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giovedì 23 gennaio 2025
 
il papa
 

«L'adozione non è un ripiego, ma la più alta forma di amore e di essere padri e madri»

05/01/2022  Francesco all’udienza generale: «Oggi cani e gatti occupano il posto dei figli. Questo rinnegare la paternità e la maternità ci sminuisce, ci toglie umanità. Le istituzioni semplifichino l’iter per facilitare questo modo di donarsi e perché tanti orfani abbiano una famiglia»

Elogia gli sposi che decidono di adottare un figlio: «Questo tipo di scelta è tra le forme più alte di amore e di paternità e maternità». E lancia un appello alle istituzioni affinché «siano sempre pronte ad aiutare in questo senso, vigilando con serietà ma anche semplificando l’iter necessario perché possa realizzarsi il sogno di tanti piccoli che hanno bisogno di una famiglia, e di tanti sposi che desiderano donarsi nell’amore».

Dopo averne parlato nell'Angelus del 26 dicembre, alla prima udienza generale del nuovo anno il Papa torna sull'inverno demografico che ha investito l'Italia e l'europa: «Tante coppie», dice parlando a braccio, «non hanno figli perché non vogliono o ne hanno soltanto uno perché non ne vogliono altri, ma hanno due cani, due gatti… Eh sì, cani e gatti occupano il posto dei figli. Sì, fa ridere, capisco, ma è la realtà. E questo rinnegare la paternità e la maternità ci sminuisce, ci toglie umanità. E così la civiltà diviene più vecchia e senza umanità, perché si perde la ricchezza della paternità e della maternità. E soffre la Patria, che non ha figli e – come diceva uno un po’ umoristicamente – “e adesso chi pagherà le tasse per la mia pensione, che non ci sono figli? Chi si farà carico di me?”: rideva, ma è la verità. Io chiedo a San Giuseppe», ha continuato il Pontefice, «la grazia di svegliare le coscienze e pensare a questo: ad avere figli. La paternità e la maternità sono la pienezza della vita di una persona. Pensate a questo. È vero, c’è la paternità spirituale per chi si consacra a Dio e la maternità spirituale; ma chi vive nel mondo e si sposa, deve pensare ad avere figli, a dare la vita, perché saranno loro che gli chiuderanno gli occhi, che penseranno al suo futuro. E anche, se non potete avere figli, pensate all’adozione.

Papa Francesco continua il ciclo di catechesi dedicato a San Giuseppe soffermandosi, in particolare, sul suo ruolo di padre putativo di Gesù che rappresenta un esempio calzante e un modello esemplare per la scelta che compiono tante coppie quando non possono avere un figlio biologico o per dare una famiglia a chi non ce l’ha. Per il Papa sono persone «che si aprono ad accogliere la vita attraverso la via dell’adozione. Giuseppe», sottolinea, «ci mostra che questo tipo di legame non è secondario, non è un ripiego. Quanti bambini nel mondo aspettano che qualcuno si prenda cura di loro! E quanti coniugi desiderano essere padri e madri ma non riescono per motivi biologici; o, pur avendo già dei figli, vogliono condividere l’affetto familiare con chi ne è rimasto privo».

Per questo invita a percorrere questa strada senza paura ma con consapevolezza: «Non bisogna avere paura di scegliere la via dell’adozione, di assumere il “rischio” dell’accoglienza». Il Papa invita i fedeli presenti nell'Aula Paolo VI a pregare il Santo con questa intenzione precisa: «San Giuseppe, tu che hai amato Gesù con amore di padre, sii vicino a tanti bambini che non hanno famiglia e desiderano un papà e una mamma. Sostieni i coniugi che non riescono ad avere figli, aiutali a scoprire, attraverso questa sofferenza, un progetto più grande. Fa’ che a nessuno manchi una casa, un legame, una persona che si prenda cura di lui o di lei; e guarisci l’egoismo di chi si chiude alla vita, perché spalanchi il cuore all’amore. Amen».

Il Pontefice ricorda che sono gli evangelisti Matteo e Luca a presentare Giuseppe «come padre putativo di Gesù e non come padre biologico. Matteo lo precisa, evitando la formula “generò”, usata nella genealogia per tutti gli antenati di Gesù; ma lo definisce “sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù detto il Cristo” Mentre Luca lo afferma dicendo che era padre di Gesù “come si riteneva”».

