Dopo l’annullamento del viaggio a Dubai, in programma dal 1° al 3 dicembre per partecipare alla Cop28 sul clima, papa Francesco arriva nell’Aula Paolo VI per l’udienza generale del mercoledì, appuntamento confermato nonostante il problema ai polmoni che affligge il Pontefice da sabato scorso.
Come per l’Angelus di domenica, Bergoglio non legge la catechesi e ne affida il compito ad un suo collaboratore, monsignor Filippo Ciampanelli della Segreteria di Stato.
«Ancora non sto bene, con questa gripe», influenza in spagnolo, e «la voce non è bella», ha detto ai fedeli presenti con la voce un po’ affaticata. Al termine della catechesi e dopo i saluti in varie lingue ai pellegrini, Francesco, però, decide di prendere la parola e fare personalmente il suo appello per la pace: «Per favore, continuiamo a pregare per la grave situazione in Israele e in Palestina. Pace per favore, pace», ha detto nonostante abbia dovuto interrompersi per qualche colpo di tosse. «Auspico che prosegua la tregua in corso a Gaza, affinché siano rilasciati tutti gli ostaggi e sia ancora consentito l'accesso ai necessari aiuti umanitari. Ho sentito la parrocchia lì, manca l'acqua, manca il pane, la gente soffre. È la gente semplice, la gente del popolo che soffre, non soffrono quelli che fanno la guerra. Chiediamo la pace». Poi il pensiero per l’Ucraina: «Non dimentichiamo, parlando di pace, il caro popolo ucraino, che soffre tanto, ancora in guerra. La guerra sempre è una sconfitta. Tutti perdono. Tutti no: c'è un gruppo che guadagna tanto, i fabbricatori delle armi, questi guadagnano bene sopra la morte degli altri».
Nella catechesi, dedicata all’evangelizzazione e allo zelo apostolico, il Papa sottolinea che «ci troviamo nella prima civiltà della storia che globalmente prova a organizzare una società umana senza la presenza di Dio, concentrandosi in enormi città che restano orizzontali anche se hanno grattacieli vertiginosi». Francesco, nel testo, cita il racconto della città di Babele e della sua torre, in cui «si narra un progetto sociale che prevede di sacrificare ogni individualità all’efficienza della collettività: L’umanità parla una lingua sola – potremmo dire che ha un “pensiero unico” –, è come avvolta in una specie di incantesimo generale che assorbe l’unicità di ciascuno in una bolla di uniformità», spiega il Papa: «Allora Dio confonde le lingue, cioè ristabilisce le differenze, ricrea le condizioni perché possano svilupparsi delle unicità, rianima il molteplice dove l’ideologia vorrebbe imporre l’unico. Il Signore distoglie l’umanità anche dal suo delirio di onnipotenza: “facciamoci un nome”, dicono esaltati gli abitanti di Babele, che vogliono arrivare fino al cielo, mettersi al posto di Dio. Ma sono ambizioni pericolose, alienanti, distruttive, e il Signore, confondendo queste aspettative, protegge gli uomini, prevenendo un disastro annunciato. Sembra davvero attuale questo racconto. Anche oggi», avverte il Pontefice, «la coesione, anziché sulla fraternità e sulla pace, si fonda spesso sull’ambizione, sui nazionalismi, sull’omologazione, su strutture tecnico-economiche che inculcano la persuasione che Dio sia insignificante e inutile: non tanto perché si ricerca un di più di sapere, ma soprattutto per un di più di potere. È una tentazione che pervade le grandi sfide della cultura odierna».
Francesco ribadisce che «non dobbiamo aver paura del dialogo: anzi è proprio il confronto e la critica che ci aiuta a preservare la teologia dal trasformarsi in ideologia. Occorre stare nei crocevia dell’oggi», l’invito di Francesco: «Uscire da essi significherebbe impoverire il Vangelo e ridurre la Chiesa a una setta. Frequentarli, invece, aiuta noi cristiani a comprendere in modo rinnovato le ragioni della nostra speranza, per estrarre e condividere dal tesoro della fede cose nuove e cose antiche».
Per il Papa, «si può annunciare Gesù solo abitando la cultura del proprio tempo. Non serve contrapporre all’oggi visioni alternative provenienti dal passato. Nemmeno basta ribadire semplicemente delle convinzioni religiose acquisite che, per quanto vere, diventano astratte col passare del tempo. Una verità non diventa più credibile perché si alza la voce nel dirla, ma perché viene testimoniata con la vita», spiega Francesco, secondo il quale «lo zelo apostolico non è mai semplice ripetizione di uno stile acquisito, ma testimonianza che il Vangelo è vivo oggi qui per noi. Coscienti di questo, guardiamo dunque alla nostra epoca e alla nostra cultura come a un dono. Esse sono nostre ed evangelizzarle non significa giudicarle da lontano, nemmeno stare su un balcone a gridare il nome di Gesù, ma scendere per strada, andare nei luoghi dove si vive, frequentare gli spazi dove si soffre, si lavora, si studia e si riflette, abitare i crocevia in cui gli esseri umani condividono ciò che ha senso per la loro vita. Significa essere, come Chiesa, fermento di dialogo, di incontro, di unità. Del resto, le nostre stesse formulazioni di fede sono frutto di un dialogo e di un incontro tra culture, comunità e istanze differenti».
