce e, mi permetto la parola, il cuore mummificato, dobbiamo avere paura di questo. Questa è la morte del cuore. Ma anche il peccato, anche il cuore mummificato, per Gesù non è mai l’ultima parola, perché Lui ci ha portato l’infinita misericordia del Padre». E ha concluso: «Chiediamo alla Vergine Maria di accompagnare il nostro cammino di fede e di amore concreto, specialmente verso chi è nel bisogno. E invochiamo la sua materna intercessione per i nostri fratelli che soffrono nel corpo e nello spirito».