L'udienza generale del Papa (Reuters)

Francesco rievoca il contesto storico di questo ruolo: «Per comprendere la paternità putativa o legale di Giuseppe», spiega, «occorre tener presente che anticamente in Oriente era molto frequente, più di quanto non sia ai nostri giorni, l’istituto dell’adozione». Il Papa cita il «caso comune presso Israele del “levirato” così formulato nel Deuteronomio: “Quando uno dei fratelli morirà senza lasciare figli, la moglie del defunto non si sposerà con uno di fuori, con un estraneo. Suo cognato si unirà a lei e se la prenderà in moglie, compiendo così verso di lei il dovere di cognato. Il primogenito che ella metterà al mondo, andrà sotto il nome del fratello morto, perché il nome di questi non si estingua in Israele”». In altre parole, continua Bergoglio, «il genitore di questo figlio è il cognato, ma il padre legale resta il defunto, che attribuisce al neonato tutti i diritti ereditari. Lo scopo di questa legge era duplice: assicurare la discendenza al defunto e la conservazione del patrimonio».

Per questo, continua, «come padre ufficiale di Gesù, Giuseppe esercita il diritto di imporre il nome al figlio, riconoscendolo giuridicamente. Anticamente il nome era il compendio dell’identità di una persona. Cambiare il nome significava cambiare sé stessi, come nel caso di Abramo, il cui nome Dio cambia in “Abraham”, che significa “padre di molti”, perché, dice il Libro della Genesi, sarà padre di una moltitudine di nazioni”. Così per Giacobbe, che viene chiamato “Israele”, che significa “colui che lotta con Dio”, perché ha lottato con Dio per obbligarlo a dargli la benedizione». Il Papa ricorda che secondo la Bibbia «dare il nome a qualcuno o a qualcosa significava affermare la propria autorità su ciò che veniva denominato, come fece Adamo quando conferì un nome a tutti gli animali. Giuseppe sa già che per il figlio di Maria c’è un nome preparato da Dio: “Gesù”, che significa “Il Signore salva”, come gli spiega l’Angelo: “Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Questo particolare aspetto della figura di Giuseppe ci permette oggi di fare una riflessione sulla paternità e sulla maternità», aggiunge Bergoglio. «Non basta mettere al mondo un figlio per dire di esserne anche padri o madri», avverte il Papa citando la Lettera apostolica Patris Corde scritta per proclamare l'Anno di San Giuseppe che si è concluso lo scorso 8 dicembre, «“Padri non si nasce, lo si diventa. E non lo si diventa solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui. Tutte le volte che qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro, in un certo senso esercita la paternità nei suoi confronti”».

E ricorda, elogiandoli, «tutti coloro che si aprono ad accogliere la vita attraverso la via dell’adozione. Giuseppe ci mostra che questo tipo di legame non è secondario, non è un ripiego».

Francesco insiste sulla genitorialità e sull’inverno demografico e nota che oggi è più diffusa la scelta di circondarsi di animali domestici che non quella di fare figli. Per il Papa «questo rinnegare la paternità e la maternità … ci toglie umanità. E così la civiltà diviene più vecchia e senza umanità, perché si perde la ricchezza della paternità e della maternità, che sono la pienezza della vita di una persona».

Il Papa riconosce che «è un rischio, sì: avere un figlio, sempre è un rischio, sia naturale sia d’adozione. Ma più rischioso è non averne. Più rischioso è negare la paternità, negare la maternità, sia la reale sia la spirituale» Francesco sottolinea inoltre che a un uomo e una donna che non sviluppano il senso della paternità e della maternità «manca qualcosa, qualcosa di principale, di importante».

Al termine dell’udienza, nel salutare i pellegrini polacchi, il Papa ricorda che domani si celebra l’Epifania del Signore che «ci ricorda che Dio “per noi e per la nostra salvezza discese dal cielo”. Ci fa capire che il Figlio di Dio è presente nell’anima di ognuno che sinceramente lo cerca. Camminiamo in quest’anno nuovo seguendo la luce di Cristo. La Sua presenza penetri nei vostri cuori, nelle vostre famiglie, negli ambienti di lavoro, nella vostra Patria».

Poi, dopo aver ammirato lo spettacolo dei circensi del Rony Roller Circus presenti in Aula Paolo VI, li ringrazia perché hanno realizzato, dice, «uno spettacolo che ci mette in contatto con la bellezza, e la bellezza ci tira su, sempre, la bellezza ci fa andare oltre. E la bellezza è una via per andare dal Signore. Grazie: grazie a voi per questo spettacolo». E ricorda: «per questa vostra attività: è curioso, dietro quanto hanno fatto, dietro a questa bellezza, ci sono ore e ore e ore di allenamento, di lavoro per fare uno spettacolo così».

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Il Papa all'udienza si "diverte" con gli artisti del circo
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