Per Bergoglio, «più che voler riconvertire il mondo d’oggi, ci serve convertire la pastorale perché incarni meglio il Vangelo nell’oggi. Facciamo nostro il desiderio di Gesù: aiutare i compagni di viaggio a non smarrire il desiderio di Dio, per aprire il cuore a Lui e trovare il solo che, oggi e sempre, dona pace e gioia all’uomo».
Al termine dell’udienza, prima dei saluti saluti ai fedeli di lingua italiana, il Papa ha assistito ad una esibizione di artisti circensi, in particolare acrobati, giocolieri e clown, che hanno eseguito i loro numeri sui gradini del palco, davanti alla postazione di Francesco, che li ha applauditi a più riprese, concedendosi poi per una foto di gruppo. Si tratta dei partecipanti al Festival dei talenti circensi italiani, che hanno ricevuto anche gli applausi dei fedeli presenti all’udienza.
«Sono lieto di accogliere i partecipanti al Festival dei talenti circensi italiani, che ringrazio e incoraggio, auspicando che venga sempre più riconosciuto il valore sociale e culturale della loro attività», le parole di omaggio del Papa, lette da monsignor Ciampanelli, della Segreteria di Stato. Poi il Papa ha preso la parola al termine dell’udienza, per un appello per la pace e per ringraziare gli artisti circensi. «Vorrei ringraziare per questo momento di gioia questi ragazze e ragazze del circo», ha detto Francesco a braccio: «Il circo ci spinge ad una dimensione dell’anima umana: la gioia gratuita, quella gioia semplice, fatta con la mistica del gioco. Ringrazio tanto questi ragazzi e ragazze che ci fanno ridere, ma che ci danno l’esempio di un allenamento molto forte, perché per arrivare a quello che arrivano loro c’è un allenamento molto forte».
Il "rammarico" del Papa per non poter andare a Dubai
Le condizioni di salute del Papa, pur in miglioramento, non gli hanno però consentito di andare a Dubai. La notizia è stata data martedì sera dal direttore della Sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni.
«Pur essendo migliorato il quadro clinico generale del Santo Padre relativamente allo stato influenzale e all'infiammazione delle vie respiratorie», i medici hanno chiesto «al Papa di non effettuare il viaggio previsto per i prossimi giorni a Dubai, in occasione della 28a Conferenza delle Parti per la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici», ha dichiarato Bruni.
Papa Francesco «ha accolto con grande rammarico la richiesta dei medici e il viaggio è dunque annullato». In qualche modo la presenza vaticana alla Cop28 di Dubai sarà comunque mantenuta. «Permanendo la volontà del Papa e della Santa Sede di essere parte delle discussioni in atto nei prossimi giorni, saranno definite appena possibile le modalità con cui questa si potrà concretizzare», ha aggiunto il portavoce vaticano.
Fino a martedì, infatti, il viaggio a Dubai (doveva essere il numero 45 del pontificato, il sesto di quest'anno) era confermato, malgrado lo stato influenzale di Francesco che gli ha causato l'infiammazione polmonare (la Tac al Gemelli Isola Tiberina nei giorni scorsi ha escluso la polmonite). Proprio martedì mattina Bruni aveva tenuto il consueto briefing con i giornalisti accreditati come avviene di solito a ridosso dei viaggi papali.
Ma evidentemente in serata ragioni prudenziali hanno determinato la decisione: pur in un quadro clinico complessivamente «migliorato» sottoporre Bergoglio, che fra tre settimane compirà 87 anni, alle fatiche di voli di andata e ritorno di quasi sette ore ciascuno, di un discorso alla Cop28 seguito da una trentina di incontri bilaterali con capi di Stato e di governo, poi anche dell'inaugurazione del “Padiglione delle fedi” domenica mattina prima del ritorno a Roma, è stato ritenuto dai medici altamente sconsigliabile.
Comprensibile il «rammarico» del Pontefice per la dolorosa rinuncia, ad appena tre giorni dalla partenza, a un viaggio che aveva fortemente voluto, dedicato a un tema che è tra quelli che gli stanno più a cuore come il degrado del pianeta, la crisi climatica e gli effetti devastanti sulle popolazioni umane: tema cui ha dedicato l'enciclica Laudato si’ nel 2015 e lo scorso 4 ottobre, proprio in vista della Cop28 di Dubai, l'esortazione apostolica Laudate Deum.