La Giornata mondiale dei poveri che si celebra questa domenica («Ho visto alcune statistiche sulla povertà pochi minuti fa, l’indifferenza della società nei loro confronti fa davvero soffrire»), l’imminente viaggio in Thailandia e Giappone («Martedì comincerò il mio pellegrinaggio in questi due Paesi e vi chiedo una preghiera») e il significato delle letture odierne. Siamo agli sgoccioli dell’anno liturgico e il Papa all’Angelus davanti ai fedeli riuniti in piazza San Pietro sotto una pioggia battente si sofferma a spiegare il Vangelo di questa domenica: «La distruzione del tempio preannunciata da Gesù è figura non tanto della fine della storia, quanto del fine della storia. Infatti, di fronte agli ascoltatori che vogliono sapere come e quando accadranno questi segni, Gesù risponde con il tipico linguaggio apocalittico della Bibbia».
Gesù, spiega Bergoglio, «usa due immagini apparentemente contrastanti: la prima è una serie di eventi paurosi: catastrofi, guerre, carestie, sommosse e persecuzioni; l’altra è rassicurante: “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”. Dapprima c’è uno sguardo realistico sulla storia, segnata da calamità e anche da violenze, da traumi che feriscono il creato, nostra casa comune, e anche la famiglia umana che vi abita, e la stessa comunità cristiana. La seconda immagine – racchiusa nella rassicurazione di Gesù – ci dice l’atteggiamento che deve assumere il cristiano nel vivere questa storia, caratterizzata da violenza e avversità».
Un atteggiamento, ricorda, segnato dalla «speranza in Dio, che consente di non lasciarsi abbattere dai tragici eventi. Anzi, essi sono “occasione di dare testimonianza”. I discepoli di Cristo», sottolinea il Pontefice, «non possono restare schiavi di paure e angosce; sono chiamati invece ad abitare la storia, ad arginare la forza distruttrice del male, con la certezza che ad accompagnare la sua azione di bene c’è sempre la provvida e rassicurante tenerezza del Signore. Questo è il segno eloquente che il Regno di Dio viene a noi, cioè che si sta avvicinando la realizzazione del mondo come Dio lo vuole. È Lui che conduce la nostra esistenza e conosce il fine ultimo delle cose e degli eventi. Sotto lo sguardo misericordioso del Signore si dipanano le vicende dell’umanità nel loro fluire incerto e nel loro intreccio di bene e di male. Ma tutto quello che succede è custodito in Lui; la nostra vita non si può perdere perché è nelle sue mani».
«Ringrazio diocesi e parrocchie che hanno promosso iniziative per dare speranza ai più disagiati»
Il Papa ricorda anche l’esempio dei «martiri cristiani dei nostri tempi, i quali, nonostante le persecuzioni, sono uomini e donne di pace. Essi ci consegnano una eredità da custodire e imitare: il Vangelo dell’amore e della misericordia. Questo è il tesoro più prezioso che ci è stato donato e la testimonianza più efficace che possiamo dare ai nostri contemporanei, rispondendo all’odio con l’amore, all’offesa con il perdono».
Dopo la preghiera dell’Angelus Francesco ricorda che sabato «a Riobamba, in Ecuador, è stato proclamato Beato padre Emilio Moscoso, sacerdote martire della Compagnia di Gesù, ucciso nel 1897 nel clima persecutorio contro la Chiesa Cattolica. Il suo esempio di religioso umile, apostolo della preghiera ed educatore della gioventù, sostenga il nostro cammino di fede e di testimonianza cristiana». E chiede ai fedeli «un applauso al nuovo Beato!».
Dopo aver celebrato la Messa solenne nella Basilica di San Pietro dedicata ai poveri nella Giornata mondiale loro dedicata, il Papa ricorda il tema scelto per quest’anno (“La speranza dei poveri non sarà mai delusa”) e rivolge un «grato pensiero a quanti, nelle diocesi e nelle parrocchie di tutto il mondo, hanno promosso iniziative di solidarietà per dare concreta speranza alle persone più disagiate. Ringrazio i medici e gli infermieri che hanno prestato servizio in questi giorni nel Presidio Medico qui in Piazza San Pietro. Tra poco avrò la gioia di condividere il pranzo con circa 1.500 persone bisognose, per testimoniare l’attenzione che non deve mai mancare nei confronti di questi nostri fratelli e sorelle».