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giovedì 14 novembre 2024
 
udienza generale
 

Il Papa all'udienza «Ci vuole speranza per essere guariti dalla tristezza di cui siamo malati»

05/04/2023  Il Pontefice ricorda che la pietra rotolata davanti al sepolcro sembra sigillare tutto. Ma è da lì che nasce la nostra salvezza. E poi prega per le mamme dei soldati ucraini e russi morti nella guerra

«Senza speranza non si può vivere». Papa Francesco, nel mercoledì che precede la Pasqua lascia la catechesi sulla passione per l’evangelizzazione e incentra l’udienza sul tema «Il Crocifisso, sorgente di speranza». Nonostante il vento gelido incontra i pellegrini in piazza, a una settimana dal suo ricovero al Gemelli e parla «speranza sigillata sotto la pietra della sfiducia». Commentando il brano del Vangelo di Matteo che termina con le parole: «Sigillarono la pietra», il Pontefice ricorda che il quel momento «tutto sembra finito. Per i discepoli di Gesù quel macigno segna il capolinea della speranza. Il Maestro è stato crocifisso, ucciso nel modo più crudele e umiliante, appeso a un patibolo infame fuori dalla città: un fallimento pubblico, il peggior finale possibile». Accade così anche a noi, oggi, quando «si addensano pensieri cupi e sentimenti di frustrazione: perché tanta indifferenza verso Dio? Perché tanto male nel mondo?». Vene da chiederci «Perché le disuguaglianze continuano a crescere e la sospirata pace non arriva? Perché siamo attaccati così alla guerra, al farsi male l'uno con l'altro? E nei cuori di ognuno, quante attese svanite, quante delusioni». Si fa strada «quella sensazione che i tempi passati fossero migliori e che nel mondo, magari pure nella Chiesa, le cose non vadano come una volta. Insomma, anche oggi la speranza sembra a volte sigillata sotto la pietra della sfiducia».

In giro c’è molta gente triste, Francesco ricorda che «quando potevo andare per le strade, adesso non posso perché non mi lasciano, quando andavo nelle strade nell'altra diocesi, mi piaceva guardare la gente. Quanta gente triste, che parlava da sola, che guardava il telefonino ... gente senza pace e speranza. Ci vuole speranza per essere guariti dalla tristezza di cui siamo malati, dall'amarezza con cui inquiniamo la chiesa e il mondo». Ognuno di noi ha delle ferite, anche piccole, dobbiamo guardarle e cercare di guarire. Dobbiamo fare pulizia nel cuore, come si fa con gli armadi. Quante cose abbiamo nel guardaroba. Papa Francesco ricorda che anche a Santa Marta, dove vive, si fa ogni tanto la raccolta del superfluo, di quello che non si usa e lo si dà a chi serve. «Quante cose!», esclama. E così anche nel cuore guardare anche nel cuore. E confrontarci anche con le ferite che non vogliamo dire agli altri, che sono più nascoste, e illuminarle con la speranza. Anche quando ci sembra difficile. «Pensate a quanti giovani oggi, nelle nostre città», dice il Papa, «che non tollerano le ferite e cercano nel suicidio la via. Che non vedono uscita e non hanno speranza e preferiscono andare oltre con la droga. Poveretti, pensiamo a loro». Ma «la speranza di Dio germoglia così, nasce e rinasce nei buchi neri delle nostre attese deluse; ed essa, invece, non delude mai. Pensiamo proprio alla croce: dal più terribile strumento di tortura Dio ha ricavato il segno più grande dell'amore. Quel legno di morte, diventato albero di vita, ci ricorda che gli inizi di Dio cominciano spesso dalle nostre fini: così. Egli ama operare meraviglie».
Ed è «quella umiliazione la via della redenzione». Alle nostre ferite dobbiamo guardare con questa speranza. «Chi non è ferito dalla vita? Chi non porta le cicatrici di scelte passate, di incomprensioni, di dolori che restano dentro e si fatica a superare? Ma anche di torti subiti, di parole taglienti, di giudizi inclementi? Dio non nasconde ai nostri occhi le ferite che gli hanno trapassato il corpo e l'anima. Le mostra per farci vedere che a Pasqua si può aprire un passaggio nuovo: fare delle proprie ferite dei fori di luce. Come Gesù che in croce non recrimina, ma ama. Ama e perdona chi lo ferisce. Così converte il male in bene, così trasforma il dolore in amore».

E quindi il punto non è «essere feriti poco o tanto dalla vita, ma cosa fare di queste ferite. Posso lasciarle infettare nel rancore e nella tristezza oppure posso unirle a quelle di Gesù, perché anche le mie piaghe diventino luminose». Le nostre ferite «possono diventare fonti di speranza quando, anziché piangerci addosso, asciughiamo le lacrime altrui; quando, anziché covare risentimento per quanto ci è tolto, ci prendiamo cura di ciò che manca agli altri; quando, anziché rimuginare in noi stessi, ci chiniamo su chi soffre; quando, anziché essere assetati d'amore per noi, dissetiamo chi ha bisogno di noi. Perché soltanto se smettiamo di pensare a noi stessi, ci ritroviamo».

Infine il Papa, «in questa Santa settimana della passione di Cristo, commemorando la sua passione ingiusta» ricorda, in particolare, «tutte le vittime dei crimini di guerra» e invita a pregare per loro. «Eleviamo una supplica a Dio», dice il Pontefice, «affinché i cuori di tutti si convertano. E guardando Maria, la Madonna, davanti alla Croce», il pensiero di Francesco «va alle mamme, alle mamme dei soldati ucraini e russi che sono caduti nella guerra. Sono mamme di figli morti», sottolinea, «preghiamo per queste mamme».   

 
 
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